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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cultura

Il figlio di Pino Daniele: "Mio nonno era malato d'azzardo, ma papà non lo ha mai abbandonato"

"Anche quando si è ammalato ha voluto fargli sentire il calore di una famiglia intorno. Diceva che lui l’odio lo aveva conosciuto davvero e non voleva averlo intorno a sé, in nessuna forma"

Alessandro, 43 anni, è il figlio di Pino Daniele. In una intervista rilasciata al Corriere della Sera ha ricordato l'illustre papà scomparso 8 anni fa.

"Il suo più grande problema è stato essere Pino Daniele. Viveva la popolarità in maniera conflittuale. Era legato ai suoi fan, ma qualche volta l’aggressività di quelli che contestavano la sua evoluzione artistica lo feriva. C’erano quelli che avrebbero voluto “congelarlo” ai tempi di Nero a metà. E glielo dicevano con durezza, a volte quasi minacciandolo. Ma la grandezza di papà è stata soprattutto quella di essersi evoluto, di non aver mai rinunciato a sperimentare", spiega Alessandro che ha di recente scritto per RaiLibri una biografia sul padre.

"Nonno giocava d'azzardo"

"Papà è nato nei quartieri popolari di Napoli, ha avuto una famiglia con numerosi problemi, è stato allevato da due vicine di casa benestanti, ha rischiato di restare per sempre sulla strada. Parlava napoletano, da ragazzo faceva fatica ad esprimersi in un italiano corretto. E dunque, sì, si è sentito escluso nel momento in cui ha deciso di fare musica. Nonno Gennaro era malato di azzardo. Sperperava soldi, trattava male sua moglie e anche i suoi figli. Eppure papà non lo ha mai abbandonato e anche quando si è ammalato ha voluto fargli sentire il calore di una famiglia intorno. Diceva che lui l’odio lo aveva conosciuto davvero e non voleva averlo intorno a sé, in nessuna forma", prosegue.

Cecità

"Una cosa che lo ha profondamente segnato, la cecità, ma che è stata anche una linfa vitale per la sua musica. Ci vedeva pochissimo, aveva delle cicatrici sul fondo oculare che gli tagliavano la visuale. Nel 1974, proprio per questo problema alla vista, venne esonerato dal servizio di leva che all’epoca era obbligatorio. Si spiega così il suo caratteristico sguardo leggermente di traverso. Vedeva male, ma non si è arreso, anzi, questo disturbo ha affinato il suo senso musicale, perché ha imparato a esprimersi attraverso le note e le parole", conclude.

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