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Cronaca

Corruzione nella Sma Campania per la depurazione dei fanghi: 16 arresti

Coinvolti imprenditori, funzionari regionali, poliziotti ed esponenti dei clan. Sequestrati pacchi di soldi a casa di un indagato

Un terremoto giudiziario i cui effetti si attendevano da mesi e che si sono fatti sentire questa mattina. Amministratori pubblici, poliziotti, elementi della criminalità organizzata e imprenditori tutti coinvolti in una maxi-inchiesta per corruzione che ha travolto la Sma Campania, la società in house della Regione addetta alla tutela ambientale. Sono 16 le persone destinatarie di misure cautelari accusate a vario titolo di corruzione, riciclaggio, inquinamento ambientale, emissione di fatture per operazioni inesistenti e trasferimento fraudolento di valori. L'operazione congiunta di guardia di finanza e squadra mobile di Napoli ha portato anche al sequestro di quattro milioni di euro. Una parte trovata dagli investigatori in contanti nell'appartamento di un imprenditore coinvolto, stipata in pacchi sottovuoto.

La gestione della Sma Campania 

Duplice il filone seguito dalla procura di Napoli a opera dei sostituti procuratori della Dda Ivana Fulco e John Henry Woodcock sotto il coordinamento dell'allora procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e del procuratore capo Giovanni Melillo. Da una parte la gestione degli appalti affidati dalla Sma per lo smaltimento dei fanghi, dall'altra la gestione del depuratore di Napoli Est. Il quadro che viene fuori dall'inchiesta è a dir poco desolante e racconta di un modo di gestire la società regionale in cui più volte si è fatto ricorso ad accordi corruttivi. L'inchiesta ha messo in luce come venisse creata ad hoc una situazione d'emergenza per la gestione dei fanghi provenienti dai depuratori. Emergenza che permetteva di gestire le gare per lo smaltimento dei fanghi attraverso affidamento diretto e bypassando le normale procedure di trasparenza. Affidamenti diretti che davano adito ad accordi corruttivi sistematici come sottolineato dal procuratore Melillo. Un reticolo corruttivo che aveva creato un oligopolio di cui facevano parte alcune società che venivano investite direttamente degli appalti in cambio di dazioni di denaro.

Gli uomini della Sma coinvolti 

Ruoli predominanti in questa attività erano svolti da: Lorenzo Di Domenico, direttore generale “pro tempore” della Sma, accusato di avere accettato la promessa di una tangente del 7% dell’importo pattuito per l’indebito affidamento con procedure d’urgenza dello smaltimento dei fanghi nei depuratori di Napoli Nord, Marcianise, Succivo, e Regi Lagni. Ai suoi danni il gip ha disposto gli arresti domiciliari. Stessa sorte anche per Luigi Riccardi (coordinatore degli impianti di depurazione della Sma Campania, direttore dell’impianto di depurazione di Napoli Est e all’epoca dei fatti anche dell’impianto di depurazione di Marcianise, in provincia di Caserta) coinvolto negli episodi corruttivi, a cavallo tra il 2017 e il 2018. Gli arresti domiciliari sono stati disposti anche per Errico Foglia (direttore dell’impianto di depurazione di Acerra, all’epoca dei fatti gestito dalla Sma); l’ingegnere Giacomo Perna (responsabile della manutenzione), il dirigente della Regione Campania Lucio Varriale e Agostino Chiatto, anche lui dipendente della Sma e segretario del politico Luciano Passariello.

La posizione dell'ex consigliere regionale Passariello 

Proprio il ruolo dell'ex consigliere regionale è stato oggetto di una diversità di vedute tra le ipotesi accusatorie prospettate dalla procura e l'ufficio del Gip. La procura aveva chiesto la custodia cautelare in carcere per colui che definisce il referente politico che aveva scelto i dirigenti della Sma. Secondo un accordo fatto in seno all'amministrazione regionale, la gestione della società in house doveva essere affidata all'opposizione, di cui Passariello era un elemento di peso. Per questo motivo fu lui a scegliere i dirigenti tra cui Di Domenico, suo commercialista, e il suo segretario politico Chiatto. Inoltre Passariello era gravato da un conflitto d'interessi visto che la sua famiglia è titolare di un'azienda che lavora nel settore ambientale. Il Gip ha però ritenuto di non applicare alcuna misura cautelare perché non ha considerata provata la consapevolezza del consigliere delle attività corruttive poste in essere dai membri della Sma. Attività che riuscivano a rimuovere gli ostacoli posti da alcuni membri fedeli dell'amministrazione regionale attraverso gli affidamenti con somma urgenza. Lapidaria la considerazione del procuratore Melillo con la quale ha definito un “dato di fatto che la gestione della Sma fosse complessivamente votata a finalità corruttive” e avesse seguito “la solita strada nonostante il cambio di governance”.

