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La scoperta

Scoperto a Napoli un testo inedito di Leopardi: aveva solo 16 anni quando lo scrisse

Tornato alla luce un suggestivo autografo, con ogni probabilità del 1814, in cui studia la figura di Flavio Claudio Giuliano

Il Fondo Leopardiano conservato alla Biblioteca Nazionale di Napoli non smette di offrire nuove importanti sorprese: è tornato alla luce un suggestivo autografo del giovane Giacomo Leopardi, con ogni probabilità del 1814, in cui studia la figura di Flavio Claudio Giuliano, l'ultimo sovrano latino dichiaratamente pagano, soprannominato Giuliano l'Apostata. Il manoscritto, passato finora inosservato ed inedito, è stato identificato dagli studiosi Marcello Andria e Paola Zito che ne hanno curato la pubblicazione per i tipi della casa editrice Le Monnier Università. Si tratta di un 'quadernetto' formato da quattro mezzi fogli, ripiegati nel mezzo in modo da ottenere otto facciate, recanti una lunga e fitta lista alfabetica di autori antichi e tardo antichi (circa 160 i lemmi), ciascuno dei quali seguito da una serie di riferimenti numerici. (oltre 550 nel complesso).

È uno scritto di Leopardi appena sedicenne, assiduo frequentatore della biblioteca paterna del conte Monaldo nel palazzo di famiglia a Recanati, che realizza un accurato e capillare spoglio dell'opera omnia di Giuliano imperatore, ricorrendo all'autorevole edizione di Ezechiel Spanheim, apparsa a Lipsia nel 1696. Giacomo, che soltanto l'anno prima ha cominciato a studiare il greco da autodidatta, perlustra assiduamente i migliori esemplari della biblioteca paterna, l'autografo ci mostra come benché giovanissimo Leopardi è già uno studioso provveduto e curioso ed abbia già un accurato metodo di lavoro, che rappresenterà la caratteristica costante del percorso leopardiano.

Gli anni in cui il giovane Leopardi si accosta alla lettura di Giuliano rappresentano una tappa significativa nel percorso di rivalutazione della figura dell'Apostata, per lungo tempo offuscata dalla condanna pressoché unanime degli storici della fino alla metà del XVI secolo e riscoperta nel Settecento ad opera soprattutto degli illuministi (Montesquieu, Diderot, Voltaire) ma accolta in Italia, fra attestazioni di stima e dichiarata ostilità. Richiami all'opera dell'imperatore filosofo neoplatonico ricorreranno anche in seguito nell'opera leopardiana: in particolare nelle Operette morali (nei Detti memorabili di Filippo Ottonieri) e nello Zibaldone, in alcune esercitazioni di carattere filologico.

Il volume "Leopardi e Giuliano imperatore. Un appunto inedito dalle carte napoletane" si presenta a Napoli alla Biblioteca Nazionale - Sala Rari - domani (martedì 3 maggio), alle ore 16, con interventi di Maria Iannotti, Giulio Sodano, Francesco Piro, Rosa Giulio. L'inedito conferma l'importanza della raccolta leopardiana napoletana che si presenta sempre più completa, mettendo a disposizione degli studiosi un panorama integrale dell'opera di Giacomo Leopardi. Il volume approfondisce il senso del binomio di Giacomo Leopardi e l'Apostata, in una prospettiva interdisciplinare attraverso i saggi di Marcello Andria, Daniela Borrelli, Maria Luisa Chirico, Maria Carmen De Vita, Stefano Trovato, Paola Zito che conducono le loro riflessioni sul piano storico -filosofico dal IV secolo d.C. all'Illuminismo e oltre, nonché sul piano filologico indagando nelle pieghe di un tessuto lessicale e concettuale denso e significativo.

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