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L'inchiesta / Giugliano in campania

Così un dentista copriva il reggente del clan Mallardo

Michele Olimpio sfruttava le “visite” a Giugliano per gestire gli affari del clan grazie a un medico che “si pisciava sotto”

Un certificato medico di cinque giorni per tornare a Giugliano. Sempre di cinque giorni in date stabilite dal ras del clan per permettergli di occuparsi degli affari del clan. È uno dei dettagli più inquietanti emersi dall'ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip Carla Sarno che ha portato in manette 25 persone ritenute legate al clan Mallardo. Uno squarcio sulla zona grigia che favorisce la camorra. Il protagonista della vicenda è il ras Michele Olimpio che riusciva a sfruttare una patologia medica per tornare in città e gestire gli affari del clan quando serviva la sua presenza. Olimpio utilizzava un medico odontoiatra per rientrare a Giugliano. Utilizzare è il verbo giusto visto che disponeva del professionista nonostante la sua ritrosia come emerge dalle carte dell'inchiesta.

Chi è Michele Olimpio

Ma chi è Olimpio. Si tratta di un uomo ritenuto di vertice nel clan facente parte dell'Alleanza di Secondigliano. Durante le indagini stava scontando una pena a trent'anni di carcere per l'omicidio di Luigi Giglioso avvenuto il 18 settembre 1997. A causa delle sue condizioni di salute, a partire dal dicembre 2015, venne autorizzato dal tribunale di Sorveglianza di Torino a scontare la sua pena prima in una casa di cura di Torino e poi in un'abitazione a Busano, sempre in provincia di Torino. Tra le patologie certificate la più grave era la tubolopatia renale con ipokaliemia, una malattia che provoca cali improvvisi di potassio. Tra i disturbi propri di questa malattia ci sono anche i danni all'arcata dentaria. È questo dettaglio che, secondo la Direzione distrettuale antimafia, Olimpio sfrutta per tornare “a casa”. Lo fa chiedendo al tribunale di Sorveglianza di potersi far visitare dal dentista Antonio Ciccarelli di Giugliano. I giudici gli accordano vari permessi, a partire dall'ottobre 2016 e ognuno di cinque giorni ciascuno, grazie ai quali riesce a tornare in Campania. I permessi ottenuti arrivano fino al dicembre 2017 quando però questo “meccanismo” ordito da Olimpio si inceppa.

La scusa delle cure mediche scoperta dai carabinieri

Nei giorni precedenti aveva chiesto al medico di preparargli un certificato con il quale si attestava che doveva svolgere dei lavori all'impianto che lo costringevano a lasciare i domiciliari dal 15 al 19 dicembre 2017. La motivazione medica viene accolta dal tribunale e Olimpio arriva a Giugliano venerdì 14 dicembre. Contatta il medico e convengono che si sarebbero dovuti incontrare il lunedì perché il sabato il centro medico era chiuso. Olimpio, però, quel sabato non lo trascorre nell'abitazione della sorella Lina dove il tribunale l'ha autorizzato a trasferirsi. Esce di casa e incontra suo cognato, Giuseppe Mallardo, “il fissato”. I carabinieri lo scoprono intercettando sia il cellulare della moglie che del figlio Raffaele. È proprio quest'ultimo a tradirsi “raccontando” ai carabinieri dove fosse il padre mentre parlava al cellulare. I militari allora vanno nell'appartamento dove doveva essere Olimpio e invece trovano la moglie. Lei non sa come spiegare il fatto che non ci sia e accampa la scusa che era dal dentista. Poi si mette a telefono e chiama sia lui, ma non lo trova, e allora prova con il figlio Raffaele. In questo momento quest'ultimo racconta che si trova con Mallardo svelando che di fatto il padre era in giro a “curare” gli affari del clan.

Il meccanismo si inceppa

Contemporaneamente i carabinieri si recano nel centro medico dove lavora Ciccarelli ma non trovano nessuno. È un tam-tam di telefonate fino a quando Olimpio non risponde al telefono e si rende conto della pericolosità della cosa. Allora contatta il dentista che redige un certificato con il quale attesta che sabato 15 intorno a mezzogiorno, il paziente era stato sottoposto a visita. Un certificato che i carabinieri sanno essere falso. Lo stesso professionista esprime le sue perplessità a Olimpio spiegando che aveva le immagini delle telecamere di sorveglianza ma che le telecamere erano puntate a terra. Una sottovalutazione delle “armi” nelle mani dei carabinieri che scrivono un'informativa al tribunale di sorveglianza di Torino in cui spiegano l'accaduto. Dopo tre mesi, Olimpio ci riprova. Il meccanismo è sempre lo stesso. Contatta Ciccarelli e gli chiede un certificato dal 22 al 27 marzo. Dice al medico di scrivere che “gli fanno male i denti” e si raccomanda che il certificato sia di cinque giorni ma soprattutto nei giorni richiesti.

La zona grigia a Giugliano: complicità o costrizione?

Il medico tentenna e quando redige il certificato scrive che si tratta di una visita di controllo. Olimpio ritiene questa motivazione di scarsa presa verso i giudici e se ne lamenta con il figlio Raffaele. “Quello si piscia sotto” risponde quest'ultimo ridendo a telefono. Sta di fatto che i giudici di Torino rigettano la sua istanza. Olimpio va su tutte le furie e collega questo diniego al fatto che Filippo Caracallo si era pentito e aveva reso delle dichiarazioni che facevano luce sul clan Mallardo. “E adesso si spiega perché non mi ha voluto mandare a Napoli. Quelli non sono scemi che andavo avanti così, hai capito o no?” si lamenta a telefono Olimpio. In realtà non poteva sapere quello che i carabinieri avevano scoperto nel corso della sua ultima trasferta. A fine marzo Olimpio sarebbe voluto scendere a Giugliano per risolvere di persona un “problema” che aveva colui che gli investigatori considerano il suo delfino, Stefano Cecere. Piano interrotto dagli investigatori che così mettono fine al “giochetto” messo in atto dal ras. Bisogna capire se con la complicità del medico o sotto costrizione da parte dell'uomo del clan. Per gli investigatori è però certa la circostanza che vede Ciccarelli protagonista di un favoreggiamento con la redazione di quel falso certificato che attestava la visita effettuata ma mai avvenuta. Uno spaccato inquietante che mostra la forza del clan Mallardo in città.

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