Gomorra, Salvatore Esposito sul ritorno di Genny e Ciro: "Vi aspettate spettacolo, ci sarà molto di più"
L’attore napoletano è stato applaudito al festival di Venezia per la sua prova in "Spaccapietre", film già uscito nelle sale. Nel frattempo si prepara a tornare sul set di Gomorra per una quinta stagione che annuncia sorprendente. La nostra intervista
Salvatore Esposito è cordiale e gasato per essere a Venezia con Spaccapietre, unico film italiano in concorso alle Giornate degli Autori e che venerdì 11 settembre sarà anche visto dal pubblico napoletano al cinema Modernissimo in presenza di Esposito insieme ai registi del film, i gemelli Gianluca e Massimiliano De Serio che saluteranno gli spettatori.
L’attore napoletano è felice e fiero dei commenti positivi che sta riscuotendo Spaccapietre, un film tosto ambientato nella Puglia rurale e che, tra ispirazioni a fatti di cronaca legati alle morti bianche e vicende biografiche dove i De Serio hanno attinto dalla loro famiglia, racconta la storia di resilienza di Giuseppe e del suo bambino Antò, rimasti soli da quando Angela, madre e moglie adorata, è morta per un malore mentre era al lavoro nei campi. Senza lavoro a causa di un incidente avuto dove ha perso l’occhio e senza più una casa, è costretto a chiedere lavoro e asilo in una tendopoli insieme ad altri braccianti stagionali, la maggior parte immigrati. Nonostante le difficoltà, Giuseppe ha ancora la forza di stringere a sé Antò, la sera, di giocare con lui di proteggerlo, per dargli un futuro diverso, migliore.
Spaccapietre un esperimento interessante dove Esposito mostra il suo essere poliedrico, lavorando su un ruolo totalmente diverso da quelli interpretati fino adesso. Lui non si risparmia in un film che non fa sconti che piace tanto a chi ama Ken Loach o i primi film di Ermanno Olmi, dando una bella risposta a coloro che lo vedono solo come Genny Savastano, personaggio che Salvatore ama alla follia e che non vede l’ora di tornare a interpretare nella quinta stagione di Gomorra che tra pochi giorni batterà il primo ciak a Napoli.
Tra Spaccapietre che è uscito in sala in questa settimana e l’inizio delle riprese di Gomorra, c’è una bella avventura internazionale per lui, la sua partecipazione in Fargo 4, la serie antologica ispirata dal celebre film dei fratelli Coen.
Salvatore, sei contento di come sta andando al Festival di Venezia che, simbolicamente, apre e va avanti sicuramente in una modalità diversa da dopo il lockdown?
“Sono contentissimo! Certo, non è stato facile all’inizio non mi sembrava neanche Venezia e nessuno di noi si sarebbe aspettato di viverla così. E’ il primo grande festival che apre in modalità Covid dando un grosso segnale a tutti per riprendere in mano i progetti cinematografici. Le persone hanno voglia di cinema e questo festival lo sta dimostrando, sostenendo molto il cinema italiano e l’arte in generale. Spero che le istituzioni se ne rendano conto, capendo anche quanto, negli anni hanno tolto alla cultura e alla sanità. Per il resto, ‘addà passà ‘a nuttata’”.
Un Film non facile che racconta una realtà lavorativa che può sembrare lontana ma purtroppo è estremamente contemporanea ma è anche dietro l’angolo. Tutto visto attraverso la disperazione di Antò e di suo padre Giuseppe, che sono quasi profeti in patria finendo per essere degli archetipi.
“Sì! La sceneggiatura mi ha colpito per il linguaggio pieno di simbolismi. Lo stesso lavoro di Giuseppe è primordiale. Abbiamo fatto un gran lavoro per restare aderenti alla realtà, anche se però la realtà è molto peggio. Infatti il film prende spunto da un fatto di cronaca di qualche estate fa, la morte sul lavoro della bracciante pugliese Paola Clemente. Abbiamo costruito una favola nera perché Giuseppe ha l’obiettivo di mantenere una promessa fatta al figlio, cercando anche di salvarlo dalle brutture di un’esistenza che potrebbe schiacciarlo. È un racconto ricco di tante cose in cui affrontiamo molti temi: l’amore tra padre e figlio, la morte e gli incidenti sul lavoro, l’immigrazione. Nel mezzo c’è il rapporto forte retto anche dal dolore. Loro sono respinti da un contesto e un mondo che è loro ostile, che li vessa considerandoli degli ultimi. Giuseppe è un padre che vuole anche dare una visione positiva e umana al figlio per incoraggiarlo, perché Antò è la sua speranza”.
Un film anche sulla tenerezza tra padre e figlio, cosa che hai costruito con il piccolo protagonista anche al di fuori del set.
“Abbiamo creato un bellissimo rapporto. Quando sono arrivato alla battuta finale dei provini per scegliere Antò, io non ho avuto dubbi quando ho visto Samuele. E’ un ragazzo molto intelligente, un gran lavoratore. Molto maturo. Dava la carica a tutti sul set perché è energico. La sua presenza ha spinto anche a trovare sempre cose nuove nel film. Importante per la storia di impegno civile che raccontiamo nel film.”
