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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

Guarisce dal Covid e reinventa il suo lavoro: la storia del personal trainer (online)

Autunno duro per Salvatore Tirozzi, giovane istruttore e personal trainer che lavora in una palestra del centro storico di Napoli. Nonostante il Covid e la chiusura delle palestre non si è dato per vinto. L'intervista

La storia di Salvatore dalle traversie con l’ASL quando è risultato positivo al virus fino alle complicazioni lavorative e la crisi sorte dopo il nuovo stop dato dal DPCM del 24 ottobre

È stato un autunno particolarmente duro per Salvatore Tirozzi, giovane istruttore e personal trainer che lavora in una palestra del centro storico di Napoli. Lui è risultato positivo al Coronavirus a ottobre, quando la seconda ondata del contagio ha incalzato senza tregua.

Si è manifestata con i sintomi di un’influenza, ma è stato sufficiente per spingerlo a fare immediatamente il test in uno studio privato, senza aspettare eventuali complicazioni. Da qui c’è l’isolamento casalingo da giostrare con la famiglia dove ci sono i suoi due bimbi piccoli e le peripezie con l’ASL di competenza che giunge al culmine con il tampone di verifica che ne attesta la guarigione. Fortunatamente, il decorso della malattia è stato leggero e il virus è andato via senza lasciare strascichi.

La fine della malattia e della quarantena sono coincise con un altro avvenimento che ha messo a dura prova Tirozzi: la repentina chiusura delle palestre e piscine con il precedente DPCM del 24 ottobre. Un tiro mancino che non aiuta i lavoratori e i liberi professionisti che, come lui, lavorano in quelle strutture e che dalla riapertura post lockdown non sono mai riusciti a risollevarsi.

Salvatore resta ottimista e, nonostante le vicissitudini degli ultimi mesi, non si dà per vinto, forte anche di un nuovo modo di percepire la vita dopo aver vissuto sulla sua pelle il Covid, si rimbocca le maniche per andare aventi.

Salvatore, come hai scoperto di avere il Covid-19? Con quali sintomi si è manifestato?

Ho avvertito brividi di freddo, stanchezza e dolori muscolari seguiti da febbre altalenante tra i 37,5 e 38,5. Il tutto è durato un paio di giorni, ovviamente con le dovute cure. Immediatamente mi sono allarmato considerando l'ondata dei contagi, inoltre, per il mio lavoro sono stato a contatto con molte persone. Nel rispetto e nella tutela di tutti, in primis della mia famiglia, ho sentito il bisogno di prenotare un tampone. Ne ho parlato con il mio medico e ho prenotato subito il test presso uno studio privato”.

Quando si scopre di essere affetti dal virus, quali sono i problemi quotidiani che vengono fuori ma dei quali ancora non si parla?

Sicuramente c'è tanta paura da parte di chi ti sta attorno. Vieni visto un po' come un "untore" dal quale stare lontano. Una situazione un po' surreale. Poi a questa si aggiunge la totale assenza da parte di chi dovrebbe seguirti nel percorso di questa malattia (autorità di competenza) dandoti un supporto psicologico ma soprattutto delle linee guida precise…”

Cioè?

Credo che la presenza e il supporto dell'ASL di competenza sia il minimo che ci debba essere in queste circostanze. Io mi reputo un fortunato poiché i miei sintomi non sono stati gravissimi e ho avuto la mia famiglia che mi ha assistito sia fisicamente che psicologicamente ma le persone che sono state colpite più violentemente o che sono sole, non hanno avuto alcun tipo di supporto e molte si sono lasciate andare. Il sistema sanitario, "forte" del precedente, doveva essere più preparato durante questa seconda ondata e doveva seguire in maniera più presente, le persone colpite”.

A tua moglie e ai tuoi figli non sono stati effettuati gli accertamenti. In genere, sono opportuni fare. Nel vostro caso, come mai non sono stati consigliati?

La segnalazione all' ASL da parte del medico di base e dalla pediatra è stata fatta senza però avere nessun riscontro, nemmeno telefonico da parte di chi doveva occuparsene. Di nostra iniziativa abbiamo deciso di rimanere tutti e 4 in isolamento per 15 giorni, dopodiché, L'ASL mi ha contattato dicendomi di recarmi in ospedale per il tampone di verifica. Dalla risposta del tampone (per fortuna negativo), la mia famiglia e io siamo rimasti in isolamento per altri 20 giorni”.

Riguardo i tamponi qual è stata la tua esperienza?

Bella domanda. Direi pessima visto che il primo tampone l'ho fatto presso uno studio privato ovviamente a mie spese”.

I tamponi restano tra i punti complicati della gestione dell’emergenza. Nel tuo caso, fare il tampone di verifica, non è stato semplice. Avendolo vissuto sulla tua pelle, dove continua a stare la matassa?

Per il secondo tampone di verifica l’ASL 1, Frullone, non conoscendo ancora il mio stato, mi ha chiesto di recarmi in ospedale dove nel caso fossi stato ancora positivo avrei potuto contagiare altre 200 persone, compresi bambini e anziani, che erano lì come me. Il problema è che c'è una disorganizzazione di base, laddove dovrebbe esserci un'unica squadra (governo, ospedali e forze dell'ordine) che lavori insieme sinergicamente. Si fa a scaricabarile e ognuno lavora per sé”.

Quando hai saputo che il virus, finalmente, è andato via cosa hai pensato?

Che sono stato molto fortunato considerando che ci sono persone che lo stanno vivendo in forma molto più grave e pericolosa rispetto alla mia”.

