LA DIFESA – Ai carabinieri di Formia, che l'avevano arrestato, Pietropaolo ha confessato tutto. L'aveva appena presa a pugni dopo un litigio, poi la colluttazione col vigilante Gennaro Tassieri – loro vicino di casa – intervenuto in difesa della donna, infine concitati momenti, folli. Le ha svuotato una bottiglia di alcol addosso, ha usato l'accendino. Ha detto di aver agito “d'impulso”. “La bottiglietta era nel garage tra gli attrezzi. Non sono mai stato violento con lei prima. In macchina, mi sono subito reso conto di quello che ho fatto. Spero che si salvi”. “La amo, la odio”, lo ha ripetuto numerose volte nel primo interrogatorio.

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Il loro era un amore finito, ma non per lui. “In otto mesi, con Carla ci siamo visti quattro volte, ma ci siamo sempre sentiti – ha spiegato – Aveva voluto un figlio con me, ma non lasciava perdere quell'altro. La nostra discussione è nata proprio su questo. Ho perso la testa, mi è scattato all'improvviso qualcosa”. “L'abbiamo voluta insieme la figlia, io credevo in una vera famiglia – ha aggiunto – Lei mi ha allontanato, non voleva saperne". “Come sta, Carla?” chiese subito al suo avvocato. “Ho fatto una cosa tremenda", gli ha poi detto. "Non volevo uccidere Carla, la volevo solo sfregiare", avrebbe aggiunto successivamente.

IL PROCESSO – Porte chiuse e rito abbreviato, il processo è andato avanti a tappe forzate. Il pm ha chiesto per l'imputato una condanna a 15 anni di reclusione, che non è il massimo della pena. Pietropaolo è imputato per tentato omicidio, stalking, tentato procurato aborto. Nella ricostruzione degli accadimenti avvenuta durante il processo sono emersi particolari importanti: l'uomo con un pretesto invitò la compagna ad un appuntamento, per poi aggredirla. Ha assunto particolare importanza, nel corso del dibattimento, capire se l'uomo avese premeditato o meno il gesto.

L'SMS INCRIMINATO