rotate-mobile
Cultura Vomero / Via Tito Angelini

Castel Sant’Elmo, da palazzo del re a carcere: oggi è un museo

Già in piedi alla fine del Duecento, fu ampliato per farne il palazzo reale di Roberto d'Angiò. L'attuale pianta stellare si deve invece agli spagnoli

“Da San Martino vedi tutta quanta la città”, cantava Pino Daniele nella sua celebre canzone “Un angelo vero”. E con “San Martino” intendeva il punto più alto di Castel Sant’Elmo, il più esteso della città, che dalla cima del Vomero consente una vista a 360 gradi dell’intera città. Ricavato nel tufo giallo napoletano, trae origine da una torre d'osservazione normanna chiamata Belforte: il castello, che domina la collina e svetta sul panorama offrendo una delle viste più belle del Golfo, era già in piedi alla fine del Duecento, ma assunse una struttura a pianta quadrilatera con due torri dopo l’intervento dell’architetto Tino di Camaino che lo ampliò per farne il palatium di Roberto d'Angiò, intorno al 1329. Nel 1456, però, un terremoto provoca il crollo delle torri e di alcune cortine murarie : saranno gli Aragonesi a prendersi cura del restauro.

Durante il viceregno spagnolo (1504-1707) il castello, chiamato Sant'Ermo e poi Sant'Elmo (il nome potrebbe derivare da Erasmo, dal nome di una cappella presente sul luogo dal Cinquecento) viene trasformato in fortezza difensiva per volere di Don Pedro de Toledo. Così assume l’attuale pianta stellare con sei punte (molto suggestiva la visione aerea del castello) che sporgono di venti metri rispetto alla parte centrale, in seguito ai lavori iniziati nel 1537. Un anno dopo, sul portale di ingresso, viene posta l'epigrafe, sormontata dallo stemma di Carlo V con l'aquila bicipite asburgica. Oggetto di un restauro curato da Domenico Fontana all’inizio del Seicento, viene ricostruita la chiesa aggiunta nel 1547 ma andata distrutta a causa di un fulmine, insieme alla dimora del castellano e al ponte levatoio. Dietro l'altare della chiesa vi è la tomba di don Pedro di Toledo e le pietre tombali di altri castellani.

Diventa un carcere militare dal 1860, funzione che conserverà fino al 1952. La fortezza passa poi al demanio militare fino al 1976, anno in cui ha avuto inizio un imponente intervento di restauro ad opera del Provveditorato alle Opere Pubbliche della Campania. Sette anni di lavori hanno restituito al castello l'originaria struttura, rendendo visibili gli antichi percorsi, i camminamenti di ronda e gli ambienti sotterranei. Consegnato alla Soprintendenza per Beni Artistici e Storici di Napoli, che ha proseguito importanti lavori di restauro, ospita al suo interno, oggi, una ricca fototeca, la biblioteca di storia dell'arte "Bruno Molajoli" e un auditorium per convegni, concerti, rappresentazioni teatrali e cinematografiche, oltre al museo "Napoli Novecento".

Per accedervi (l’ingresso è da via Tito Angelini, sulla discesa verso il piazzale di San Martino) bisogna percorrere una rampa interna molto ripida e attraversare un ponticello schermato da mura laterali nelle quali si aprono dodici feritoie per ciascun lato. Dopo il ponticello vi è la Grotta dell'Eremita, un antro che, secondo la tradizione, avrebbe ospitato in tempi antichissimi un anacoreta. Prima della piazza d'armi, sulla sinistra, ancora tre spaziose aperture dalle quali si può ammirare un panorama di Napoli che spazia da Capodichino a Capodimonte e alla collina dei Camaldoli. Sulla Piazza d'Armi si erge la Torre del Castellano: gli ambienti che la compongono rappresentano quanto rimane dell'alloggio del comandante e del personale del castello. La pavimentazione del piazzale è dell'epoca della costruzione.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Castel Sant’Elmo, da palazzo del re a carcere: oggi è un museo

NapoliToday è in caricamento