Saranno tante le riflessioni che si fanno durante l’isolamento e anche dopo, soprattutto, se hai avuto modo di confrontarti con altre persone che sono state positive al Covid. Si cambia prospettiva nel vedere le cose?

Sicuramente sì, soprattutto per quanto riguarda la propria salute si cerca di avere più attenzione per il proprio benessere, ma le riflessioni principali si fanno proprio in virtù del fatto che c'è tanta rabbia sentendosi abbandonati a sé stessi da chi invece dovrebbe tutelarci. Il compito dell'ASL dovrebbe essere quello di seguire e monitorare le persone colpite. Mi rendo conto che la situazione coinvolge il mondo intero e la mole di lavoro per il sistema sanitario è notevole, ma sono stati impreparati e questo è inaccettabile visto che già a giugno si parlava di un possibile aumento della curva epidemiologica che ci sarebbe stata tra settembre e ottobre. Per non parlare della impossibilità di comunicare con l'ASL, anche solo telefonicamente per chiedere un supporto oppure un consiglio nella gestione dei sintomi e i medici di base che non sapevano a loro volta cosa e come gestire il tutto”.

Quando sei guarito dal Covid hai affrontato un altro problema, la chiusura delle palestre. Lavorativamente, è stato un duro contraccolpo.

Durissimo. Anche perché in famiglia lavoro solo io ed ho delle responsabilità nei loro confronti. Per fortuna dopo tanti anni di esperienza ho imparato a reagire sempre positivamente alle difficoltà reinventando ogni giorno il mio lavoro in base anche alle necessità del momento”.

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Quando la palestra dove lavori come istruttore è ripartita quanti iscritti contava?

Purtroppo pochi perché c'era ancora tanta paura legata alla possibilità di contagiarsi anche se noi avevamo adottato tutti i protocolli di sicurezza”.

Pensi che le palestre siano tra le attività più colpite da una sorta di ‘pregiudizio’ essendo considerate dalle persone come uno dei luoghi in cui le probabilità di contagiarsi potrebbero essere più alte?

Le palestre sono state le prime a essere chiuse ma è un controsenso se poi le altre attività, prima della zona rossa, sono state sempre aperte senza alcun controllo per quanto riguarda gli assembramenti. Non è stato provato scientificamente che le palestre erano e sono i luoghi di maggiore contagio. C'è una totale incompetenza e superficialità da parte del governo nella gestione delle scelte. Il contagio avviene con contatti ravvicinati, con gli assembramenti, con il mancato utilizzo delle mascherine e delle norme igienico sanitarie. Le palestre, a loro spese, si sono adeguate a rispettare tutti i protocolli. Non c’è un motivo logico della loro chiusura così prematura, considerato poi che nei mezzi pubblici super affollati, nei supermercati, fuori dai bar per gli aperitivi e per strada c'erano assembramenti continui senza rispettare né distanza né l'uso corretto della mascherina”.

Invece, per quanto riguarda la questione dei ristori?

Lasciamo perdere. Se io non avessi la capacità di reinventare il mio lavoro solo con le mie forze ora sarei in enorme difficoltà economica, dovendo occuparmi del sostentamento della mia famiglia, di un mutuo e delle utenze da pagare. Siamo stanchi e ne abbiamo le tasche piene delle tante belle parole che ci propinano quotidianamente e dei sostegni che dovrebbero arrivare ma non arrivano oppure arrivano con molto ritardo perché la burocrazia del nostro paese è peggio dei gironi dell'Inferno di Dante”.

La palestra dove lavori è tra quelle che è riuscita ad adottare i protocolli di sicurezza. Per i tamponi riservati allo staff si è dovuti ricorrere ai laboratori privati e non all’ASL di riferimento. Perché?

Perché L'ASL di competenza non riteneva opportuno fare i tamponi se non c'erano manifestazioni di sintomi particolari”.

Palestre, cinema e teatri nonostante abbiano applicato le norme sanitarie hanno chiuso prima ancora di rimettersi economicamente in pari. Per quanto riguarda il vostro settore e per coloro che ci lavorano, quale aria tirerà nei prossimi mesi?

Una pessima situazione considerando che uscendo dal primo lockdown si stava provando a ripartire facendo recuperare in primis gli abbonamenti agli iscritti che non ne hanno potuto usufruire a marzo ed aprile, quindi senza nuove entrate. Ora, mi restano due possibili visioni della situazione: quella speranzosa e ottimista che mi vede ragionare sulla possibile riapertura delle palestre a dicembre. Poi, c’è quella realistica che mi fa intravedere qualche spiraglio, forse, per gennaio. Anche perché se per il governo è stato così fondamentale e facile chiudere per prime le palestre, sarà altrettanto facile riaprirle per ultime. Tutto questo sarà un durissimo colpo per quelle poche palestre che riusciranno a rimanere a galla e che riapriranno. Purtroppo ci sarà ancora tanta paura da parte dei frequentatori delle palestre che, ovviamente, temporeggeranno prima di ritornare e di conseguenza sarà un problema per chi ci lavora all'interno, ovvero la mia categoria, perché venendo a mancare la clientela, la struttura, a sua volta, non potrà tenere personale in eccedenza. Noi istruttori e personal trainer ci ritroveremo di nuovo da soli”.

Tu però non ti sei dato per vinto e ti sei rimboccato le maniche. Ci racconti come?

Per forza! Se mi fossi fatto sopraffare dagli eventi ora sarei in una situazione difficilissima. Per fortuna mai come in questo periodo, la tecnologia mi è tornata molto utile consentendomi di organizzare il mio lavoro online con delle lezioni collettive di fitness. A seguirmi ci sono molti dei miei allievi che già seguivo in palestra. Facciamo lezione attraverso delle dirette su Facebook”.

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