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Mercoledì, 24 Aprile 2024

Scontri sull'autostrada, la madre di Ciro Esposito: "Mai violenza in suo nome"

Antonella Leardi commenta i tafferugli tra tifosi di Napoli e Roma, nove anni dopo i tragici fatti che portarono alla morte del figlio

Pensare che a nove anni e mezzo di distanza gli scontri tra ultras di Napoli e Roma possano essere una sorta di vendetta per la morte di Ciro Esposito è qualcosa che raggela il sangue. Se ancora ce ne fosse bisogno, Antonella Leardi, madre di Ciro, ribadisce: "Mai violenza in nome di mio figlio. Lo dissi al suo funerale nove anni e mezzo fa e lo ribadisco ancora oggi con più forza e lucidità".  

L'ipotesi che i presunti tifosi sia siano dati appuntamento per regolare i conti rispetto ai fatti del 2014, è una pista che diventa più concreta ora dopo ora. Quelle immagini, con l'autostrada bloccata, le mazze, i volti coperti, i fumogeni, i tafferugli, hanno riaperto la ferita di Antonella: "Per me è stato difficile vedere quelle scene ed è difficile commentarle. Un dolore che ritorna". 

Ciro Esposito fu ferito nel maggio del 2014, a Roma, poco prima che Napoli e Fiorentina scendessero in campo per la finale di Coppa Italia. Ciro fu vittima di un vero e proprio agguato. Morì dopo 53 giorni di ospedale per le ferite riportate. A ucciderlo, fu Daniele De Santis. "L'astio tra queste due tifoserie dura da tempo - prosegue Antonella Leardi - C'è chi dice che si siano scontrate per vendicare quei drammatici momenti in cui mio figlio fu ammazzato. Io non voglio che questi episodi accadano più, ma soprattutto non devono mai accadere in nome di Ciro. E' morto nella pace, tra le braccia del Signore e il il Signore non accetta alcun tipo di violenza". 

In nove anni, la madre del giovane tifoso azzurro è diventata un simbolo: "Ci sono volte come questa in cui sono stanca, perché le cose sembrano non cambiare mai. Ma quando parlo con i ragazzi, nelle scuole, allora riprendo tutta la forza. Lo Stato deve fare la sua parte, è evidente che le contromisure per annullare la violenza fuori e dentro gli stadi non sono sufficienti. Bisogna fare di più". 

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