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La storia / Torre annunziata

Simona Aiello, la prof transgender che insegna ai ragazzi ad ascoltare se stessi

L'insegnante ha iniziato il percorso di transizione a 47 anni e insegna nella sua città, Torre Annunziata

A 47 anni ha deciso che era arrivato il momento di rivelare se stessa completamente. Aveva sempre saputo chi era e anche chi viveva intorno a lei lo sapeva. Ma a quel punto della sua vita ha deciso di fare l'ultimo passo e iniziare la transizione. È solo l'ultimo chilometro del percorso di Simona Aiello, insegnante di Lettere dell'istituto tecnico Marconi di Torre Annunziata balzata agli onori della cronaca per la sua storia di donna e insegnante transgender. Una storia che lei stessa racconta come esempio di affermazione della propria personalità nel luogo simbolo della creazione della personalità dell'individuo: la scuola. Simona nasce in una famiglia operaia di Torre Annunziata e vive la sua infanzia e adolescenza negli anni '80, “anni in cui già solo avere un figlio omosessuale era considerata una vergogna, figuriamoci una figlia trans”. Racconta che a quattro anni amava prendere il pareo della madre e indossarlo al mare, mimando una sfilata sul bagnasciuga.

“La mia femminilità è sempre stata chiara perché era nella mia indole. Solo che l'indole ha a che fare con l'anima e non con l'anatomia. Bisognava adeguare la casa che abitava”. Dopo aver frequentato il liceo a Torre, si iscrive a Lettere classiche alla Federico II dove si laurea e poi segue un percorso di specializzazione per l'insegnamento alla Normale di Pisa. La sua strada è tracciata, vuole fare l'insegnante. La donna che è in lei rimane lì a farle compagnia e si scontra con l'anima provinciale di una piccola città del Sud Italia. Lei però non fa nulla per scacciarla ma anzi la accoglie sempre di più, semplicemente essendo se stessa. Poi nel 2015 arriva la svolta purtroppo innescata da un episodio luttuoso. Simona perde la madre e comincia a fare i conti con la solitudine ma soprattutto con la decisione di prendere atto definitivamente di ciò che è e che vuole essere.

Così nel 2019 inizia i protocolli del percorso di transizione. Ha poco più di 47 anni. Ha già vissuto una vita in un corpo che in quel momento decide di cambiare, assecondando quella indole che fino a quel momento non si era manifestata anatomicamente. Solo che il percorso di transizione è lungo e tortuoso. Ha bisogno di cura e serietà, esattamente l'opposto di ciò che pensa la gente secondo cui basta vestirsi da donna o ricorrere alla chirurgia estetica. Comincia il percorso psicologico a Salerno con esperti di disforia di genere e poi nel luglio 2020, dopo il lockdown, comincia la terapia ormonale al Ruggi d'Aragona dopo aver ottenuto l'ok sanitario. I cambiamenti sul suo corpo piano piano si cominciano a vedere e se ne accorgono anche i suoi alunni. Loro la vivono in maniera silente, con garbo, esattamente l'opposto di ciò che si aspetti dagli alunni di un istituto tecnico nel cuore di un rione malfamato.

“Probabilmente avevano capito qualcosa rispetto all'identità sessuale anche se si trattava di genere, ma mi sono stati vicino. Non sono mancate delle situazioni che mi hanno ferita ma l'importante era avere un buon punto di partenza. Non bisogna essere troppo rigidi e provare a capirsi insieme”. Quando Simona conclude il percorso di transizione si presenta a scuola e va dalla dirigente scolastica Agata Esposito. “Mi ha accolta con un sorriso enorme e con gioia. Per me è stata una fortuna avere una dirigente con orizzonti così aperti. Così come i ragazzi che mi hanno accolta benissimo. A dire il vero ho sentito più schiamazzi e risatine da parte di qualche collega che si è chiuso in delle stanze a ridere. Ma a me interessa la reazione dei ragazzi, che sono la mia vita, perché significa che come insegnante ho lavorato bene in questi anni e sono stata un esempio di autenticità, facendo capire loro che la scuola non è un posto dove si viene giudicati e dove si mettono voti ma dove si viene ascoltati”.

Con il percorso di transizione Simona ha cominciato anche quello di attivismo insieme all'associazione Iken di Carlo Cremona e Marco Maria Taglialatela. “Mi hanno aiutata e apprezzo la filosofia dell'associazione che non si occupa di teoria ma scende tra la gente attivamente aiutando ragazzi perseguitati da tutto il mondo”. L'ultimo passo di Simona sarà burocratico. In questo la sta seguendo l'avvocato Raffaella Spinelli con cui sta preparando gli incartamenti per il cambio del nome di battesimo e l'autorizzazione all'intervento. La sua storia è stata raccontata da testate giornalistiche e tv nazionali, la prima a raccontarla è stata Ida Palisi sul Corriere, provocando un grande clamore.

“Devo dire che non ho ricevuto alcun messaggio ostile ma solo parole dolci e di stima da parte di ragazzi che vogliono affrontare lo stesso percorso. Spero di essere un esempio di positività e serietà perché cambiare il proprio corpo, assumere medicinali e tutto il resto è un processo irreversibile e va fatto con moderazione e consapevolezza. Io non ho dovuto fare una scelta perché sono sempre stata donna ma ho iniziato la transizione con una personalità costruita e l'esperienza di una 47enne. Ai ragazzi e alle loro famiglie dico di vivere se stessi fino in fondo”.

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