Papiri, al Pan la mostra di Alessandra D’Aniello
Alessandra D’Aniello apre un dialogo tra il rimando alla classicità e la contemporaneità dei propri lavori.
L’artista crea delle associazioni sorprendenti, sensuali e giocose tra i simboli della sua arte ed i reperti provenienti dall’unica biblioteca pervenutaci dall'antichita', quelli rinvenuti nella Villa dei Papiri ad Ercolano.
L'installazione si articola in una prima sala ove sono esposti una serie di Papiri arrotolati contenenti alcuni messaggi indecifrabili, perché criptati dall'artista, custoditi sotto teca ed una seconda sala ove sono sospesi i Papiri aperti, frammenti di ceramica di foggia arrotolata o curva, texturizzati mediante impressione di corde, rami, foglie, stoffe ed altri oggetti, essi recano incise alcune parole in greco, latino e napoletano.
Tra le due sale vi è un passaggio buio, una “macchina del tempo” dove, attraverso un video, i Papiri risuonano di una propria voce, come se trasportassero un messaggio proveniente da un possibile passato.
L'opera vuole essere un omaggio alla scrittura, al fascino che da essa ne deriva, alla fonte storica dalla quale trae ispirazione più in generale un canto d’amore per la propria Terra.
Attraverso I Papiri l’osservatore può ricomporre un personale e caleidoscopico discorso in cui le tessere si accostano per sonorità, significato e forma. Parole misteriose e arcane formano un discorso, spezzato, ridotto in frammenti e poi ricomposto come avviene nei Papiri sepolti ad Ercolano.
A completamento dell’opera vi è un grande mosaico di forma circolare denominato PAX con incise nelle tessere i motti latini. Nel mosaico vi è inserito un filo spinato di colore rosso che forma la parola PAX.
Il contrasto del significato della parola confligge con il filo spinato di cui è costituito, esso è tinto di rosso come il sangue ed allude alla condizione dei campi di detenzione in cui vengono trattenuti i migranti alla ricerca di un futuro migliore, forse illusorio, forse irraggiungibile.
I due temi, I Papiri ed il mosaico sono accomunati da un messaggio di speranza. Infatti solo la cultura ha il potere di accogliere l’ “altro”.
Può essere cioè l’unica via per la pace?