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Gabriele e Daniele Russo: “Il nostro Don Juan punk e narcisista per raccontare la società contemporanea”|Video

Fino al 15 gennaio al Teatro Bellini i fratelli Russo portano Don Juan in Soho, ispirato al Don Giovanni di Molière. Divertente, onirico, colorato è un ritratto di un antieroe spregiudicato specchio dei nostri tempi

Don Juan in Soho è divertente ed è bello da vedere per il ritmo e anche i colori presenti in questo allestimento diretto da Gabriele Russo che per tutte le feste fino al 15 gennaio è al Teatro Bellini. È uno spettacolo tipicamente anglosassone e si avverte in tutte le sue suggestioni dove c'è la forza della penna drammaturgica di Patrick Marber autore britannico candidato all’Oscar.

Nel 2006 Marber si è ispirato al Dom Juan ou Le Festin di Molière per poi rimaneggiarlo nel 2016, sua caratteristica tipica quella di innestare con grande disinvoltura il linguaggio comico-cabarettistico in strutture e personaggi mutuati da testi più o meno classici. È il caso di Don Giovanni a Soho, in cui il britannico rispettando la struttura del Don Giovanni di Molière, o per meglio dire, ritagliandone il calco, lo trasferisce nella realtà della Londra di oggi e di un preciso e assai noto quartiere del West End: Soho, la zona a luci rosse.

A interpretare Don Juan è Daniele Russo, ruolo cesellato su di lui. Il suo DJ incarna molti degli archetipi del maschio contemporaneo medio, un fascinoso antieroe, una figura moralmente deprecabile e ambigua, finisce però col risultare straordinariamente unico nella sua potente radicalità, nel suo essere estremo e punk.

Uno spettacolo brillante specchio dei nostri tempi

A stimolare i fratelli Gabriele e Daniele Russo a portare in scena Don Juan In Soho è stata la scelta di proporre uno spettacolo brillante ma che fosse aderente al percorso delle programmazioni innovative e delle idee fatte dal Teatro Bellini e dalla sua squadra. 

"C'era la necessità di scegliere un testo e in quel periodo diciamo anche per contrastare il momento così difficile dal punto di vista psicologico in cui tutti versavamo a causa del Covid, pensavamo e condividevamo anche con Daniele l'idea che fosse necessario trovare una commedia che fosse nelle nostre corde, in linea con ciò che da un po' di anni seguiamo. Io ho sempre amato molto Molière, infatti tanti anni fa ho fatto Il misantropo. Pensavo al don Giovanni e ne ho parlato con Daniele, il quale aveva letto questa versione del Don Giovanni riadattato nella Londra contemporanea, nel quartiere di Soho. Me l’ha fatto leggere e subito piaciuto perché mi pareva rispondere proprio a quello che noi a cui volevamo fare, che stavamo cercando, perché eh partendo dalla base di un classico e quindi da una struttura molto solida potevamo raccontarlo eh anche un'estetica più vicina a noi e tematiche che riportate ai tempi nostri possano risuonare meglio nel presente” racconta il regista Gabriele Russo “E’ molto divertente, soprattutto, la prima parte dello spettacolo che fa da apripista al viaggio onirico che comincia diciamo nella seconda parte che sembra essere girone un po' dantesco che Don Juan affronta fino alla fine".

Si è lavorato su un livello di fruizione che non abbia il timore di essere pienamente popolare. Di parlare al presente, senza filtri, facendo emergere domande e ostentati stili di vita che fanno parte del nostro presente.

Edonismo, narcisismo, necessità di godere a ogni costo, desiderio di consumare tutto e subito, fame di vita sono elementi che rendono Don Giovanni è un emblema di ciò che è inaccettabile, c’è però una radicalità nuova nel suo personaggio: quella di non recitare un ruolo ma di esserlo.

Ritmo e coralità

Portare in scena questo testo, dopo sedici mesi di chiusura, non può non essere condizionata dal vissuto dell’ultimo anno e mezzo e dalle riflessioni sulla funzione del teatro che ne sono conseguite. Ecco che il Don Juan in Soho ha un ritmo incalzante, una velocità in cui la noia è bandita perché tutto è costruito come se fossero sequenze cinematografiche ben montate, merito della solida drammaturgia e della regia di Gabriele Russo. Tutto è cadenzato a ritmo di canzoni e tormentoni come Bbone$ del rapper Edamame che accompagna l’arrivo sul palco di DJ presentandolo al pubblico nel suo essere narciso, ipertrofico, consumista, manipolatore.

