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Economia

Crisi Covid, Schettino: "Gli imprenditori hanno bisogno di fatturare. Serve anno bianco senza tasse"

L'intervista al presidente Federfranchising Confesercenti Campania

La crisi dovuta alle misure restrittive anti Covid sta mettendo in ginocchio il tessuto economico campano. Sono tante le attività napoletane in grande difficoltà in questa fase ricca di incertezze.

NapoliToday ha intervistato Enrico Schettino, presidente Federfranchising Confesercenti Campania e proprietario del marchio Giappo SushiBar.

- Le restrizioni Covid che danni economici stanno procurando alle attività commerciali napoletane?
"Un dato su tutti: a causa del virus nel 2020, stando a dati Prometeia ed Istat, ogni residente della nostra regione avrebbe perso 1.433 euro (-8,8% il valore aggiunto procapite rispetto al 2019). I napoletani quelli che ci avrebbero rimesso di più: 1.516 euro. Il Sud vedrà scivolare l’economia allo stesso livello del 1989». In termini di ricchezza, dunque, «retrocederà di ben 31 anni. Su base regionale, invece, Campania, Molise e Calabria torneranno allo stesso livello di prodotto interno lordo reale conseguito nel 1988 (32 anni fa), mentre la Sicilia arretrerà nientemeno a quello del 1986 (34 anni orsono). Ma i dati emersi in questa elaborazione, che risale ad ottobre,  sono sicuramente sottostimati e non tengono conto degli effetti negativi che deriveranno dagli ultimi Dpcm. La previsione della caduta del Pil nazionale dovrebbe sfiorare il 10%, quasi un punto in più rispetto alle previsioni comunicate dal Governo attraverso la Nadef ossia la Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza. E le imprese napoletane, chiaramente, non possono sorridere. Ventimila aziende chiuse  e 35 miliardi di euro di fatturato, dei quali 16 miliardi nell'area metropolitana di Napoli, bruciato negli ultimi 12 mesi è un dato che fa spavento, ed è quello raccolto dal Centro studi di Confesercenti secondo cui le imprese in Italia attive sono oltre cinque milioni (5.149.000), delle quali il 30% sono del Sud Italia (1.712.000) e 495mila della Campania. Dopo un anno di lockdown e di crisi legata alla pandemia le imprese in default, perché hanno contratto debiti insanabili con banche, erario e che quindi stanno per fallire, sono 165mila. Di esse 20mila sono della Campania". Le attività commerciali campane hanno subito un danno maggiore rispetto a quelle di tutto il resto d'Italia. Basti pensare al solo fatto che, mentre in quasi tutte le regioni era consentito il delivery, la Campania ha vietato ogni tipo di attività. Un danno diretto per tutto il settore Horeca, che ha segnato ristoranti e bar, ma che, indirettamente, ha inficiato i fatturato di tutta la filiera, dai fornitori ai consulenti, dalle società di packaging alle società di comunicazione. Con l'apertura al delivery si è riscontrato un incremento di fatturato che ha consentito a tante aziende di poter sopravvivere e dare lavoro. Ad aggiungersi ci sono state le decisioni di aperture a singhiozzo, ulteriori rispetto alle scelte governative, che hanno inciso sulla programmaticità operativa, comportando ulteriori perdite. Oggi ci troviamo ad affrontare una nuova zona rossa, valutata su parametri che, nuovamente, creano disequilibri con altre regioni italiane. Eppure i ristori non hanno fatto distinzioni per colori e per regioni".

