rotate-mobile
Cronaca

Patrizio Oliva dalla strada all'oro Olimpico: "No alle rapine, la dignità non ha padroni"

Il 56enne ex pugile, campione del mondo dei pesi superleggeri, racconta in una intervista la sua vita e il suo amore per Napoli

Patrizio Oliva, campione nel mondo WBA di Boxe, pesi superleggeri, ha ripercorso alcuni dei passi più importanti della sua vita e della sua carriera in un'intervista a Repubblica.

Ecco alcune dichiarazioni del 56enne: "I momenti più della carriera sono stati l'oro Olimpico vinto a Mosca contro un sovietico e la conquista del mondiale superleggeri contro l'argentino Ubaldo Sacco. Fuidato da un’unica motivazione: dare ai miei genitori la felicità che avevano perso con la morte di mio fratello, quando avevo 12 anni e lui 15. Avevo deciso che la sua vita doveva risorgere nei miei guantoni. È stato l’unico obiettivo della mia carriera, mai pensato ai soldi.

LE SFIDE - "Affronto così ogni cosa. Dopo il ring sono stato tecnico, attore. Sul ring per i miei avversari ero quello baldanzoso e sicuro, ma in fondo c’era un uomo che aveva le sue paure, le angosce. Ho dovuto recitare".

SOPRANNOME - "Lo sparviero è un rapace esile ed elegante, che attacca la preda alla prima distrazione. Quando ho iniziato pesavo 30 kg, tutto potevo fare fuorché il pugile. Poi ebbi un infortunio alla mano destra: osteoporosi. Ogni colpo una frattura. Diventai mancino, sono l’unico pugile campione con una sola mano"

LA STRADA - "Avevo talento e fortuna. Ma sono le motivazioni a fare la differenza, ti sprigionano forze invisibili. Dico ai ragazzi che incontro: guardate da dove vengo io. I miei compagni di quartiere erano sempre seduti fuori al bar, mi chiedevano cosa andassi a fare in palestra: vieni a fare una rapina con noi, ti metti i soldi in tasca. Oggi quando passo li trovo ancora buttati là. I miei genitori mi hanno messo in guardia da questa vita, io non accettavo di fare quella fine. La dignità non ha padroni".

LA FAMIGLIA - "Mio padre era operaio, per dare una mano facevo il saldatore ma quando tornavo non riuscivo a tenere gli occhi aperti né chiusi per il bruciore. Ci mettevo sopra delle fette di patate, tiravano via il nero. Fu mio padre a dire basta, avrei dovuto pensare solo a quel pugilato di cui mi innamorai a otto anni. Le prime volte alla Fulgor ci arrivavo correndo, non avevo neppure i soldi per il pullman".

L'AMORE PER NAPOLI -  "Ho vissuto a Formia ma non durò molto, tornammo a vivere nei Quartieri. Siamo innamorati di questa città: il profumo delle cucine, delle botteghe. Passi e ti offrono il caffè, succede solo qui". 

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Patrizio Oliva dalla strada all'oro Olimpico: "No alle rapine, la dignità non ha padroni"

NapoliToday è in caricamento