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La decisione

Curva del Verona chiusa per un turno ma il giudice sportivo non può intervenire sullo striscione

Non è di sua competenza e la decisione è avvenuta per i cori contro Koulibaly e Osimhen

 Non i soliti 10.000 euro di ammenda. Stavolta il Verona dovrà sopportare l'onta di giocare una partita con una curva, la Sud, chiusa. A causa dei soliti cori "insultanti di matrice territoriale e razziale", che gli uditori federali avvertono una gara sì e tre no, ma con una aggravante che il Giudice Sportivo nel dispositivo non nomina mai: lo striscione della vergogna apposto fuori allo Stadio Bentegodi che indicava agli eserciti russo e ucraino (come pari fossero) le coordinate per colpire eventualmente la città di Napoli. La Giustizia Sportiva aveva già messo le mani avanti: lo striscione era fuori dal suo perimetro di pertinenza, non possono farci niente.

Sicché, per placare l'indignazione dell'opinione pubblica, il giudice sportivo Mastrandrea ha trovato un altro modo: appellarsi ad una generica "gravità" del fatto per poter giustificare un aggravio irrituale della pena. Ma la spiegazione è esemplare: in condizioni normali - è il sottotesto del dispositivo - quei cori sarebbero stati puniti con i 10.000 euro a scatto fisso. Invece ora non possiamo cavarcela così: la situazione è tanto "grave" che la pena non può essere "sospesa", e quindi chiudiamo la curva per una partita. Testuale: "La gravità dei fatti, la dimensione, durata e percezione dei detti cori comportano, nondimeno, la NON applicazione della sospensione dell'esecuzione della sanzione prevista ai sensi dell'ART 28, comma 7, C.G.S".

Va da sè che i cori razzisti nei confronti di Napoli, e dei suoi giocatori di colore Koulibaly e Osimhen, sono da considerare "gravi" solo per lo scandalo pregresso, e non in quanto tali. Altrimenti non si spiegherebbero le decine di casi in cui la stessa curva, occupata dagli stessi tifosi famosi nel mondo per la loro aderenza agli ideali di estrema destra, in passato siano stati "puniti" con i soliti 10.000 euro. Lo striscione non viene mai nominato, nella sentenza. Fa parte della scenografia, di un contesto nel quale il razzismo per la giustizia sportiva italiana vale - al massimo - una partita con un settore a porte chiuse.

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