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Alessandro Preziosi: “Adoro il mio lavoro perché mi permette di interpretare uomini agli antipodi”

Intervista all’attore napoletano che in questi giorni è protagonista sia de La vita bugiarda degli adulti di De Angelis che di Black Out-Vite sospese in onda su Rai1 dal 23 gennaio, due serie dove interpreta due personaggi molto diversi

Per Alessandro Preziosi l’inizio dell’anno si apre con due mini serie originali: La Vita bugiarda degli adulti di Edoardo De Angelis tratto dal romanzo di Elena Ferrante che imperversa su Netflix e Black Out – Vite sospese, il mistery drama diretto da Riccardo Donna prodotto da Luca Barbareschi che sarà in onda da lunedì 23 gennaio su Rai 1 affiancato da un cast internazionale.

Due ruoli, per certi versi, ambigui ma che scatenano reazioni diverse in chi li osserva, rappresentando anche due tipi di paternità diverse. Se l’arrivista professore Andrea scatena irritazione, antipatia e voglia di cantargliene quattro, il broker di origini napoletane, Giovanni Lo Bianco, padre vedovo con una doppia vita che presenta il suo conto, pur essendo controverso, ispira empatia e comprensione per il dilemma intimo e umano che si trova ad affrontare dove non manca il dramma collettivo in cui si trova coinvolto a causa del distacco di un’imponente slavina che isola lui e la comunità della Valle del Vanoi, in Trentino la Vigilia di Natale.

Un dramma ad alta quota

Quattro puntate che racchiudono otto episodi, Black Out è un mistery in alta quota ma è anche un racconto corale dove non mancano spettacolarità e suspance, mettendo in luce anche l’importanza della collettività in cui la solidarietà e la coesione può aiutare a superare momenti tragici come l’affrontare disastri naturali.

Le storie che si intrecciano raccontano un’umanità vulnerabile, imperfetta dove tutti sono complessi, con segreti che possono distruggere le vite altrui. Tutti hanno scheletri nell’armadio e lati oscuri ma l’affrontare insieme un dramma che li isola dal mondo fanno venire fuori la loro parte migliori, annientando i loro mostri. La valanga costringe vacanzieri di un resort a 4 stelle e i residenti del piccolo paese a vivere un’esperienza unica che li obbligherà a fare i conti con sé stessi e con gli altri: potranno venirne fuori, solo se supereranno le loro paure, i loro pregiudizi ed impareranno a essere una comunità.

In questa galleria di personaggi contraddittori spicca Giovanni Lo Bianco, interpretato appunto da Preziosi, broker finanziario. Cresciuto nei bassifondi di Napoli, è riuscito a farsi strada nel mondo della finanza. È arrivato a Vanoi assieme ai figli adolescenti. Una vita basata su apparenze dove cela il suo legame con la Camorra a causa di suo fratello, noto boss.

Una produzione internazionale

Diretto da Riccardo Donna, Black Out è girato in grande formato 6 K utilizzando importanti VFX e grandi effetti digitali. Una coproduzione dal taglio internazionale, infatti è destinata al mercato estero, è stata realizzata con una troupe di più di cento persone, ottanta attori e tante figurazioni scelte sul territorio, dove non sono mancate le difficoltà dovute al clima e al territorio.

Intervista ad Alessandro Preziosi

Preziosi, il 2023 è iniziato vedendola protagonista di due serie tv diversissime: La Vita Bugiarda degli adulti su Netflix e Black Out – Vite Sospese che dal 23 gennaio sarà su Rai1, dove interpreta due personaggi antitetici dove l’unica cosa che hanno in comune è il distacco apparente dalle origini. C’è un filo conduttore che lega le sue scelte guardando anche i lavori fatti in precedenza tra teatro, tv e cinema?

“Il filo conduttore è il contatore della luce che non ha mai smesso di girare. Ho lavorato tanto in questi anni. Questo lavoro mi piace proprio perché mi permette di essere in progetti molto differenti tra loro, infatti, Andrea e Giovanni sono due uomini agli antipodi”.

Black Out è una serie molto ambiziosa. E’ stata una produzione complessa, se vogliamo, faticosa anche a livello fisico oltre che psicologico per vestire i panni di Giovanni Lo Bianco. Queste caratteristiche rendono Black Out speciale?

“Posto che ogni progetto e ogni personaggio sono storie a sé. Forse Giovanni Lo Bianco, a differenza di altri, mette insieme una comunità, quindi, fa parte di un grande gruppo. Questa è la cosa che salta più all’occhio. Lui è un padre e un uomo in difficoltà. E’ il primo a vivere un black out mentale ed emotivo quando incontra i personaggi interpretati da Rike Schmid e Marco Rossetti ”.

Giovanni Lo Bianco, un personaggio con tante sfaccettature: è un broker finanziario, un padre solo perché ha perso da poco la moglie e, inoltre, ha un segreto. Cosa l’ha più colpita della personalità di Giovanni?

“La caratteristica più interessante della personalità di Giovanni è l’impotenza. Essere letteralmente messo all’angolo dove tutti tentativi che si fanno, reagendo con forza per risolvere le situazioni, peggiorano sempre di più le cose. La sua è una discesa agli inferi e questa caratteristica è quella che mi ha affascinato di più”.

E’ un mistery-drama che ha una forte componente introspettiva, perché ogni personaggio, a partire dallo stesso Giovanni, a causa della caduta della slavina sarà costretto a fare i conti con se stesso e con le proprie paure. Ma oggi, fino a che punto, si trova il tempo per guardarsi dentro?

“E’ importante guardarsi dentro e affrontare le proprie paure. Credo che oggi, la cosa più importante sia trovare il coraggio di vivere”.

Pensa che l’aver vissuto il lockdown possa influenzare il modo degli spettatori di vedere Black Out, in particolar modo in riferimento all’isolamento che sono costretti a vivere i personaggi?

“No! Penso che,per ognuno di noi, l’esperienza del lockdown sia stata qualcosa di assolutamente molto personale”.

I personaggi della fiction sono messi nella condizione di superare le loro paure e i loro pregiudizi. I qualche modo ne escono migliori. Anche per lei c’è stato qualcosa in cui si è imbattuto, anche grazie alla sua professione, che l’hanno resa migliore?

“La legalità. Mi è capitato spesso di fare delle fiction in cui si parlava spesso di legalità. Hanno reso la mia persona più sensibile ai problemi che si possono superare con tenacia, responsabilità e serietà”

Quest’esperienza così particolare e intensa, cosa ha aggiunto al suo percorso artistico e umano?

“L’esperienza del set è stata una delle cose più uniche che mi sia mai capitata di affrontare. Stare 13 settimane in mezzo al nulla, sul pizzo di una montagna, è una di quelle cose per le quali valgono le scelte che ho fatto. Va detto che nelle difficoltà che ci sono state durante le riprese, tutti noi abbiamo dato una mano Cioè, anche il materiale che andava spostato da una parte all'altra del set. Sia io che Marco Rossetti, abbiamo dato una mano negli spostamenti. Ci siamo tutti aiutati perché non bastavano mai le persone anche se ce ne fossero state mille ad aiutare non sarebbero bastate. Anche sul set c’è stato quello spirito di comunità e solidarietà che raccontiamo nella fiction”.

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