rotate-mobile
Cultura

Quando i napoletani cacciarono i nazisti: le razzie, le Quattro Giornate, la fame e la mancanza del gas per tutto l’inverno

Il coraggio, la cacciata dei tedeschi, le gravi privazioni che dovette subire il popolo partenopeo: lo sguardo su Napoli a cavallo tra la fine del 1943 e l’inizio del 1944 attraverso documenti dell’epoca

Il 30 settembre è un giorno impresso per sempre nella storia della città di Napoli. Nel 1943, infatti, questa data segnò l'inizio della ritirata delle truppe naziste dalla città partenopea a conclusione delle leggendarie Quattro Giornate, in cui il popolo napoletano, per primo tra quelli delle grandi metropoli europee, si ribellò ai tedeschi, cacciandoli, prima dell'ingresso dei carri armati alleati nella mattinata del 1° ottobre. 

I venti di ribellione in città cominciarono a spirare dal 12 settembre, in occasione del proclama del colonello germanico Scholl. I saccheggi, i rastrellamenti e l'esasperazione del popolo, condussero in pochi giorni alla storica insurrezione, che ebbe inizio il 27 settembre, dopo l'ennesima retata dei tedeschi, con la prima scintilla della rivolta che ebbe luogo al Vomero, in quella che oggi viene conosciuta come via Belvedere. Ad aprire i combattimenti furono circa 500 napoletani, ai quali si aggiunsero con il passare delle ore un numero sempre maggiore di cittadini e cittadine. Il resto è consegnato alla storia, fino ad arrivare alla serata del 30 settembre che coincise con l'inizio dello sgombero della città da parte delle truppe naziste.

I tedeschi in ritirata, però, lasciarono dietro di loro saccheggi, stragi ed incendi, il più clamoroso quello dell'Archivio di Stato di Napoli. Il popolo affrontò con grande coraggio altri mesi a dir poco difficili dopo la liberazione della città, già devastata nei mesi precedenti dai bombardamenti. Ad offrire uno spaccato di quella che fu la situazione sul territorio partenopeo a cavallo tra la fine del 1943 e l'inizio del 1944 è un interessante ed importante documento dell'epoca visionato da NapoliToday: il resoconto della seduta della Consulta Nazionale a commissioni riunite datato 7 marzo 1946 nel corso della quale vennero discussi ed approvati gli schemi di provvedimenti legislativi per l'autorizzazione della spesa straordinaria di 4 miliardi e mezzo per la riparazione dei danni causati dalla guerra e dall'eruzione del Vesuvio nel marzo 1944 nella città di Napoli e di 1,5 miliardi per la riparazione dei danni causati da azioni belliche al Porto di Napoli.

consulta-resoconto-marzo-1946-2

La mancanza di pane e del gas per l'intero inverno

"Volgendo uno sguardo alla situazione generale - si legge nel resoconto della Consulta Nazionale - si ricorda le razzie di ogni cosa compiute dai tedeschi nel settembre del 1943, il sabotaggio e il saccheggio che le seguirono e le gravi privazioni che dovette subire la città dopo la cacciata del nemico. Il pane mancò per circa un mese, poi gradatamente fu razionato e raggiunse i 200 grammi al giorno soltanto dopo un anno circa. La pasta ed altri generi da minestra solo dopo 4 mesi si cominciarono a riavere in misura limitatissima. La pesca era vietata e il poco pesce catturato di frodo serviva ai ricchi o agli ufficiali alleati. Il popolo visse delle scarsissime riserve di frutta e di ortaggi. Conseguentemente i prezzi salirono in modo vertiginoso e per farvi fronte furono svendute le cose più necessarie e più care. 

La situazione fu aggravata dalla mancanza di mezzi di trasporto, del gas – che non fu erogato per l’intero inverno – del carbone vegetale, che non riusciva ad arrivare dalle campagne, così che in molti rioni si improvvisò la vendita di legname di ogni genere recuperato dalle macerie".

La disoccupazione dilagante

Nel resoconto si fa cenno anche alla situazione occupazionale a Napoli in quegli anni: "Quanto alla disoccupazione si fa presente che, dall’ottobre del 1943 – in cui era quasi generale – si è venuta attenuando sia per una debolissima ripresa industriale e commerciale, sia per l’impegno di una numerosa mano d’opera da parte degli Alleati. La cifra dei disoccupati nel biennio 1944-45 oscillava tra i 50 e i 70mila ed ora calcola che ve ne siano 30mila. Concludendo si rileva che, allo stato dei fatti, si deve ritenere che nella provincia di Napoli, tra reduci e non reduci, occorre dar lavoro a circa 60mila disoccupati, oltre a quelli che mano a mano vengono licenziati dagli Alleati".

Il Porto "sequela di rovine e macerie"

Il Porto di Napoli, uno dei più importanti al mondo in quell'epoca, fu letteralmente devastato dalla guerra, tanto che furono stanziati 1.5 miliardi per la sua ricostruzione: “I violenti bombardamenti aerei ed il sistematico sabotaggio distruttore dei tedeschi in ritirata, avevano ridotto, il 4 ottobre 1943, il porto di Napoli in una sequela di rovine e macerie, con gli specchi d’acqua ingombri di centinaia di navi e natanti di ogni specie affondati, i fondali ricoperti di materiali, le opere foranee, le banchine, i ponti sporgenti e tutti gli impianti e gli edifici che costituiscono l’attrezzatura di un porto moderno, danneggiati o distrutti", si legge ancora nel resoconto della Consulta. 

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Quando i napoletani cacciarono i nazisti: le razzie, le Quattro Giornate, la fame e la mancanza del gas per tutto l’inverno

NapoliToday è in caricamento