Accanto a Daniele Russo un cast corale di bravi attori che delineano archetipi di uomini e donne che in qualche modo salgono con DJ sulla giostra della vita tradotta scenicamente con Roberto Crea in un grande rettangolo girevole, vivendo da osservatore apparentemente passivo un’altalena di emozioni forti.

Sono tutti personaggi caratterizzati dove non si indugia sul loro lato psicanalitico, un caleidoscopio di tipi umani, le escort, l’arrivista, la radical chic a strutturare un contesto visivo che non rinunci alle derive estetiche dettate dalla moda e da ciò che può sembrarci volgare ma non è altro che mainstream.

“E’ anche il viaggio di DJ nell’universo femminile, il suo mondo oggetto. Un universo descritto con altrettanta crudezza da Molière e ancora da Marber in cui la sola iconica Elvira, che io vedo come una Carola Rakete dei nostri giorni e descritta da Marber come un’attivista impegnata nella difesa di un ecosistema sostenibile, ne esce, dopo la devastante esperienza con DJ, come una donna più consapevole e pronta, una donna nuova” spiega Gabriele Russo.

Così, si procede ad andare avanti nella storia con ritmo perché come puntualizza l’attore Daniele Russo: “Di base, quello che conta sempre che sia cinema, teatro o televisione è la drammaturgia, che poi è la struttura portante perché i personaggi devono essere tridimensionali rispetto a certe scritture. Quando si vedono le grandi serie che devono molto al teatro oppure i grandi film americani e inglesi che molto spesso vengono da commedia teatrali, ti rendi conto che c'è questo tipo di approccio perché il teatro penetra in maniera potente e preponderante nel mezzo.”

Il percorso del Teatro Bellini

Don Juan in Soho è uno spettacolo apparentemente semplice che deve anche molto al lavoro fatto in questi anni dai fratelli Russo non solo in scena ma anche come produttori e direttori artistici del Teatro Bellini abituando il pubblico a sorprendere. 

"Si fa frutto di alcune esperienze e si impara. Certo, c'è una linea di continuità, anche se tutti gli spettacoli che abbiamo fatto in questi anni sono molto diversi tra loro. Però, c'è sempre stata una grossa complessità nelle cose che io faccio, ma che è nascosta, perché se diventa la protagonista qualcosa non va" sostiene Gabriele Russo evidenziando anche la complessità nell' allestire questo testo “Don Juan in Soho è apparentemente semplice. In realtà, è complessissimo! Per esempio, la pedana girevole che c’è per tutti gli attori è stata dura perché hanno dovuto lavorare moltissimo anche per dominare la potenza di quella pedana che gira spesso e che effettivamente se non lavorata bene poteva diventare in qualche modo molto artificiosa. Quindi il lavoro è stato proprio rendere quel meccanismo così complesso, infatti, durante le prove siamo andati al manicomio perché non riuscivamo mai nemmeno a ripetere una scena senza che la posizione cambiasse. È un lavoro difficile quello del teatro. Per questo ci vuole tempo."

Per Daniele Russo è essenziale la capacità di intercettare i gusti dei tempi ma anche ciò che accade nel mondo contemporaneo per riuscire a proporre storie che in qualche modo catturino il pubblico. "Credo che la cosa che renda un po' particolare e forse interessante, almeno spero. Dirigendo anche un teatro, dobbiamo programmare, dobbiamo pensare anche a lungo termine e, alle volte, ci si immaginano trilogie che ne so in tre quattro stagioni teatrali e ci si affeziona a un'idea. Noi questo ovviamente lo facciamo perché siamo chiamati a farlo, poi però confrontandoci abbiamo la fortuna o la capacità, di essere molto estemporanei e cercare di rimanere ancorati, comunque, anche al presente” rimarca l’attore Daniele Russo “Alcuni spettacoli che abbiamo pianificato di fare da qui a tre anni potrebbero cambiare, perché in tre anni saranno cambiate delle cose intorno a noi e quindi si deve avere la capacità anche alle volte di lanciarsi in delle cose. Per esempio, Don Juan in Soho ci piaceva, ci interessava ma presentava moltissime difficoltà e anche delle ingenuità drammaturgiche che comunque anche grazie Gabriele scegliendo la chiave onirica è riuscito a stemperare però ci sembrava molto adatto perché era un tema che in questo momento, fare una commedia un po' più brillante, ci sembrava doveroso. E quindi poi alcuni progetti, pur credendoci fanno un passo indietro perché l'oggi ti chiede di essere narrato in maniera diversa".

Video interviste a:

Daniele Russo, attore

Gabriele Russo, regista

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