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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cultura

Calcio e omosessualità al Teatro Sannazaro con Pochos

Diretto da Benedetto Sicca lo spettacolo ispirato alla squadra di calcetto napoletana composta da giocatori gay che attraverso lo sport lottano per i diritti civili. Presente alla prima il Ministro Spadafora

Calcio e omosessualità, due concetti che se uniti potrebbero far storcere il naso. Un argomento delicato che nel 2020 ancora si fa fatica ad affrontare, dimostrando come sia una forte barriera presente nello sport e nella società italiana. Anche per questo nel 2012 un giovane napoletano omosessuale lancia un post su una chat di appuntamenti gay con l’invito a giocare una partita di calcetto. Arrivano le prime adesioni e nel giro di qualche settimana diventa una consuetudine, tanto che i ragazzi decidono di costituirsi in una vera e propria squadra che si battezza col nome ‘Pochos’, scugnizzi in spagnolo, in onore del nomignolo del calciatore Lavezzi. Oggi la storia di questa squadra di calcetto amatoriale che attraverso le partite di calcio lotta contro il pregiudizio diventa uno spettacolo scritto e diretto da Benedetto Sicca chiamato, appunto, Pochos che da venerdì fino a domenica 19 gennaio sarà al Teatro Sannazaro.

Nato nell’ambito del Cantiere Sartoria del Teatro Sannazaro, diretto da Francesco Saponaro, spazio di sperimentazione delle scritture sceniche, Pochos mette in discussione lo stereotipo etero sessista che vede il calcio come lo sport maschile per antonomasia. Il binomio stridente tra calcio e omosessualità diventa momento di riflessione su un tabù da superare su cui Sicca ragiona raccontando le vite di questi giocatori interpretati da 5 attori che non si risparmiano di interagire con il pubblico in sala confrontandosi direttamente con loro.
Dopo aver debuttato a novembre a Milano all’interno della rassegna Lecite Visioni, Pochos inizia il suo cammino teatrale la prima di venerdì dove parteciperà il Ministro per le politiche giovanili e lo sport Vincenzo Spadafora.

D: Benedetto, quando è nata l'urgenza di portare in scena la storia vera dei ragazzi di Pochos?
R: Conosco i Pochos sin dalla loro nascita. Il loro fondatore, Giorgio Sorrentino, è un mio caro amico da tanti anni e quindi, pur non avendo io mai giocato con loro, sono stato al loro fianco sin dalla prima partitella e in tutte le fasi successive. Per me è stato molto naturale iniziare a ragionare su una ricerca che partisse da quella storia. Non so dire esattamente il perché, ma probabilmente gli spettatori lo capiranno, vedendo lo spettacolo.
D: In quale momento parte lo spettacolo?
Lo spettacolo non segue una linea cronologica, ma ci sbatte addosso la vita di questi ragazzi prendendola in un qualsiasi giorno di allenamento della squadra, mentre durante il riscaldamento o nello spogliatoio si chiacchiera di cose della vita, dei propri punti di vista sulle cose. Piano piano, attraverso un racconto non lineare e con una continua interazione con il pubblico, arriviamo al giorno in cui ciascuno di loro ha affrontato il coming out con le proprie famiglie.  
D: I ragazzi di Pochos nel 2012 hanno provato a sradicare uno stereotipo ma di fatto il rapporto calcio e omosessualità resta un argomento scottante del quale non si parla. Perché nel 2020 è ancora così?
Questa è una domanda a cui penso che sia molto difficile dare una risposta univoca. Ritengo che abbia a che fare con tutte le forme di razzismo e classismo in cui siamo immersi. Penso che abbia a che fare con i "legami di branco" da cui siamo tutti tentati per sentirci meno soli, senza comprendere che l'accoglienza e la condivisione potrebbero sciogliere le nostre tensioni e tante delle nostre sofferenze, oltre che quelle di chi ci sta accanto. Penso che tutto questo sia sostenuto da forme di propaganda che ci vogliono divisi e l'uno contro l'altro, che ci vogliono più soli e quindi più manipolabili. Ecco, questo spettacolo parla di qualcosa che forse non si può ancora cambiare, ma di cui - nondimeno e ancora di più - è necessario parlare.
D: Di fatto nella serie A resta un tabù…
C'è un bellissimo film, svizzero, che si intitola "Mario" che racconta come in Serie A le relazioni omosessuali siano esistenti e note all'interno dell'ambiente e che vengono tenute nascoste per delle semplici logiche di business.
D: La vera squadra di Pochos ha già visto lo spettacolo?
lo spettacolo è praticamente al debutto, ma lo scorso anno abbiamo presentato uno studio (che è una forma incompleta dello spettacolo, senza scene, luci e costumi). I Pochos hanno partecipato allo spettacolo ed è stata una grande grande emozione.
D: Ci sarebbe la possibilità di portarlo anche nelle scuole?
Tutti quelli che hanno visto lo studio e lo spettacolo a Milano hanno detto che questo spettacolo andrebbe visto nelle scuole. In effetti penso che possa supportare tanti adolescenti nel farli sentire meno soli e nel dargli il coraggio di essere, semplicemente, quello che sono. Inoltre nello spettacolo si ride moltissimo e l'ironia è la chiave di lettura di tutto e, quindi, il lavoro è molto accessibile a tutti.
D: Durante lo spettacolo c'è stato un confronto diretto anche con il pubblico.
Sì! Questo spettacolo si basa su un continuo livello di interazione tra attori e spettatori, a cui vengono poste domande che prevedono delle risposte. e che, presto o tardi, infatti, arrivano e commuovono.

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