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Cronaca

L'inchiesta shock, Napoli peggio di Bulgaria e Romania: qui si muore prima

Secondo i dati ISTAT, la Campania è ultima per spesa sanitaria pro capite, per il rispetto dei livelli essenziali d'assistenza e per aspettativa di vita. L’inchiesta di Riccardo Iacona, “Medici in prima Linea", mostra un Paese che viaggia a due velocità

Un viaggio, da Sud a Nord, all’interno del sistema sanitario pubblico italiano. L’inchiesta di Presa Diretta che Riccardo Iacona ha voluto intitolare “Medici in prima Linea", andata in oda il 22 gennaio su Rai 3, mostra un Paese che viaggia a due velocità. Il Nord garantisce le cure e l’efficienza dei servizi sanitari, mentre il Sud arranca tra commissariamenti e medici eroici.

Cosa sono i LEA?Sono i livelli essenziali di assistenza”, spiega Iacona. “Sono la somma di tutte le prestazioni e servizi che il sistema sanitario nazionale è tenuto a fornirci gratuitamente (prevenzione, diagnosi e cura). I LEA sono un motivo di grande orgoglio nazionale perchè sono pochi i sistemi sanitari nazionali che li offrono gratuitamente a tutti i cittadini. Ma ci sono ampie zone del nostro Paese in cui i Lea non vengono garantiti, tra queste c’è Bagnoli”.

L’inchiesta di Presa Diretta parte proprio da qui, dalla periferia Ovest di Napoli. Bagnoli, un quartiere con più di 25mila abitanti, un tempo era sede di uno dei più vasti stabilimenti siderurgici del Sud Italia che comprendeva l’Italsider, l’Eternit e la Cementir. Oggi è una vasta area industriale dismessa che attende da 20 anni la bonifica. Secondo uno studio dell’osservatorio oncologico di Napoli, qui si muore di tumore più che nel resto della città. Eppure proprio a Bagnoli, negli ultimi anni, per motivi di risparmio, sono stati chiusi tutti i presidi sanitari e poliambulatori pubblici, e concentrati in un’unica Asl in fase di ristrutturazione da anni. “La cosa assurda - dichiara Aldo Moretti (Comitato Salvaguardia Sanità Pubblica Bagnoli) alle telecamere di Presa Diretta - è che in una zona, sede per 100 anni dell’industria pesante, si dovrebbero potenziare e non smantellare i servizi sanitari pubblici. Qui un tempo c’erano tutte le specialistiche di base. Gli ambulatori erano un grande e importante punto di riferimento per il quartiere". Ma Bagnoli non è un caso particolare, a essere in difficoltà è l’intera Regione. Secondo i dati ISTAT, la Campania è ultima per spesa sanitaria pro capite, per il numero dei posti letto in ospedale e per il rispetto dei livelli essenziali d'assistenza (i LEA), e quindi ultima per aspettativa di vita. In Campania si vive di meno. Già capire che malattia si ha può diventare difficile. A Napoli gli esami si posso prenotare anche in farmacia, ma i tempi sono lunghissimi. In Campania si aspettano in media 74 giorni per un'ecografia, 111 per una risonanza magnetica e 142 per una mammografia. Queste sono solo medie statistiche. La realtà è ancora più dura.

Da Bagnoli le telecamere di Presa Diretta si dirigono a Soccavo. Qui incontrano la dott.ssa Giuseppina Tommasielli, medico di base ed ex assessore allo Sport del Comune di Napoli. Il suo studio è uno dei pochi presidi sanitari pubblici ancora funzionanti nel quartiere. In una zona con alti tassi di rischio per malattie respiratorie e tumori alla mammella, la dott.ssa Tommasielli deve fare i conti con una rete sanitaria pubblica dove manca tutto. Una volta al mese la dott.ssa organizza nel suo studio una giornata di prevenzione: con soli 20 euro si possono fare diversi esami specialistici. “Il mammografo per lo screening alla mammella - spiega la Tommasielli - qui manca da oltre 20 anni. Questo significa che le donne che hanno bisogno di sottoporsi a questo esame devono rivolgersi necessariamente a strutture private pagando 56 euro, cifra che non tutti si possono permettere”.