Il depuratore di Napoli Est e i poliziotti infedeli 

La seconda parte dell'inchiesta era basata sull'attività di smaltimento dei fanghi nel depuratore di Napoli Est. In particolare l'attività investigativa ruotava intorno alla figura di Salvatore Abate, dell'omonima azienda. Nominato più volte con l'alias “Totore 'a cachera”, sono stati trovati nella sua abitazione pacchi di denaro contante che i finanzieri del gruppo di Casalnuovo hanno avuto anche difficoltà a quantificare vista la mole. L'imprenditore poteva godere della “collaborazione” di tre poliziotti infedeli. Secondo l'accusa, a fornirgli informazioni riservate rispetto a indagini in corso, sono stati gli agenti Vittorio Porcini, storico e apprezzato operante napoletano, per il quale sono stati disposti gli arresti domiciliari, e i colleghi Domenico Brenzi e Domenico Sabatino, ai danni dei quali è stata disposta la sospensione dal servizio per sei mesi. Secondo la procura operavano come una sorta di “security privata aziendale” contravvenendo ai loro doveri d'ufficio. Le indagini hanno scoperto che i fanghi non venivano smaltiti regolarmente ma addirittura gettati direttamente a mare configurando così per i protagonisti della vicenda anche il reato di disastro ambientale. Attraverso il sistema delle proroghe, Abate era riuscito a ottenere il monopolio dell'attività dello smaltimento dei fanghi. Nel corso dell'inchiesta sono stati indagati anche rappresentanti della criminalità organizzata tra cui membri della cosiddetta Alleanza di Secondigliano e in particolare coloro che hanno il controllo del Vomero che la Dda riconosce al gruppo Basile-Cimmino-Caiazzo.

I video

Sull'inchiesta della procura ha avuto un impatto fragoroso anche il lavoro giornalistico di Fanpage di inizio 2018. In particolare per quello che riguarda i servizi del sito d'informazione sulla corruzione nella Sma. Un impatto di cui il procuratore ha dato conto pur rispettando il lavoro dei cronisti. L'inchiesta della procura andava avanti da mesi con attività di intercettazioni e interrogatori ma al momento della pubblicazione dei video l'intera impalcatura investigativa è crollata costringendo i magistrati a rimodularla. In particolare il procuratore ha dato conto del fatto che il sistema di intercettazioni fosse completamente collassato. Oltre a commentare i video in questione, gli indagati hanno cessato ogni tipo di conversazione in un momento cruciale per l'inchiesta della procura. Era quello proprio il periodo in cui, a detta del procuratore, si stavano tessendo gli affari corruttivi più importanti che si fermarono nel momento in cui vennero pubblicati i video.

I problemi dopo la pubblicazione 

Le stesse contestazioni che riguardano la vicenda della Sma, seguita anche da Fanpage, si sono fermate al momento della pubblicazione dei video visto che l'attività investigativa da quel punto in poi era diventata inutile. L'intero contesto era completamente cambiato e la procura non è riuscita a rintracciare altri elementi di prova visto che gli indagati si erano ormai resi conto di essere sotto inchiesta. Per la vicenda del depuratore di Napoli Est, invece, le contestazioni sono andate avanti, in alcuni casi, anche fino al settembre 2018. La procura non ha, invece, trovato elementi di accusa ai danni di Biagio Iacolare e della precedente gestione della Sma, su cui invece si era basata una parte dell'inchiesta di Fanpage. È stato il procuratore Melillo a smentire questa ipotesi durante l'incontro con i giornalisti. In conclusione ha spiegato che per la procura è stato necessario stimare i danni della pubblicazione dei video, riprendersi dalle conseguenze dell'impatto e rimodulare l'attività investigativa.

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