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Cronaca Torre annunziata

Il cassiere del clan Gionta sta male: ai domiciliari

Vincenzo Pisacane è stato scarcerato per curare gli effetti di un ictus cerebrale. E' stato condannato per mafia e droga a dieci anni di carcere

Il tribunale di Sorveglianza di Napoli ha concesso la semilibertà a Vincenzo Pisacane, considerato il cassiere del clan Gionta di Torre Annunziata. La decisione è arrivata in seguito all'istanza presentata dal suo legale Roberto Cuomo che permetterà al ras di scontare i prossimi 24 mesi di detenzione agli arresti domiciliari. A motivare il provvedimento sono state le condizioni di salute di Pisacane ritenute incompatibili con il regime carcerario. Qualche mese fa il cassiere del clan ha subito un ictus celebrale e non è mai riuscito a riprendersi completamente da quel momento. Le condizioni di salute all'interno del carcere di massima sicurezza di Badu e Carrus sono andate progressivamente peggiorando costringendo i giudici a scarcerarlo per permettergli di curarsi.

Tra un anno verrà ancora visitato per stabilire quali sono le sue condizioni e se sarà necessario prolungare la propria condizione di semilibertà che gli consente di essere assistito 24 ore su 24 e di sostenere degli esami medici periodici in ospedale. Pisacane, soprannominato “bombolone“, è stato coinvolto nell'operazione “Alta Marea” che nel novembre 2008 sgominò il clan Gionta di Torre Annunziata e per effetto della quale è stato condannato a dieci anni di carcere per associazione mafiosa finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Sul proprio ruolo nel clan si sono espressi i collaboratori di giustizia le cui dichiarazioni sono finite nell'ordinanza allora firmata dal Gip Antonella Terzi.

A definirlo uno dei pezzi da novanta del clan sono i collaboratori di giustizia Aniello Nasto, in tre interrogatori resi tra il settembre e l'ottobre 2007, Michele Luppo, nel corso di un interrogatorio del marzo 2007 e Gennaro Panzuto nel corso dell'interrogatorio dell'aprile 2008. Secondo i pentiti Pisacane è definito coralmente quale gestore della cassa comune del clan, pagando gli stipendi degli affiliati e le spese legali, ma anche partecipante all'attività del traffico di sostanze stupefacenti in particolare nella fase che riguardava gli acquisti.  

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