Da Soccavo si fa tappa al 118. Per legge “il servizio di soccorso e allarme sanitario” dovrebbe avere a disposizione 24 ambulanze. Il 118 di Napoli, invece, di giorno ne ha 17 e di notte appena 13. Oltre a non avere i mezzi necessari per lavorare, il personale, spesso, viene aggredito da chi effettua la chiamata di emergenza. “La gente è stanca, - spiega uno dei medici del pronto intervento -, non ha risposte dal sistema sanitario pubblico e aggredisce il primo che si trova davanti”.

Dopo il 118, le telecamere di Presa Diretta iniziano un tour nei diversi ospedali del napoletano. Il primo a cui fanno visita è il San Giovanni Bosco. Qui lo scenario è drammatico. Ci sono letti ovunque: nelle sale di attesa e nei corridoi. I pazienti aspettano nel pronto soccorso perchè i letti nei reparti sono stati tagliati. La Campania è la prima regione d’Italia con il minor numero di posti letto. All’Ospedale San Giovanni Bosco manca anche il computer per fare il triage, e l’assegnazione dei codici (verdi, gialli o rossi) viene fatta a mano sul tavolino, nella stessa stanza dove uomini e donne vengono visitati.

La seconda tappa è l’Ospedale San Paolo. Qui sono arrivati gli ispettori del Ministero della Sanità in seguito alla denuncia dello scorso giugno di un consigliere della Regione Campania. Alcune fotografie impressionanti, poi pubblicate su tutti i giornali, mostravano una donna anziana su di un letto dell’ospedale assalita dalle formiche. Nei giorni successivi si è venuto a sapere che la causa dello spiacevole episodio era il giardino non pulito: l’intera struttura ospedaliera doveva essere al più presto ristrutturata e ripulita. Vito Rago - divenuto direttore sanitario dell’ospedale 20 giorni prima dell’episodio delle formiche - dichiara a Presa Diretta di aver affidato a una ditta privata il servizio di bonifica radicale del San Paolo. “I fondi regionali per l’edilizia sanitaria ci sono - dice il direttore -, ma i tempi della macchina amministrativa sono lunghi”. Le formiche, oggi, non ci sono più, ma i servizi sanitari sono stati così tanto tagliati che l’ospedale è in ginocchio. Mancano tanti reparti specialistici e il personale è poco. L’ospedale, con un pronto soccorso con 60mila accessi e un reparto di medicina di urgenza con 2500 accessi, avrebbe diritto ad una squadra di 30 medici. Invece, se ne contano 22, di cui solo 8 sono gli strutturati appartenenti all’azienda, gli altri sono prestati dal territorio.

Il terzo nosocomio a cui fanno visita le telecamere di Presa Diretta è l’Ospedale del Mare. Per recuperare risorse e migliorare l’efficienza, nel 2016 il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, annunciando il nuovo piano ospedaliero, decide di ridimensionare i vecchi ospedali del Centro Storico ospitati in edifici vecchi e poco sicuri. L’idea è di concentrare tutte le specialità più importanti e la rete di emergenza in una struttura più grande e nuova di zecca: l’Ospedale del Mare. Situato a Ponticelli, periferia Est di Napoli, è stato progettato nel 1997 per diventare il più moderno ospedale di tutto il Mezzogiorno. Il nosocomio doveva ospitare 18 sale operatorie e 450 posti letto. Spesa prevista, condivisa tra pubblico e privato: 403 miliardi delle vecchie lire. Ma i costi tra un progetto e un altro lievitano così tanto che la Magistratura è costretta ad intervenire. Per far ripartire il cantiere rimasto fermo per due anni, la Regione ha dovuto sborsare altri soldi. Così con 10 anni di ritardo e un costo doppio per le casse pubbliche, l’Ospedale del Mare è stato inaugurato nel 2015. Oggi lavora ad un terzo delle sue capacità. La struttura avrebbe bisogno di circa 1500 persone tra medici e infermieri. Ma la Regione è in piano di rientro e c’è il blocco del turnover. “Anche trasferendo una parte del personale delle altre strutture che si dovrebbero riconvertire - spiega Bruno Zuccarelli (Segretario Regionale ANAAO Medici) - non si riuscirebbero comunque a colmare le carenze dell’ospedale”.

