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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Vesuvio, per gli statunitensi è il vulcano più pericoloso del mondo

Una bomba ad orologeria d'Europa secondo la rivista Nature. Ipotesi d'intensità d'eruzione a confronto. È dibattito sull'estensione della "zona rossa", sul giusto piano di evacuazione e sull'entità dei possibili disastri

Vesuvio, bomba ad orologeria d’Europa. Titola così la rivista Nature un articolo dedicato alla vulcanologia ed in particolare al vulcano che sovrasta la nostra città. “Il Vesuvio è uno dei vulcani più pericolosi al mondo, ma gli scienziati e le autorità civili non sono d'accordo su come prepararsi per una futura eruzione” scrive Katherine Barnes la giornalista autrice dell’articolo. “Sulla scia del recente terremoto in Giappone e lo tsunami, molte zone stanno rivalutando i rischi derivanti dai loro 'cigni neri', un termine usato per descrivere catastrofi improbabili ma potenzialmente devastanti. E Napoli si distingue come particolarmente vulnerabile, con una popolazione di 3 milioni di persone che vivono all’ombra del Vesuvio”, un vulcano ancora in piena attività.

“Studi recenti suggeriscono che il Vesuvio potrebbe essere più pericoloso di quanto precedentemente supposto, e la cosa ha dato inizio ad un feroce dibattito circa il rischio e l'entità dei disastri futuri e su come le autorità locali dovrebbero affrontare il difficile compito di decidere come proteggere una vasta popolazione in caso di terremoti e l’intercettazione di altri segni che annuncerebbero il risveglio del vulcano” scrive la Barnes, basandosi sugli studi del team del vulcanologo Giuseppe Mastrolorenzo dell’ Osservatorio Vesuviano, secondo il quale Il Vesuvio è il vulcano più pericoloso del mondo e non rimarrà tranquillo per sempre. I suoi studi hanno infatti rilevato un insolito strato magmatico a circa 8-10 chilometri di profondità sotto la superficie della montagna. Secondo Mastrolorenzo e la sua collega Lucia Pappalardo questo strato indicherebbe che la prossima eruzione potrebbe essere persino più forte di quella del 79 d.C. (documentata da Plinio il Giovane e che fino a poco tempo fa appariva come la più forte mai descritta) e potrebbe invece somigliare ad un fenomeno scoperto solo nel 2006 e avvenuto circa 3.800 anni fa, noto come le “Pomici di Avellino”.

Nonostante si resti nella sfera delle ipotesi e non sia possibile calcolare con esattezza l’intensità della prossima eruzione, la parola d’ordine resta comunque “prevenzione” e l’organizzazione di un piano solido di evacuazione. Da Nature parte la richiesta di organizzare l’evacuazione ben oltre l’attuale “zona rossa” e lo stesso Mastrolorenzo chiede l’estensione all’intera area urbana di Napoli, cosa che coinvolgerebbe 3 milioni di persone a fronte delle seicentomila previste dall’attuale piano. I rappresentanti del dipartimento della Protezione Civile ribattono sottolineando che il piano di emergenza è in continuo aggiornamento e che la valutazione del rischio viene compiuta «sulla base delle condizioni presenti del vulcano».

A sostegno dell’istituzione, un altro vulcanologo, Warner Marzocchi, dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia dichiara: «non si può investire tutto in previsione del peggiore evento possibile: la riduzione del rischio deve basarsi su presupposti razionali. Un’evacuazione di tutti i tre milioni di abitanti dell’area urbana di Napoli sarebbe impossibile da gestire>> Il vulcanologo Peter Baxter, dell’Università di Cambridge, e i suoi colleghi hanno realizzato per il Vesuvio un modello di previsione che tiene conto dei possibili scenari in caso di eruzione, simile a quello realizzato per l’isola di Montserrat e che nel 1997 evitò l’avacuazione completa dell’isola, individuando i punti di maggiore pericolo. Secondo gli studi di questa equipe un’ eruzione di tipo intermedio, come l’ultima del ’44, resta l’ipotesi più probabile mentre si ferma al 4% la possibilità di una nuova eruzione pliniana.

“A quanto pare, per adesso, questo tipo di approccio probabilistico sembra l'unico per gli esperti del settore, appare impossibile avere una ricetta per la previsione precisa di un'eruzione futura. Come specifica Augusto Neri dei laboratori dell'INGV di Pisa: noi, semplicemente, non sappiamo come funziona il vulcano" sono infine le conclusioni dell’articolo di Nature.

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