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Cronaca

Messa in sicurezza delle donne vittime di violenza: il racconto di un assistente sociale

Come e quando avviene. Gaetano Balestra: "Voglio sfatare un mito, c'è chi denuncia. E il vero problema non è la pandemia, ma gli ostacoli che le donne incontrano per raggiungere l'indipendenza"

Il caso di Ornella Pinto, insegnante accoltellata a morte dal compagno dieci giorni fa, è solo l'ultimo di una spirale di brutalità che pare non trovare soluzione. Un problema che si continua a non risolvere, o che non si affronta dal verso giusto, quello della violenza di genere, in Italia ancora più grave e radicato che altrove. Ne abbiamo parlato con Gaetano Balestra, un giovane assistente sociale che lavora a Napoli proprio con le donne vittime di violenze, e che abbiamo conosciuto grazie all'associazione Le Forti Guerriere, venute alla ribalta per la protesta affinché a chi ha ucciso Fortuna Bellisario – altra recente vittima di femminicidio – venga comminata la giusta pena.

Gaetano, puoi descriverci il tuo lavoro?
"Sono un assistente sociale, mi occupo della messa in sicurezza delle donne vittime di violenza in uno dei 21 centri di Servizio sociale territoriale del Comune di Napoli".

Con il Covid-19 il fenomeno della violenza sulle donne si è ulteriormente inasprito?
"Sembra essere così, ma è vero. Non è cambiato nulla, la situazione è drammatica adesso com'era drammatica prima della pandemia. Forse semplicemente se ne sta parlando di più per delle vicende eclatanti, come ad esempio quella giudiziaria relativa all'omicidio di Fortuna Bellisario. Un caso che purtroppo, ed è triste dirlo, altrimenti sarebbe stata una morte come tante di questo tipo. La violenza di genere non è un problema contingente e non va affrontato come tale. Ma è qualcosa di profondo, radicato, complesso".

Come funziona nel concreto il tuo lavoro?
"Vorrei sfatare un altro mito. C'è chi denuncia. Almeno qui, il sistema di protezione funziona. In mezz'ora se una donna chiede aiuto 'scompare', viene messa in sicurezza insieme ai figli in una struttura protetta e segreta. Senza lungaggini burocratiche, senza tentativi di farla desistere, senza dirle 'ripensaci, torna a casa'. Non abbiamo smesso col Coronavirus: siamo aperti fino alle 16 come sempre, poi scatta il regime di reperibilità fino alle 8 del mattino. Insomma lavoriamo 24 ore su 24, mi è capitato di collocare in sicurezza donne alle 17 come alle 2 di notte".

Quali credi siano le cause della violenza di genere?
"È un problema complesso. Sicuramente pesa una certa cultura machista e maschilista che abbiamo in Italia, ma non solo. C'è anche la questione della certezza della pena, innanzitutto. Se un omicidio come quello di Fortuna Bellisario viene derubricato a preterintenzionale e il compagno dopo due anni è già ai domiciliari, il messaggio che si dà è quasi di tolleranza. Poi c'è una questione socioeconomica. Molte donne che ho conosciuto, vittime di violenze, sono tornate col compagno. Da un lato avevano la sensazione di 'esserselo meritato', dall'altro erano dipendenti economicamente dall'uomo. E qui c'è il retaggio antico del nostro territorio, che impedisce di fatto alle donne di crescere come soggetti. La violenza di genere è trasversale, ma gli ostacoli che le donne incontrano per raggiungere l'indipendenza peggiorano la situazione. Anche per questo il Comune di Napoli si sta attivando perché, oltre che un perscorso in comunità, le donne che si rivolgono a noi possano avere dei sostegni per l'affitto di un appartamento, oltre che per corsi di formazione. Insomma, per essere indipendenti". 

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