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Pietro 'o pazzo: lo chef che ha rinunciato alle cucine d'Europa per tornare in Campania

Il 30enne Pietro Parisi lavorava per Alain Ducasse, poi la svolta: ha aperto un ristorante tutto suo a Palma Campania. "Nessun rimpianto, sto facendo la cosa giusta. Questa non è solo la terra dei fuochi"

'O vesuviano pazzo. È così che i media stanno chiamando Pietro Parisi, cuoco 30enne che dalla corte del superchef Alain Ducasse ha deciso di fare ritorno a casa, a Palma Campania. Grandi soddisfazioni, alberghi a cinque stelle, poi la svolta, la scelta di aprire un ristorante nella terra che gli ha dato i natali.

Si chiama “Era ora”, forse a sottolineare la sua voglia di fare proprio qui, proprio dov'è più difficile. È un ristorante in cui possono mangiare tutti, si può spendere poco o tanto a seconda delle proprie possibilità. Non c'è un menù ma un inventario dei prodotti, con foto e storia non solo degli ingredienti, ma anche di chi li ha forniti.

“Guardate alla ricchezza di questi luoghi, ai saperi contadini e artigiani, a chi ogni giorno si tira su le maniche per portare avanti un'azienda, a quelli che campano onestamente con uno stipendio o una pensione da fame. Sono la maggioranze – spiega Parisi – è per queste persone che sono tornato".

Da San Gennaro Vesuviano, famiglia contadina, alla Svizzera. Qui a 12 anni già lontano dalla scuola a fare il garzone di un bar, lì a 14 anni in una cucina. Poi Parigi, tra i fornelli di Ducasse e i suoi 20 ristoranti. “Ducasse mi diceva: per cucinare bene bisogna rispondere a tre domande, che cosa ho, cosa so e cosa faccio. Parole che non dimenticherò", spiega Pietro, che però non ha mai perso di vista la cucina tradizionale, quella “di sua nonna”.

In molti naturalmente hanno criticato la sua scelta, anche il suo maestro. Ma altrettanti adesso sono dalla sua parte: la sua famiglia che lavora con lui al ristorante, i contadini della zona che sono diventati fornitori, le 50 persone a cui ha dato lavoro. E con loro i detenuti di Secondigliano che coltivano per Pietro tre ettari di terra, e quelle del carcere di Pozzuoli dalle quali acquista il caffè che producono. "Nessun rimpianto - spiega al Fatto Quotidiano - sto facendo la cosa giusta. Questa non è solo la terra dei fuochi, ma è terra di alvoro e di generosità. Ce la possiamo fare".

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