Un film che ha richiesto una grande caratterizzazione nella fisicità. Come ci sei entrato? I fratelli De Serio hanno detto che ha dato un’ulteriore scolta nel creare il personaggio.
“E’ stata una grande sfida interpretare Giuseppe eroe moderno. Volevo raccontare un uomo che portasse il peso della sua storia. Lui rappresenta quella umanità che è costretto a subire violenza e prepotenza. A suo modo è rivoluzionario, perché Giuseppe deve riuscire a portare libertà a un popolo, cercando di scardinare la violenza e il male che subiscono in un ambiente ostile. Nella vita ci sono tanti eroi moderni, vittime del sistema perché, ritornando a parlare di istituzioni, fino a un certo punto sono tutelati. Anche fisicamente ho creato un archetipo che aiutasse a rendere quella dura sofferenza. Quando si interpreta un personaggio così, questo peso lo senti dentro e il corpo lo registra. Ti faccio notare una cosa che capita a chiunque: se tu guardi una cosa che ti diverte anche se non ridi il tuo corpo inizia a sorridere, iniziando dallo sguardo. Tutti i muscoli partecipano perché è uno slancio emotivo. Quando vivi un dolore e una gioia, il corpo lo mostra e lo percepisce prima che tu te ne accorga. Così è quando prepari un personaggio che ha una carica emotiva così pesante come Giuseppe…”
Con l’apertura dei cinema, oltre Tenet e il film della Pixar, stanno uscendo e usciranno film d’autore che sono antenne del reale. Un film duro come questo come pensi che sarà accolto dal pubblico che è tornato al cinema vedendo anche le reazioni veneziane che sono comunque positive?
“Io credo che il compito di ognuno di noi sia sostenere il cinema italiano anche se alcuni progetti possono sembrare più tosti. Mi rendo conto che i film drammatici a volte possono essere più difficili da digerire e si può anche capire che le persone vogliono distrarsi, ma bisogna prestare attenzione al cinema d’autore senza avere questa remora. Molti film aiutano a far riflettere, svelando anche ciò che non si conosce. E’ un tipo di cinema che anche i ragazzi potrebbero trovare interessante, stimolandoli. I ragazzi recepiscono e colgono davvero sfumature sottilissime, infatti io sono dell’idea che nelle scuole debba essere inserito l’ora di cinema, perché è necessario che loro vedano alcuni film”.
Questa Settimana importante per te. Oltre all’uscita di Spaccapietre, sarà lanciata negli Stati Uniti la quarta stagione di Fargo. Gaetano Fadda sarà un altro personaggio ben caratterizzato, sicuramente sarà grottesco parlando di Fargo, che si muoverà nella Kansas City anni ‘50. Quale la sensazione per questa occasione che ti apre le porte del cinema e della serialità americana?
“E’ una settimana bella impegnativa! E’ un’emozione grandissima confrontarsi con registi e produttori di quel calibro. E’ stato divertente lavorare su un personaggio come Gaetano in una ricostruzione d’epoca. Tutto curato nei minimi dettagli. Nei miei sogni più fiduciosi non avrei mai pensato di trovarmi coinvolto in una produzione immensa di questo tipo, per di più, nel giro di pochissimi anni. Mi ha fatto crescere tanto, ho imparato tante cose nuove. A luglio sono ritornato negli USA per ultimare le ultime scene, sospese per via della pandemia. Mentre ero in America per Fargo, ho notato quanto il nostro essere italiani sia importante e apprezzato del mondo. Molti poi citavano Gomorra. Ed ero orgoglioso di vedere quanto una serie italiana drammaturgicamente complessa come Gomorra sia amata anche all’estero. Non vedo l’ora che Fargo arrivi anche in Italia.”
A proposito di emozioni, in questi giorni ritornate sul set di Gomorra. Si può dire che Genny è andato prendersi Ciro. Quindi, entreranno a braccetto nel vivo della quinta attesa stagione. Una bella responsabilità per le aspettative che ruotano attorno questa stagione che sarà ancora più emblematica. Come ci si sente alla vigilia?
“(Ride) E’ verissimo! Quello che ci aspetta sarà clamoroso anche per il rientro nella serie del personaggio di Ciro (ndR Marco D’Amore che dirigerà anche 5 episodi della stagione) come chi ha visto L’immortale sa bene. L'immortale è stato un progetto innovativo che si allaccia già alla drammaturgia complessa di Gomorra dove eccelle la qualità cinematografica Hai ragione, questa è una stagione emblematica dove tutti si aspettano cose spettacolari ma quello che vedrete sarà sicuramente molto ma molto di più di più. Il lockdown ha fatto slittare l’inizio delle riprese, che dovrebbero iniziare tra qualche settimana a Napoli, ovviamente, Covid permettendo. Stamm’ sotto ‘o cielo! Anche per questo motivo siamo tutti emozionati di ricominciare. Gomorra è diventata tra le serie più popolari anche a livello internazionale. Chissà stavolta dove ci porterà il lungo e fortunato viaggio di Gomorra…”.