Gli undici dolci più famosi di Napoli
Dal babà alla sfogliatella, dalla pastiera agli struffoli, dal ministeriale al fiocco di neve: chi li ha inventati e qual è la ricetta per prepararli
Dal babà alla sfogliatella, dalla pastiera agli struffoli, fino ad arrivare alle creazioni dolciarie più recenti come i "fiocchi di Neve" di Ciro Poppella e i “ministeriali” di Scaturchio. La pasticceria partenopea vanta una varietà infinita di fantastici dolci divenuti famosi nel mondo, ricchi di bontà e tradizione. Di seguito vi accompagnamo in un viaggio alla scoperta degli 11 dolci più famosi di Napoli.
Babà
Di origini reali la storia del babà è molto simile a quella di una favola con tanto di Re, corte e servitù. Stanislao Leszczy?ski, giovanissimo re di Polonia dal 1704 per circa trent’anni e destituito dal potere, avendo al suo attivo un’imponente parentela con Luigi XV di Francia, che aveva sposato sua figlia Maria, ottenne al momento del suo allontanamento politico, anzicchè peggiore destino, il Ducato di Lorena. Siccome, proprio come avviene nelle favole il ducato si trasformò presto in una noiosa e cupa prigione dorata, l’ex re circondandosi di filosofi e scienziati, si mise a studiare mettendo a punto, tra l’altro, un programma di collaborazione internazionale europea che di fatto fu la prima versione dell’unione europea. Non potendo attuare i suoi progetti per effetto della perdita di ogni potere, Stanislao, trovava conforto e dolcezza nelle specialità dei pasticceri del posto, impegnati in una sorta di gara atta a sollevare lo spirito dell’ex regnante con i piaceri del palato, provando ad inventare di tanto in tanto una nuova specialità. Non sempre però le intenzioni dei maestri pasticceri davano i frutti desiderati tanto che all’ ex sovrano veniva spesso servito il “kugelhupf”, un dolce tipico del posto, fatto di con farina finissima, lievito di birra, burro, zucchero, uova e uva sultanina dalla pasta soffice e spugnosa. Stanislao, a dire il vero, questo dolce proprio non lo sopportava ritenendolo secco e difficilmente ingoiabile, nonostante i vari esperimenti di bagno effettuati con vino Madera, zucchero e spezie. Sempre convinto dei suoi grandi ideali, Stanislao spesso affogava le sue delusioni nel vino fino a giungere alla famosa acquavite derivata dalla canna da zucchero ed importata dalle Antille chiamata rhum. E fu proprio questa alcolica bevanda che un giorno, finendo accidentalmente su quel dolce lorenese tanto odiato dall’ex sovrano, a far nascere di fatto una memorabile specialità dolciaria dal caldo ed intenso profumo. Appena assaggiato, quel nuovo portento di pasticceria fortuitamente materializzatosi sotto i suoi occhi ed incuriosito dall’insolito connubio, rhum e pasta, lo sconsolato ex regnante trovò finalmente un nuovo motivo di vita abbandonandosi all’indescrivibile piacere derivato dall’assaporare un babà, nome ben presto confezionato dallo stesso re polacco ispiratosi ad Alì Babà protagonista del racconto tratto da “ Le mille e una notte”. Il babà da Lunéville nella regione della Lorena arrivò presto a Parigi, nella celebre pasticceria Sthorer. Il viaggio dalla capitale francese a Napoli il babà lo fece grazie ai cosiddetti “monsù” (dei prestigiosi chef al servizio delle più nobili famiglie napoletane) che lo modellarono dandogli la famosa forma a fungo. Fu da allora che il delizioso dolce elesse Napoli come sua residenza distinguendosi per la pasta lievemente dolce che ricava tutto il suo zuccheroso e vellutato sapore dal bagno di rhum da sempre elemento inscindibile e fondamentale.
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