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Martedì, 23 Aprile 2024
Cultura

Pulcinella tra mito ed ermafroditismo: la storia della maschera napoletana

Secondo alcuni il suo nome farebbe riferimento all'ermafroditismo del personaggio: la parte superiore (il naso, il cappello a punta, il corno) è maschile, mentre la parte inferiore (il ventre gravido, le natiche enormi, i seni prominenti) è femminile

E’ la maschera di Napoli, la più popolare e antica. Per un piatto di maccheroni sarebbe disposta a tutto, anche a mentire, imbrogliare e prendere a bastonate. E’ sfrontata, chiacchierona e con la sua ironia si prende gioco dei potenti e dei politici. Già conosciuta ai tempi dei Romani e sparita con il Cristianesimo, la maschera di Pulcinella è risorta nel 1500 con la Commedia dell’Arte. Tradizionalmente indossa un’ampia casacca bianca stretta in vita da una cintura nera su dei pantaloni bianchi altrettanto abbondanti e scarpe nere. In testa porta un cappello bianco di stoffa e sul volto una mezza maschera nera con naso lungo e pronunciato che lascia scoperta la bocca. Esportato all’estero e rappresentato ovunque nel mondo, Pulcinella incarna da sempre l’universo del popolo partenopeo che da millenni esorcizza le sue angosce esistenziali inventando simboli, riti e personaggi. La maschera come oggi la conosciamo è nata a Napoli, precisamente ad Acerra, nella seconda metà del 1500 dalla fantasia dell’attore Silvio Fiorillo, ma, in realtà, ha origini molto più antiche. C’è chi torna indietro nel tempo fino al IV secolo a.c. e lo fa discendere da un personaggio delle Atellane romane (spettacolo popolare nell’Antica Roma) di nome Maccus, un servo dal naso lungo e dalla faccia bitorzoluta con guance grosse, con ventre prominente, che indossava una camicia larga e bianca.

Nella Commedia dell’Arte Pulcinella prende vita grazie a Silvio Fiorillo che si ispirò a Puccio d’Aniello (in napoletano "Pulecenella"), un contadino di Acerra reso famoso da un presunto ritratto di Ludovico Carracci del quale si conosce un'incisione di Carlo Enrico di San Martino: il ritratto ha la faccia scurita dal sole di campagna ed il naso lungo. Nelle tante storie della Commedia dell’Arte Pulcinella si trova a dover affrontare mille problemi, ma lo fa sempre con il sorriso e con quell’aria ironica che lo caratterizzano, divenendo, ben presto, il protagonista indiscusso del teatro napoletano. A partire dal XVIII secolo oltrepassa i confini nazionali ed arriva in terre lontane diventando il personaggio più celebre del mondo. Lontano da Napoli cambia nome e perde talvolta qualche tratto distintivo del suo carattere. A Parigi si chiama Polichinelle, a Londra Punch, a Istanbul Karagoz, in Spagna don Cristobal, in Germania Kaspar e a Mosca Petruska. Pulcinella è un servo scaltro ma dalla indole svogliata, e, per vivere, si adatta a fare un pò di tutto, dal ladro al fornaio, dall’oste al contadino, girando per i vicoli della sua città alla ricerca di espedienti per sopravvivere o di occasioni per prendersi gioco dei ricchi. Non è capace di star fermo o di mantenere un segreto, parla anche a sproposito con la sua voce stridula e, spesso, in modo volgare. Da qui è derivata l’espressione “il segreto di Pulcinella” che indica un segreto che non è più tale, si riferisce ad una caratteristica di questa maschera: non riesce mai a tacere e a tenere un segreto a lungo.

Pulcinella non è una semplice maschera, ma incarna l’anima stessa di Napoli e del suo popolo, con tutte le sue contraddizioni ma con una grande voglia di riscossa nonostante le avversità. Ma come può un personaggio dall’aspetto funereo (la maschera nera dal naso adunco, l’incarnato cadaverico, il corpo deforme e la casacca bianca come un lenzuolo, sono caratteristiche decisamente inquietanti) rappresentare il popolo napoletano, noto nel mondo per la sua solarità e gioiosità? Ritorniamo alle sue origini. Secondo alcuni il suo nome deriverebbe da “piccolo pulcino” perchè, proprio come un pulcino, Pulcinella, ha un naso adunco e nasce da un uovo di gallina, animale sacro a Persefone, sposa di Ade e regina degli Inferi. La maschera napoletana quindi incarna la morte e le miserie umane, ma allo stesso tempo le scongiura grazie al suo cappello a forma di corno dell’abbondanza e ai suoi odi farseschi. I ruoli che questa maschera ricopre nella commedia dell’arte sono molti e simboleggiano tanto i difetti quanto le qualità del popolo napoletano. Pulcinella è al contempo comico e tragico, ingenuo e scaltro, affidabile e arrogante, ricco e povero: incarna tutti i tratti del napoletano autentico. La sua ambivalenza rispecchia perfettamente la cultura partenopea dominata dalla contraddizione. Secondo altri autori il suo nome farebbe riferimento, invece, all'ermafroditismo del personaggio: Pulcinella sarebbe il diminutivo femminilizzato di "pollo-pulcino", animale tipicamente non riproduttivo, del quale imita la voce. L'ermafroditismo della maschera si evince subito dal suo aspetto fisico: la parte superiore (il naso, il cappello a punta, il corno) è maschile, mentre la parte inferiore (il ventre gravido, le natiche enormi, i seni prominenti) è femminile. In tale accezione Pulcinella si riconferma come una figura a metà tra uomo-donna, città-campagna, demone-santo, un dualismo che, sotto molti aspetti, rappresenta l'anima pagano-cristiana della cultura popolare napoletana. A confermare questa tesi ci sarebbe anche l’iconografia che lo rappresenta come un "ermafrodito autofecondante": il vecchio Pulcinella muore al termine del Carnevale subito dopo aver partorito il nuovo Pulcinella dalla gobba o dal deretano. La maschera napoletana con il ventre gravido rappresenta, l'allegoria della maternità ma anche della fame. Pulcinella è, infatti, eternamente affamato. Improvvisamente lo si vede afferrare con le mani lunghi maccheroni fumanti che poi infila nella sua bocca spalancata: è quello che facevano i poveri di un tempo, quando per strada si vendevano piatti di pasta fumante con sopra il formaggio grattugiato.

Sono molti gli attori più o meno recenti che hanno vestito i panni di questa antica maschera dalle origini napoletane: dal grande Eduardo De Filippo a Nino Taranto, da Massimo Ranieri a Massimo Troisi. Il personaggio di Pulcinella si è diffuso anche nel teatro dei burattini divenendone, in poco tempo, l'emblema. Il Pulcinella delle Guarattelle (termine cinquecentesco che indica l'arte dei burattini napoletani) non è più servo e servitore, ma un anti-eroe ribelle e irriverente alle prese con gli imprevisti del quotidiano: è un protagonista assoluto che affronta e sconfigge tutti i suoi avversari.

Chiunque voglia conoscere meglio questo personaggio può visitare il Museo del Folklore e della Civiltà Contadina allestito in un castello di Acerra risalente al IX secolo: una parte del museo è dedicata alla storica maschera napoletana. 

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