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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

In carcere due anni con l'accusa di aver tentato di uccidere le figlie: scarcerata 32enne

L'accusa nei suoi confronti era di aver imbottito le figlie di farmaci, ma i legali della donna hanno dimostrato che le figlie sono affette da una malattia genetica che non consente loro di espellere i medicinali

E' stata in carcere per 2 anni e 10 mesi con la grave accusa di aver provato ad uccidere le figlie di 3 mesi e 3 anni, imbottendole di medicinali, ma è stata assolta dai tribunali di Roma e Napoli in quanto le sue bimbe avevano una malformazione genetica che non faceva espellere al corpo delle figlie i principi attivi dei medicinali.

La 32enne ha raccontato al Corriere della Sera il suo calvario, parlando anche del tentativo di linciaggio subito nel carcere femminile di Pozzuoli, in quanto le detenute mal tolleravano chi aveva tentato di uccidere le figlie. Per i pubblici ministeri delle procure di Roma e Napoli e per quattro periti, la donna soffriva della sindrome di Polle, un disturbo mentale che spinge un genitore a infliggere un danno fisico ai figli per farli ritenere malati al fine di attirare l'attenzione verso di sè. 

Il caso

Tutto è partito tre anni fa quando la bimba più piccola, che all'epoca aveva soli 3 mesi, arriva al pronto soccorso del Santobono con vomito, diarrea, cianosi, irrigidimento del corpo. I medici credono possa trattarsi di una forma di epilessia e viene imbottita di barbiturici. Ma il 29 gennaio del 2016 finisce in coma proprio per i medicinali. I medici ritengono che la bimba sia stata avvelenata dalla madre e la segnalano al Tribunale dei Minori, ma la bimba guarisce e torna a casa. L'algtra figlia, che aveva tre anni nel 2016, dal Santobono viene trasferita al Bambino Gesù di Roma dopo essere stata intubata e sedata per cinque giorni a causa di una violenta crisi respiratoria. Nel suo corpicino viene trovato il benzodiazepine. 

Malformazione

I legali della donna hanno però dimostrato che quelle tracce di sedativi erano il principio attivo del medicinale usato in rianimazione a Napoli e che il corpo della bimba non era riuscito ad espellerlo per una mutazione metabolica di origine probabilmente genetica.

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