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Perchè "Punta Campanella" si chiama così: lo spiega una leggenda

Si narra che su questo prolungamento della penisola sorrentina, un tempo sorgeva la Torre di Minerva, sulla quale esisteva una campana che veniva fatta suonare in caso di attacchi di pirati

Punta Campanella, o Punta della Campanella, è il prolungamento estremo della penisola sorrentina. Situata nella parte nord del Golfo di Salerno, è considerata uno dei luoghi più suggestivi della Campania. Da qui, infatti, è possibile ammirare paesaggi mozzafiato come la Baia di Jeranto, la Costiera Amalfitana, il Vesuvio e l’intero Golfo di Napoli. Ai tempi dei greci, questo luogo veniva chiamato promontorio Ateneo ed era sede di un tempio edificato in onore della dea Atena, la cui fondazione mitica viene attribuita a Ulisse. I romani, successivamente, praticarono sullo stesso luogo il culto della dea Minerva. Oggi sul promontorio si erge la Torre di Minerva, fatta costruire da Roberto d'Angiò nel 1335, e rifatta nel 1566. Anticamente, la torre aveva una funzione di allarme in caso di attacchi di pirati e faceva parte di una serie di torri di avvistamento costruite lungo tutta la penisola sorrentina.

Ma da dove deriva il nome "Punta Campanella"? A spiegarlo è una leggenda che ha due versioni. Secondo la prima, sulla Torre di Minerva esisteva una campana che veniva fatta suonare in caso di attacchi dei pirati. L’altra versione, più conosciuta e affascinante, narra, invece, di una delle scorribande dei Saraceni nella Penisola Sorrentina. La città, in quel periodo era affidata, per la difesa, a una antica e nobile famiglia, quella dei Correale, che aveva l’incarico di custodirne, coi suoi armati, le quattro porte. Ma, per disgrazia, una di queste quattro porte venne affidata ad un servo infedele, di nome Ferdinando. Si dice che costui aprì la porta al nemico, e i Saraceni irruppero con le scimitarre sguainate. La città fu saccheggiata, i cittadini furono uccisi, le chiese e le case depredate e poi date alle fiamme. Raccolto un enorme bottino sulla spiaggia, i pirati pensarono di portar via anche la campana della chiesa di Sant’Antonino Abate, protettore di Sorrento. Si dice che era una campana bellissima, talmente melodiosa, che quando suonava, pareva ne godessero anche le onde del mare. I Saraceni calarono giù dal campanile della chiesa la campana e la misero sulla tartana, col proposito di portarsela ad Algeri. Issarono le vele e partirono alla volta di casa, ma all’altezza della Punta ora della Campanella furono costretti a fermarsi. Sembrava che la nave avesse urtato contro un banco di sabbia. I tentativi dei Saraceni per far avanzare la nave furono inutili. Sembrava che una mano di ferro la tenesse inchiodata sul fondo. Preoccupati, i Saraceni pensarono di alleggerirla gettando in mare molti degli oggetti che avevano rubato a Sorrento. Ma ancora una volta i loro sforzi furono vani. Solo quando si liberarono della campana di bronzo di Sant’Antonino riuscirono a doppiare la punta e tornare a casa. La leggenda vuole che, non appena la campana fu gettata in mare, si levò un improvviso e fortissimo vento che consentì al vascello pirata di raggiungere in pochi attimi le altre fuste. C’è, inoltre, chi sostiene che ogni 14 febbraio, festa del santo protettore di Sorrento, si sente la campana suonare sott’acqua.

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