Al Sancarluccio in scena la pièce ‘Dialoghi col Vulcano'
Dal 12 al 22 gennaio al Teatro Sancarluccio di Napoli va in scena la pièce teatrale ispirata all’omonimo libro ‘Dialoghi col Vulcano. Storie di corsa e altri amori’ di Ersilia Saffiotti.
Lo spettacolo sarà presentato in conferenza stampa martedì 10 gennaio alle ore 11.
Un debutto atteso dopo il successo dell’omonimo libro di Ersilia Saffiotti, edito da Colonnese Editore (2021).
Così come nel testo, il racconto scenico ruota attorno alla protagonista interpretata da Gigliola De Feo che vive e scrive la sua storia a Napoli in continuo dialogo con la città e il Vesuvio, a cui presta la voce Francesco Paolantoni, alternando momenti di forte suggestione emotiva ad altri di grande leggerezza e ironia.
Lo spettacolo, impreziosito anche da un omaggio musicale del duo Ebbanesis si avvale della regia di Riccardo Citro che ne ha curato anche l’adattamento teatrale.
Regia di Riccardo Citro, con Gigliola De Feo
In scena: Gigliola De Feo (in foto), Maria Teresa Iannone e Riccardo Citro.
Costumi e scene di Luigi Spezzacatene.
Musiche di Daniele De Santo.
Lo spettacolo ‘Dialoghi col vulcano. Storie di corsa e altri amori’ svolge e riavvolge, in un flusso ininterrotto, pensieri, parole, riflessioni che pescano nella malinconia come nel sorriso, nella dimensione onirica ma pure nella realtà più asciutta e tagliente della protagonista. Un testo che è un vero e proprio
vocabolario del Sentire che colpisce dritto, dritto, in fondo al cuore di ognuno. Laddove non è sempre agevole addentrarsi, ma dove, una volta trovato il coraggio di farlo, si incontrano gli altri e se stessi in un equilibrio nuovo, sano, vivo che ci trova più veri e più forti.
L’autrice - e con lei, la protagonista - mette in fila, come in una collana di perle mai del tutto uguali eppure similissime, la storia di Mariam, “riconosciuta” in un continente difficile e lontano, e quella di Enza, ultima tra gli ultimi nella resistenza scomposta agli attacchi della vita; sgrana, come in un rosario, la vita quotidiana che irrompe attraverso gli occhi incrociati, per caso, mentre beve il suo caffè al bar, dopo una corsa - che non è mai solo vera ma anche metaforica; ci mostra, senza schermi, le sue proprie storie di donna alla ricerca di sè, il rapporto con la spiritualità e con il suo angelo custode, scugnizzo come lei; ci fa appassionare alla sua napoletanità fatta di carne eppure di levità profonda, con cui convivere e sentirsi sempre, nonostante e malgrado tutto, impastata.
Su ogni cosa e su ogni sentire, la voce del Vesuvio: come una radice, come un amico generoso che capisce anche quando non gli arrivano parole e spiegazioni, come un’idea che si coltiva segretamente per non sentirsi soli. Una messinscena che è un viaggio capace di restituire uno sguardo migliore e più largo sul tempo che attraversiamo, un respiro struggente ma insieme denso di fiducia nel domani, un orizzonte capace di superare le miserie che ci circondano, e gli strappi che infine ci tocca curare.
Se è vero che certi passaggi, certe sensazioni, certi giorni più o meno storti si possono raccontare solo come una storia d’amore, è esattamente questo che fa questo spettacolo. Sul palcoscenico, una donna parla di sè e con sè, ma in fondo non fa che raccontare chiunque, tra noi, viaggi alla ricerca di quell’equilibrio tra il ‘dentro’ e il ‘fuori’, sul confine sottile tra luce ed ombra, a metà tra domande senza risposta e risposte perdute. Che, a guardar bene, non sono poi così importanti, mai, davvero. [Gigliola de Feo]