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Occupazione, in Campania torna a crescere dopo cinque anni

Dopo 20 trimestri torna il segno "più" al dato dell'occupazione in Campania. Ma Bankitalia avverte: con questa media ci vorrebbero 31 anni per raggiungere il resto del Paese

Lavoro, spiragli in Campania: in regione sono stati registrati, negli ultimi quattro trimestri, dati positivi dopo venti trimestri consecutivi di segno meno. È il rapporto della Banca d'Italia sull'economia della Regione a sottolinearlo.
Secondo l'Istat nella media del 2012 il numero di occupati in Campania è aumentato di circa 20mila unità (+1,3%), interrompendo una tendenza che aveva fatto perdere 162mila posti di lavoro dal 2007. La crescita - evidenzia la Banca d'Italia - è incoraggiante ma lenta, visto che - spiega Giovanni Iuzzolino, della divisione analisi e ricerca della sede di Napoli della Banca d'Italia - "al ritmo attuale ci vorrebbero 31 anni per raggiungere la media nazionale".

Il dato positivo arriva dal 35% delle imprese della regione, ma questo indica che solo un terzo delle aziende campane è in salute e cresce. "Il settore che produce più disoccupati - dice Iuzzolino - è quello dell'edilizia e dei settori ad essa connessa visto che la domanda interna va male e continuerà ad andare male". "Il rischio di rottura della coesione sociale - ha spiegato Giuseppe Boccuzzi, direttore della sede di Napoli della Banca d'Italia - c'è a livello nazionale e quindi ancora di più da noi, anche se è un rischio attenuato dai segnali del 2013 sul rallentamento della recessione. E' chiaro che pesa la condizione estremamente fragile dell'economia della Regione: qualunque altro elemento che portasse ad un altro anno di crisi profonda - ha aggiunto - avvicinerebbe molto questa rottura".

La perdita di posti di lavoro sta portando anche ad un aumento dell'emigrazione giovanile che non è solo di qualità, come avviene per la “fuga di cervelli”, ma anche per lavori più umili su cui, ricorda Boccuzzi, "all'estero c'è molta più concorrenza rispetto a quanto avveniva negli anni '50 e '60".

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