Terminato il tour negli ospedali, le telecamere di Presa Diretta si fermano ad intervistare, per la prima volta, il papà di Antonio Scafuri. L’ennesima vittima della malasanità. Il Loreto Mare ha un bacino di utenza di 700 mila persone, conta 250 accessi al giorno in pronto soccorso e 70mila ricoveri l’anno. Qui arrivano le emergenze più gravi di tutta Napoli Est. Il Loreto Mare è diventato famoso in tutta Italia per le immagini, registrate dai carabinieri del Nas di Napoli rese pubbliche a febbraio 2017, che riprendono in azione i furbetti del cartellino: 94 gli indagati e 55 gli arresti tra medici e infermieri che strisciavano anche 20 badge alla volta. Quattro mesi dopo l’inizio delle indagini sul personale dell'ospedale, il Loreto Mare torna di nuovo a fare scandalo. Questa volta a pagarne le conseguenze è un ragazzo di 23 anni: Antonio Scafuri. Il 16 agosto del 2017 parte un’ambulanza del 118 da Torre del Greco. Dentro c’è Antonio, un giovane barbiere. Quella sera doveva andare a vedere la partita della Champions League Napoli-Nizza, ma ha un incidente con il motorino. Si rompe il bacino e le ossa della spalla. Quando il ragazzo arriva al Loreto Mare è vigile, ma dopo poco le sue condizioni iniziano a peggiorare. Si sospetta un’emorragia interna, e per capire qual è l’origine serve un esame specifico, ma l’ospedale non ha lo strumento per fargli l’angioTAC. Antonio deve essere immediatamente trasferito in un altro ospedale, ma c’è un problema: non è disponibile un'ambulanza con il rianimatore né anestesisti per trasferirlo. Pare che nessuno sia disposto ad accompagnare il ragazzo. Dopo ore di attesa uno dei medici del pronto soccorso sale su un’ambulanza senza rianimatore e, insieme ad un infermiere, porta il ragazzo all’Ospedale Pellegrini. Qui Antonio viene sottoposto all’angioTac e poi subito ritrasferito al Loreto Mare. Dopo ore di attesa i genitori ricevono la notizia della morte del ragazzo. Antonio non ha retto al secondo infarto! “Il sistema me lo ha ammazzato - dice il padre in lacrime -. Perchè nessuno lo ha aiutato? Perchè non hanno fatto il loro dovere? Perchè non lo hanno assistito?”. Gli ispettori del Ministero della Salute, in seguito alla morte di Antonio, certificano con questa relazione la situazione dell’ospedale: "Assenza di criteri organizzativi, ricorso a prassi non codificate, mancata attribuzione degli incarichi e responsabilità, discrezionalità diffusa". "Tutto ciò - scrivono gli ispettori - incide in modo elevato sulla probabilità di eventi negativi prevedibili e prevenibili". Ora è in corso un’indagine della procura di Napoli: l’ipotesi è omicidio colposo, gli indagati sono 6 medici.