-Ci commenta la chiusura del Gran Bar Riviera?
"Quella del Gran Bar Riviera è la storia, purtroppo, di tanti bar della città, che essendo meno famosi non hanno e non faranno notizia. Nessun professionista serio esprimerebbe mai un giudizio sul fallimento di un’azienda senza aver prima visto le carte, ma da imprenditore oltre che da avvocato mi sento di dire che un fallimento non arriva dall’oggi al domani ma è, spesso, l’ultimo episodio di una spirale negativa. E’ chiaro infatti che il Covid ha drammaticamente accentuato le problematiche di chi non era già attrezzato aziendalmente e mentalmente ad un cambio repentino di gestione dell’attività, al delivery e al commercio elettronico. Del resto, aziende di questo tipo affrontano spese di gestione ingenti, dal fitto alla spazzatura che incredibilmente siamo stati costretti a pagare pur avendo le nostre attività chiuse. Aggiungiamo i costi di produzione di merci deperibili, che sei costretto quindi a buttare se non vendi ma che non puoi non avere in esposizione, e la difficoltà di chi ha sempre realizzato buona parte del fatturato con la vendita al tavolino, resa impossibile dal lockdown. A tutti i Gran Bar Riviera d’Italia e non solo di Napoli, grandi e piccoli che siano, lo Stato ed i giornali avrebbero dovuto forse prestare attenzione un po’ prima e non solo adesso, con aiuti eoconomici seri e veloci ed un accesso semplificato a meccanismi di ristrutturazione aziendale d’emergenza che invece sappiamo tutti essere sempre più chiusi già in tempi normali. Fare impresa è già difficile di per se, in tempi di pandemia diventa un atto eroico e non tutti sono disposti a tanto".

-Quali sono le altre importanti attività commerciali costrette a chiudere in questi ultimi mesi?
"Le tipologie di imprese che perdono di più nel 2020 in Campania sono quelle legate a fiere e convegni (85-90% in meno in 12 mesi), seguite da cinema e teatri (80%), da alberghi e strutture ricettive extra alberghiere (tra il 60 e il 70%), agenzie di viaggio e tour operator (forbice 58-63%), informazione e comunicazione (60%), ristorazione (50-60%), eventi e filiera del wedding (50-60%), autonoleggio (50-55%) e moda (48-55%). Al dramma delle aziende si aggiunge quello dei lavoratori: secondo lo studio di Confesercenti in Campania ci sono 2,6 milioni di persone che non lavorano, non hanno reddito e che non lo stanno cercando, tra cui 380mila disoccupati che hanno perso lavoro e che sono alla ricerca di un impiego".

- Cosa chiedete al Governo o alla Regione?
"Una direttiva univoca e lungimirante, ma che tenga conto anche delle disuguaglianze imposte alle singole regioni. 
Benvenga la linea che sembra si stia per portare avanti di fare una valutazione sul fatturato annuo, o ancor meglio dei bilanci dell'ultimo triennio di un'attività, al fine di valutare sostegni adeguati e proporzionati sul calo di fatturato subito in tutto il 2020. Giusta anche la valutazioni di superare le limitazioni dettate dai codici Ateco.
In considerazione vanno prese anche le aziende con fatturati superiori ai 5 milioni di euro annui. 
Mai come oggi vanno sostenute le aziende per coprire le perdite subite, ma anche per dare nuova linfa vitale ed imprendere in questo 2021, evitando un blocco totale dell'economia.
Il gruppo Giappo, di cui sono amministratore, ha subito ingenti perdite in attività estremamente danneggiate perchè presenti negli aeroporti o legate al mondo del cinema e dello spettacolo. Nello stesso tempo abbiamo valutato un cambio di rotta imprenditoriale, concentrandoci sui centri città e sul delivery. Un lavoro che ha comportato un enorme sforzo organizzativo, che sta portando in questi giorni all'apertura di nuovi punti di ristorazione in tutta Italia: dal Piemonte alla Sicilia, dalla Basilicata alla Campania. Un rischio imprenditoriale amplificato dalla situazione in corso, che va sostenuta dal governo con ulteriori incentivi". 

-Quali sono le misure che potrebbero far risollevare le attività commerciali?
"Il presidente di confesercenti Campania Vincenzo Schiavo, che ringrazio sempre per il suo costante impegno, ha detto quanto segue, che condivido: gli imprenditori hanno bisogno di incassare, di fatturare per potersi rimettere in pista, per sostenere la forza lavoro e per tentare di recuperare il debito che hanno con le banche e con l'erario. Per farlo c'è bisogno di un anno bianco, senza tasse, indispensabile per rimettere in moto l'economia, specialmente al Sud. Bisogna fare presto". 

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