Si è tenuta ieri, in Corte d'Assise, la seconda udienza del processo sull'assassinio dei coniugi Luigi Simeone e Immacolata Assisi, trovati morti nell'aprile dello scorso anno nella cava Masseria Monticelli di Varcaturo. L'unico imputato è un 28enne, il fioraio di Pianura Antonio Riano.

I due furono ritrovati a pochi metri dal taxi di Simeone, incensurato con regolare licensa. In aula, è stato mostrato un video in cui si vede l'auto delle vittime partire da casa, a Melito, alle 20.59, poi prendere l'Asse Mediano ed uscire a Varcaturo. Lì, alle 21.21, c'era l'imputato ad aspettarli.

Le due auto a quel punto partono in direzione Qualiano, proprio verso quella cava dove da lì a 24 ore marito e moglie sarebbero stati trovati senza vita. Successivamente la vettura del 28enne, in compagnia della fidanzata, parcheggia sotto l'abitazione dei Simeone. Nel tragitto, secondo gli inquirenti presenti in aula, un sorpasso azzardato. In quello che secondo i pm è un viaggio in cui si stava allontanando dal luogo del delitto.

Tutti elementi che si aggiungono alle impronte digitali del fioraio ritrovate sul sangue delle vittime, per la precisione lasciate sulla portiera anteriore destra del taxi. Un quadro accusatorio – sebbene mai sia stata ritrovata la calibro 7.65 che ha materialmente sparato – molto difficile per l'imputato, in un processo che entro fine mese vedrà in aula, per l'interrogatorio, i più stretti parenti della coppia.

Il movente, secondo gli inquirenti, sarebbe la compravendita dell'appartamento di via Colonne a Melito. Il notaio, interrogato, smentisce la veridicità dell'atto: si tratta di un documento con un numero di protocollo di oltre 10 anni fa, periodo in cui la coppia uccisa acquistò originariamente la casa.