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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca

Porta Nolana - Mugnano 2 ore e 25 minuti: l'odissea del trasporto pubblico

Il racconto di una lettrice: "Partecipo al Basta Day della Circumvesuviana in qualità di cittadina, ma per tornare a casa succede di tutto. Per una gita a Roma avrei impiegato meno tempo"

Porta Nolana - Mugnano: una decina di km in linea d'aria e 2 ore e 25 minuti con il trasporto pubblico integrato partenopeo.

Mercoledì mattina, 12 dicembre, decido di partecipare al Basta Day della Circumvesuviana programmato per le 10.30 alla Stazione di Porta Nolana. Ci vado in qualità di cittadina, di lavoratrice, di utente del trasporto pubblico. Ci vado per comprendere cosa sta accadendo ad un'azienda che per tanti anni ha avuto un funzionamento impeccabile. Ci vado per sentire la voce dei macchinisti, degli altri utenti e dei commercianti locali.

Arrivo in perfetto orario, parto da casa con un passaggio in auto fino alla stazione metropolitana del Frullone, cambiando linea poi al Museo e giungendo infine a Piazza Garibaldi, da lì pochi passi fino a Porta Nolana.
Nessun problema, attendo le metro non più di dieci minuti (in altre città il tempo di attesa è minore, ma nel complesso qualche minuto di attesa in più mi sembra il minore dei mali).
Resto alla manifestazione più di un'ora, ascolto tutti e mi rendo conto che la situazione è diventata insostenibile: la soppressione delle corse a causa dei tagli alle spese ha generato una condizione di declino che ha esasperato tutti e il futuro è pieno d'incertezze e 'oscuri presagi'.
Per rientrare decido questa volta di prendere un filobus che direttamente da Porta Nolana arriva al Museo, per riprendere da lì la metro collinare. Oblitero regolarmente il mio biglietto e l'orario che segna la macchinetta è : 11.55.
'Mezzogiornomenocinque' quando mi rimetto ufficialmente in viaggio alla volta di casa. In linea d'aria saranno 10 km. Io dovrò cambiare tre mezzi pubblici (filobus, metro e poi un autobus che mi porti nei pressi di casa).

Il filobus è stracolmo, sembra un carro bestiame più che un mezzo pubblico di una grande città, la gente è stipata come sardine. Nonostante il freddo di questi giorni, dentro fa caldissimo: siamo troppi e ad ogni fermata la gente aumenta. I Semafori di via Foria rallentano una corsa che già sembra infinita, ma alla fine si scende e via verso la metropolitana. Una è fatta.
Il display luminoso alla stazione del Museo segna 'prossimo treno in arrivo tra 3 minuti', poi 2, poi 1, ma il treno non arriva. Ne trascorreranno altri 10, senza alcuna segnalazione o avviso di ritardo. Poco male, penso, non è poi un gran ritardo e del resto nessuno si lamenta. Figurarsi se a Napoli ci verrebbe mai in mente di lamentarci perché la metro fa 10 minuti di ritardo senza alcun avviso all'utenza, noi ringraziamo già solo per il fatto che ci sia una metro. I diritti diventano privilegi, favori. Siamo rassegnati.

Arriva una metro affollatissima, anche qui non si respira, ma sono 20-25 minuti sopportabili. E finalmente si scende. Sono a Chiaiano, la seconda è andata, ormai mi sento già a casa. M'incammino verso la fermata dell'autobus e mi fermo a leggere le informazioni sul display per capire quanto manca all'arrivo del primo bus utile. Sono le 12.53 (ci ho impiegato già un'ora per arrivare fin qui) e il primo autobus che attraversa i comuni a nord di Napoli è segnalato per le 13.12. Venti minuti, un tempo mostruoso per altre città, ma a me sembra fattibile. Aspetto. Dopo poco il display segnala nuovamente l'orario d'arrivo del bus, che intanto si è spostato a 13.18, poi 13.25, poi 13.35 e infine 13.50. E nessuno che possa darti un'informazione, una spiegazione.
Intanto la fermata si riempie di gente: è l'ora di punta, i ragazzi sono usciti da scuola e cominciano ad accumularsi i passeggeri delle metro in continuo arrivo. Chiaiano è una stazione di snodo, cruciale per l'area nord, ci si concentrano migliaia di persone al giorno.
Alle 13.30 passa finalmente un primo autobus, che non è proprio quello utile per me, ma mi avvicina a casa e, a questo punto, mi può bastare, mi accontento. Ovviamente questo stesso ragionamento l'ha fatto l'intera folla inferocita ed esasperata dall'attesa. E il bus riparte senza di me e senza l'80 per cento della gente che ha tentato di salirci a suon di calci, pugni e maleparole. Una guerra, e per cosa? Solo per cercare di rientrare a casa.
Passano altri 10 minuti e finalmente il 'mio' autobus arriva. Sono le 13.45 circa (era segnalato per le 13.50 ma si è anticipato, che fortuna!). Anche questo ovviamente è preso d'assalto. questa volta ci provo con maggiore convinzione, se guerra deve essere allora guerra sia. Ma niente da fare, ne esco di nuovo perdente e pure un poco acciaccata. Se avessi saputo che poteva tornarmi così utile un giorno, avrei seguito un corso di arti marziali.
Ma possibile che bisogna ridursi così, a farsi la guerra e scalciare per accaparrarsi l'ingresso su un autobus? E' possibile che questo accada in un paese civile? E' a questo che è servita l'austerità, la spendig review, 'i sacrifici' richiesti sempre agli stessi? A trasformarci in bestie incattivite e abbrutite dal disagio e dalla morsa delle difficoltà quotidiane?
Basta. Non ne posso più di tutto questo e di prendere freddo alla fermata: decido di rientrare a piedi. Sono stanca, ho freddo e ho dietro attrezzatura di lavoro pesante e costosa, ma preferisco rischiare e percorre i 3-4 km che mi separano da casa (in un tragitto che non è proprio dei migliori o dei più 'sicuri') piuttosto che restare ancora ferma lì.

Quando rientro in casa sono le 14.20. Per una gita a Roma avrei impiegato meno tempo.
Una giornata eccezionalmente sfortunata? Un evento unico? La normalità del trasporto pubblico integrato è tutt'altra? Lo spero. Perché altrimenti chi vive in provincia è destinato a restare sempre di più fuori dalla città, separato da una barriera fatta di disagi, attese e disservizi.

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