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"Così va il mondo": Gianni Minà racconta il pianeta dal suo punto di vista

Un libro che non ha la pretesa di approfondire ogni singola questione ma fornisce comunque opinioni chiare, ben documentate e autorevoli sullo scenario geopolitico mondiale. E poi aneddoti della carriera, critiche alla sinistra: Minà ha qualcosa da dire

Così va il mondo” non è un manuale di geopolitica, ma un racconto parziale – e ciononostante autorevole - dello scenario politico mondiale firmato da Gianni Minà, forse il giornalista italiano più famoso al mondo, grande intervistatore e autore televisivo, caro anche ai napoletani per aver avuto il privilegio di un rapporto sincero con Diego Armando Maradona. “Conversazioni su giornalismo, potere e libertà” è il sottotitolo del libro – pubblicato da Gruppo Abele e presentato di recente allo Scugnizzo Liberato, a Napoli. Il libro è la trascrizione di una lunga e segmentata intervista (montata in stile televisivo, come forse lo stesso Minà ha voluto) tra il grande giornalista e Giuseppe De Marzo, attivista, economista e scrittore.
Il racconto di Minà ha valore didattico: crediamo, cioè, che possa rappresentare un’ottima base per tutti coloro che intendono studiare o approfondire temi politici attuali (l’ingerenza degli Stati Uniti negli altri paesi del mondo, l’Isis, lo sviluppo delle democrazie sudamericane) senza basarsi esclusivamente sui punti di vista “superficiali o condizionati”, come li definisce Minà, della stampa occidentale. Ed è interessante proprio la critica che Minà fa dei nostri media, “incapaci di superare le convenzioni, molto spesso approssimativi”.

In “Così va il mondo” trova comunque spazio il racconto della realtà italiana e – in sparuti casi – si fa cenno a Napoli, passaggi che NapoliToday riporta di seguito. Nel capitolo che riguarda la controversa e allarmante vicenda della morte di Ilaria Alpi, giornalista Rai uccisa nel 1993 in Somalia con il suo compagno/operatore Miran Hrovatin, Minà fa riferimento al generale napoletano Carmine Fiore, comandante del Corpo di spedizione italiano in Somalia, che in una lettera alla famiglia di Ilaria Alpi forniva una versione dei fatti quantomeno discutibile. Ecco come lo descrive Minà: “Il generale Fiore, un napoletano che sembra uscito da una piece di Eduardo, mi telefona il giorno dopo la trasmissione, fornendomi la risposta. Dolente per la figura che, a suo dire, gli avrei fatto fare con i figli, mi aveva chiamato per esprimere la sua delusione dopo avermi tanto ammirato, testuale, «per i miei documentari su Dieguccio Maradona»”. Quando invece racconta la terribile vicenda dei desaparecidos durante la dittatura militare in Argentina, Minà descrive il suo rapporto con il paese di Maradona e del tango. Un rapporto inizialmente conflittuale, visto che il corrispondente fu costretto a scappare dall’Argentina dopo aver ricevuto minacce di morte. Tra lui e l’Argentina scoppia la pace grazie all’intermediazione di Cesar Menotti, allenatore della Seleccion. Racconta Minà: “Di Menotti anni dopo Maradona avrebbe detto: «Grazie a Menotti abbiamo capito qualcosa di quanto stava accadendo in Argentina, ma poi fecero sparire tutte le possibilità che noi ne sapessimo di più». Ebbene, l’Argentina giocava un’amichevole a Parigi e Menotti andò ad acchiappare quel giornalista e gli disse «Stronzo! Adesso ti metti in ginocchio e chiedi scusa a Gianni Minà». E ci fu la pace”.
Affascinanti sono poi i racconti di Minà sul mestiere di giornalista (primo inviato per la televisione di stato in occasione del terremoto in Friuli), tranchant il giudizio di Minà sulla mancata accoglienza dei migranti sul territorio italiano – cita l’episodio di Goro e definisce “prepotenti” e “cattivi” i manifestanti -, terribilmente veritieri i giudizi sulla sinistra italiana: “La sinistra non esiste più. […] L’unico riferimento è il Papa”. Insomma Minà sembra averne per tutti (“il capitalismo non si accontenta di sfruttare come fa da cent’anni le risorse, vuole cambiare la mente dell’uomo per piegarlo a questo modello”), ma a ben pensare chi altri potrebbe permettersi questa schiettezza se non lui, il giornalista “mondiale” che ha visto e ha saputo raccontare gli ultimi cinquant’anni della storia del nostro paese e degli altri continenti? Non si tratta di supponenza: Minà ha tesi che argomenta con fatti, molto spesso vissuti in prima linea nella sua lunga carriera. 

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