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Martedì, 16 Aprile 2024
Cultura

La prima metro, il rione Venezia e i castelli neo-gotici: Napoli si mobilità per Lamont Young

Al via il crowdfunding per raccogliere fondi per realizzare un documentario sul visionario architetto. L'intervista di NapoliToday a Francesco Carignani

Il fascino di Lamont Young, a 91 anni dalla sua scomparsa, resta intatto anche ai giorni nostri. L'architetto, noto per aver progettato e costruito il Parco Grifeo con il Castello Aselmeyer,  la sede dell'Istituto Grenoble in via Crispi e alcuni edifici del Parco Margherita e delle zone limitrofe, oltre a Villa Ebe sul monte Echia (mai completata), era soprattutto un visionario. Tra le sue proposte più innovative, rimaste sulla carta, la prima metropolitana e quella che avebbe probabilmente cambiato per sempre Napoli: la realizzazione del "rione Venezia", che sarebbe dovuto sorgere tra Santa Lucia e l'area flegrea, con canali, giardini, palazzi residenziali a bassa densità abitativa e uno spettacolare canale in galleria.

NapoliToday ha intervistato Francesco Carignani, da sempre affascinato dalla figura dell'architetto e creatore di una pagina Facebook a lui dedicata. Il consigliere della Prima Municipalità ed esperto di politiche culturali, ha lanciato un crowdfunding per la realizzazione di un documentario che ripercorrerà la vita e le opere di Lamont Young, con l'obiettivo di farlo conoscere anche alle giovani generazioni.

-Cosa vi ha spinto a lanciare un crowdfunding per girare un documentario sulla storia Lamont Young e come si può partecipare?
 "E’ possibile sostenere il documentario sulla piattaforma produzionidalbasso.com. Il nostro obiettivo è di far conoscere questo autore, purtroppo poco conosciuto ed anche di contribuire ad una riflessione su Bagnoli, raccontando il suo progetto di inizio '800, incentrato sul verde e sul turismo, che a distanza di anni sembra ancora la migliore idea possibile. Un progetto fatto per attirare turisti, ma anche per dare un luogo di intrattenimento ai napoletani, con un importante polo culturale quale doveva essere il Palazzo di Cristallo che Young aveva in mente. Uno spazio per mostre internazionali, conferenze e concerti. Young parla apertamente di un “uso sociale” per quei napoletani non in grado di viaggiare e che in questo modo avrebbero potuto scoprire la cultura di altri paesi. La più nobile concezione di turismo, così come dovrebbe essere: un motore di sviluppo, non solo economico, ma anche culturale".

- Cosa ha rappresentato Lamont Young per Napoli?
"Personalmente credo che venga percepito come un genio incompreso, qualcosa di anomalo nel panorama artistico cittadino. L’idea di realizzare dei castelli neo-gotici, come quelli di Parco Grifeo, di Corso Vittorio Emanuele e di Pizzofalcone, oppure ancora di progettare un immenso albergo neo-indiano, credo siano idee che hanno stupito i suoi contemporanei. Ne sono certo, anche perché continuano a stupire ancora oggi i tanti napoletani che ammirano le sue opere, per non parlare dei turisti! Un visionario e precursore. Immagino poi la faccia della Commissione Comunale quando a fine '800 l'architetto presenta un futuristico progetto di metropolitana per Napoli, anticipando le future problematicità legate al traffico".

- Sono tanti i suoi progetti avveniristici che avrebbero potuto cambiare il paesaggio urbanistico. Penso ad esempio al rione Venezia...
"Inquadriamo il momento. Sono gli anni tra le grandi colmate di via Caracciolo e l'inizio di un processo di urbanizzazione senza freni al Vomero. Il Progetto di Lamont Young era incentrato ad un limitato sviluppo residenziale, privilegiando i giardini, parchi ed attrattori culturali. Il Rione Venezia in particolare avrebbe ospitato villini e palazzine neogotiche: un piccolo arcipelago di isolette separate da canali, all'altezza di Palazzo Donn'Anna. Oggi, giustamente, ci sembra folle. Ma doveva sembrarlo di meno all'epoca, dopo la creazione di via Caracciolo e dintorni".

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- Qual è stato il suo più grande rimpianto?
"Credo che la sua vita si accompagni a due grandi rimpianti. Il primo, legato al progetto di metropolitana, Rione Venezia e Bagnoli. Quando dopo anni di modifiche, il Comune di Napoli finalmente approva il suo progetto, Young non riesce a trovare per tempo i finanziatori stranieri per l’opera. La questione non è chiarissima, ma avendo chiesto due proroghe, la seconda negata, è plausibile credere che veramente credesse di stare per trovare i fondi necessari. Forse con qualche giorno a disposizione in più, oggi Napoli sarebbe completamente diversa ed invece di interrogarci sul futuro dell’ex Italsider, ci troveremmo a contemplare uno dei parchi più belli del mondo. Il secondo rimpianto è sulla carriera imprenditoriale. Grande genio dell’architettura, Young ha purtroppo scarso successo come imprenditore. Benché intuisca con grande lungimiranza le potenzialità del turismo, è costretto a vendere per mancanza di fondi il grande albergo che si stava costruendo, diventato poi il Bertolini. Anche il progetto che riguarda un altro grande albergo, sulla scarpata di Monte Echia, naufraga senza successo per mancanza di licenze edilizie. Un altro grande rimpianto forse lo avrebbe oggi, guardando Villa Ebe e la sua villa girevole di Vivara, entrambe abbandonate. Villa Ebe versa in questo stato dall’incendio del 2000. Sembrerebbe che qualcosa si stia iniziando a smuoversi. Personalmente credo sia opportuno interrogarsi su cosa possa diventare: sognerei un museo tecnologico sull’evoluzione urbanistica della città, magari affidato alla Federico II, con una parte importante dedicata all’architetto inglese".

- La morte di Lamont Young resta avvolta nel mistero...
"La sua morte è un tassello molto misterioso della sua storia. Lamont Young muore suicida nel suo castello di Pizzofalcone, Villa Ebe. Una vita con alcuni fallimenti, ma anche di successi e soddisfazioni. Non abbiamo elementi per dare un giudizio netto sulle sue motivazioni. Il documentario racconterà gli ultimi anni e gli spettatori potranno farsi una propria idea. Personalmente rispetto il suo silenzio e non mi stupisce la sua scelta di non lasciare nulla di scritto, coerente con la famosa riservatezza inglese".

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