Intanto qualche giorno fa - ricorda Iacona -, Vincenzo De Luca, in una conferenza stampa, ha presentato il nuovo piano ospedaliero della Regione: ha annunciato l’apertura del pronto soccorso di secondo livello dell’Ospedale del Mare, l’attivazione di 250 posti letto e l’assunzione di 4 mila persone nel comparto oltre alla stabilizzazione di tutti i precari. Basteranno queste misure a far ripartire la sanità della Campania, prima regione italiana per morti evitabili? Secondo la classifica del 2015 del Ministero della salute, riferita ai livelli di assistenza sanitaria fornita dalle Regioni, è emerso il chiaro divario tra Nord e Sud, con la Campania all’ultimo posto, preceduta da Calabria e Sicilia. A confermare l’esistenza di un’Italia a due velocità è il Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Walter Ricciardi. “Il divario tra nord e sud - spiega Ricciardi- è originato nel 2001 con la riforma del titolo V della Costituzione che di fatto ha dato alle regioni la quasi esclusiva potestà di organizzare e gestire. Nel 2001 un calabrese, un siciliano o un campano, aveva per vari motivi un’aspettativa di vita superiore di 1 anno rispetto a un lombardo, a un marchigiano o a un trentino. Oggi una persona che nasce nelle regioni del Sud ha un’aspettativa di vita fino a 4 anni inferiore. Il divario è aumentato in questi 15 anni. Oggi nascere nel Meridione significa nascere nella parte del continente europeo più derelitta: le Regioni del Sud hanno gli indicatori di aspettativa di vita peggiori d’Europa. La mortalità diminuisce al Nord e aumenta al Sud non perché al Sud ci si ammala di più, ma per mancanza di prevenzione. Prendiamo ad esempio il cancro della mammella. Le donne del Nord oggi si ammalano un pò di più rispetto a quelle del Sud, ma la mortalità è la stessa. Questo perchè la prevenzione, la mammografia preventiva in questo caso, viene fatta su tutte le donne del Nord, ma non su tutte le donne del Sud. Nel Meridione la copertura è parziale: la Calabria, ad esempio, è coperta solo per il 30%. E’ come se l’Italia, di fatto, fosse costitutita da due paesi diversi: il Sud e il Nord. I dati della Campania sull’aspettativa di vita sono vicini a quelli della Bulgaria e Romania, mentre i dati delle regioni del nord sono vicini a quelli della Svezia. Bulgaria e Romania partivano da dati peggiori dei nostri, dati che però sono andati migliorando. Le Regioni del Sud, invece, in questo 15ennio sono andate peggiorando: hanno perso tutti gli anni di aspettativa di vita maturati nel secondo dopoguerra. Oggi la peggiore zona in cui nascere è l’area metropolitana di Napoli: quest’area ha nei confronti dell'Europa media un gap di aspettativa di vita che arriva quasi a 8 anni, aspettativa più bassa di quella bulgara e rumena”. 

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Non a caso - sottolinea Iacona -, le Regioni classificate peggio sono anche quelle che sono dovute rientrare dai debiti. Si fanno tagli per rientrare dai debiti, ma questi tagli provocano la riduzione dei servizi, inefficienza e nessuna risorsa per innovare. Come possiamo uscire da questo circolo vizioso? “Io ritengo - prosegue Ricciardi - che questa situazione non possa essere risolta con l’attuale governance… il gap è talmente forte, queste regioni sono talmente in sofferenza che da sole non ce la possono fare. Avrebbero bisogno dello Stato centrale che però non può agire perchè la Costituzione glielo impedisce: la Costituzione affida questa “competenza” in maniera esclusiva alle regioni. Ci vorrebbe un nuovo assetto nel rapporto tra Stato e Regioni che consentisse allo Stato centrale di aiutare “praticamente” le regioni in difficoltà in modo da riportarle agli stessi livelli di assistenza di quelle del nord".

“Medici in Prima Linea” è un’inchiesta di Riccardo Iacona con Sabrina Carreras, Luigi Mastropaolo e Andrea Vignali.

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