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Cronaca

Bogdan in viaggio dall'Ucraina a Napoli, su un pulmino, per essere operato urgentemente al cuore

Ha dovuto lasciare moglie, figli e nipotini, in un disperato viaggio tra guerra e burocrazia. Oltre 2.500km prima di arrivare in Italia. Il racconto del genero, giornalista napoletano

Mentre le notizie degli avvenimenti in Ucraina si rincorrono e sui social in tv e assistiamo a lanci di missili e scoppi, tra incredulità e - anche, ammettiamolo - distrazione e superficialità - la guerra che in realtà è fatta del dolore delle persone è già arrivata anche qui. E' nella vocina al limite del singhiozzo e negli occhi lucidi di Sophie, una bimba di 9 anni che alle 7.00 del mattino, in una casa della nostra città, continua a chiedere al papà Giancarlo e alla mamma Tatiana "come faranno i nonni? E i cuginetti? E gli zii? Stanno bene?".

Giancarlo Borriello è un giornalista, di quelli bravi, abituati a macinare chilometri per seguire una notizia e verificare ogni fonte possibile. Circa 12 anni fa i suoi occhi hanno incontrato quelli di Tatiana. Lui di Napoli, lei di Rivne, città a circa 350km ad ovest di Kiev e a 250km da Lviv, la più importante città al confine tra Ucraina e Polonia. Da quel momento anche le loro famiglie si sono unite: un asse Napoli-Rivne fatto di affetti, condivisione, sorrisi.

Storia di Bogdan, in fuga dalla guerra per poter essere operato al cuore

"Bogdan è il papà di mia moglie. È entrato a far parte della mia vita oramai da più di 12 anni - racconta Giancarlo su Facebook - Bogdan è il padre di 5 figli (uno è scomparso l'anno scorso) e nonno di ben 11 nipoti. Classe 1950. Un lavoratore. Da una vita. Negli ultimi 40 anni ha guidato autobus e furgoni. Da quando è in pensione (200€ circa al mese) ha scelto, per ovvie ragioni, di continuare a lavorare per privati, sempre nel settore dei trasporti. Un fisico da toro. Almeno fino a 3 anni fa, quando a seguito di un infarto, ha deciso di rallentare".

La voce di Giancarlo, che NapoliToday ha sentito al telefono, tradisce tutto il dolore, l'ansia, la preoccupazione.

"Bogdan è il nonno e il suocero che tutti vorrebbero avere. Non parla italiano e io spiccico solo poche parole di ucraino - spiega Giancarlo - nonostante la differenza di lingua abbiamo sempre comunicato e condiviso: sentimenti, idee, valori. Da qualche giorno era ricoverato in un ospedale della sua città. Il responso del medico è stato chiaro: occlusione dell'aorta e di altre arterie al 99%. Deve essere operato urgentemente se vuole salva la vita. Stavamo organizzando l'intervento nella capitale, a Kiev. Un intervento costoso ma, fortunatamente, sostenibile - dice Giancarlo -  Tutto quasi organizzato ma, da questa notte, la vita di Bogdan, dei suoi 4 figli e 11 nipoti, il più piccolo dei quali non ha ancora un anno, assieme a quella di decine di milioni di ucraini è cambiata".

Nelle case dei familiari di Giancarlo la guerra non è uno spettacolo in tv. E' concreta, reale, mostruosa.

"Non bastava il coronavirus - dice Giancarlo - per chi vive al confine in Ucraina, negli ultimi anni, non esistono giornate senza spettri. Eppure, Bogdan si è sempre sentito sicuro che con lavoro e sudore tutto era possibile. Ma la vita è imprevedibile".

Dalle 08:00 di questa mattina Bogdan, con il suo cuore malato, il dolore per aver dovuto lasciare la famiglia, i figli, i nipotini, è in viaggio verso l'Italia su un pulmino, un mezzo tipo scuolabus, con altri connazionali e un italiano.

Per disparati motivi, per disperazione, stanno cercando di lasciare l'Ucraina. La strada è lunga. Fa freddo. E il mostro della guerra li insegue.

"Per il disperato coraggio e la capacità organizzativa di mia moglie, sua figlia, Bogdan stamane dalla città di Rivne ha raggiunto, nonostante il traffico di persone che con ogni mezzo stanno andando verso ovest in cerca di sicurezza, la città di Termopil dove, tra qualche ora, si dirigerà verso il confine con la Romania. Lì troverà ore di attesa e code di chilometri per attraversare la frontiera. E dopo ancora tanta strada e la burocrazia.- spiega Giancarlo - Mia figlia continua a chiedermi del nonno, della nonna, dei cuginetti, degli zii, dei bambini che "stanno lì". Oggi ho compreso, sembra banale, che la guerra è anche questo: mancanza di risposte adeguate. Ho paura. Temo per la vita della mia famiglia. Non riesco ad immaginare come poter garantire l'incolumità dei miei suoceri, cognati e nipoti. Forse non posso. Forse esiste un limite umano oltre il quale non ci è dato modo di agire ed incidere. Forse mi sbaglio. Forse no. Ecco perché oggi, prima di intraprendere una strada senza garanzia di successo, ho scelto di pregare, di pregare la Madonna di Lourdes affinché illumini le nostre azioni e soprattutto i nostri cuori. Bogdan, la nostra famiglia, i bambini ucraini possono solo sperare in un aiuto da chi ha a cuore la vita"

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