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Economia

Rapporto Svimez: un milione di giovani via dal Sud in 16 anni

I cittadini del Sud, secono il rapporto, sono stretti tra la morsa di una pressione fiscale molto alta e carenze in termini di vivibilità dell’ambiente locale, di sicurezza e di adeguati servizi sanitari

Negli ultimi 16 anni sono 1 milione e 883 mila i residenti, che hanno lasciato il Sud Italia. Il 50% sono giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni, il 16% dei quali si è trasferito all’estero. 800mila non hanno fatto più ritorno.

Sono questi solo alcuni dei dati preoccupanti che emergono dal Rapporto Svimez 2018, presentato a Roma. I cittadini del Sud, secono il rapporto, sono stretti tra la morsa di una pressione fiscale molto alta (a causa delle addizionali locali) e carenze in termini di vivibilità dell’ambiente locale, di sicurezza e di adeguati servizi sanitari.

SANITA'

Il comparto sanitario presenta carenze, con dati al di sotto degli standard minimi nazionali nelle regioni sottoposte al Piano di rientro, come Molise, Puglia, Sicilia, Calabria e Campania. Risultano carenze in specifici campi di specializzazione oltre alla lunghezza dei tempi di attesa per i ricoveri. Le regioni italiane che mostrano i maggiori flussi di emigrazione sono Calabria, Campania e Sicilia. L’insorgere di patologie gravi costituisce una delle cause più importanti di impoverimento per le famiglie. Tale dato colpisce in particolare la Campania, la Calabria e la Sicilia.

LAVORO

Il numero di famiglie del Mezzogiorno con tutti i componenti in cerca di occupazione è passato tra il 2010 e il 2018, da 362 mila a 600 mila. Il numero di famiglie senza nessun occupato è cresciuto anche nel 2017 del 2% all'anno. Cresce al Sud anche il fenomeno dei working poors (i lavori a bassa retribuzione).

DISAGIO SOCIOECONOMICO

“Nel Mezzogiorno il disagio socioeconomico è indice di una occupazione precaria, conseguenza di politiche territoriali inefficaci. Il fenomeno ‘working poor’ fa da padrone: quelli occupati risultano comunque poveri e hanno difficoltà ad arrivare a fine mese.” - Lo ha dichiarato in una nota Paolo Capone, Segretario Generale UGL in merito al rapporto Svimezin cui emerge che in 16 anni 1 milione e 883mila giovani hanno abbondato il Sud Italia. Nel 2017 la crescita dei posti di lavoro è stata determinata quasi esclusivamente da contratti a tempo determinato con un +61mila, mentre restano stabili quelli a tempo indeterminato con un irrilevante +0,2%.  - “Colpa del Jobs Act, per cui finiti gli sgravi fiscali, come era prevedibile, gli imprenditori non hanno rinnovato alcun contratto. Inoltre, dal 2010 al 2018 il numero di famiglie dove tutti cercano un lavoro è raddoppiato sensibilmente.”  - Rincara il sindacalista - “Segno evidente di una cancrena sociale ormai avanzata. I nostri giovani del Sud sono i più colpiti: studiano, si istruiscono, eppure sono costretti a scappare dalle loro terre, dove non c’è il futuro che si meritano.  Pur tenendo conto delle diverse esigenze territoriali con il fine di colmare il gap tra nord e sud, c’è da fare una valutazione più ampia che riguarda i servizi socioassistenziali. Le periferie sono abbandonate a sé stesse, presentano una carenza di servizi, spesso sotto lo standard minimo nazionale. Per non parlare dei trasporti che rendono difficile ogni tipo di spostamento, arrecando danni ai cittadini e al turismo che impatta sull’economia locale.”

Conclude Capone: “È vero che i privati investono, ma se mancano i finanziamenti pubblici, è difficile colmare tutte le lacune che questi territori presentano. Mi auguro che nell’agenda di Governo rientri al più presto la questione meridionale, affinché s’intervenga con politiche economiche mirate. L’Italia funziona bene solo se si guarda alla sua interezza ed è per questo che lo sviluppo del Meridione deve passare da norme omogenee a livello nazionale.

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