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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca Sant'anastasia

Giulia uccisa dal fidanzato, parla l'avvocato del killer: "Sta uscendo da un'allucinazione"

Alessandro Impagnatiello, il 30enne reo confesso per aver accoltellato a morte e poi provato a dare alle fiamme la ragazza da cui aspettava un figlio, viene descritto così dal suo legale. Per gli inquirenti il gesto era premeditato

“Come se stesse piano piano uscendo da un'allucinazione, da una situazione di cui ha iniziato probabilmente a rendersi conto solo ieri sera".
Alessandro Impagnatiello, barman 30enne in carcere reo confesso dell'omicidio di Giulia Tramontano, viene descritto così dal suo avvocato, Sebastiano Sartori. Il legale ha aggiunto anche che la madre e il fratello dell'uomo sono "sotto choc, distrutti" per quello che è accaduto.
Impagnatiello si trova nel carcere milanese di San Vittore, accusato di omicidio volontario, interruzione non consensuale di gravidanza e occultamento di cadavere. Gli sarà anche contestata, con ogni probabilità, l'aggravante della premeditazione.

L'omicidio a sangue freddo. Gli inquirenti: “Tutto premeditato”

L'omicidio della 29enne napoletana, incinta di 7 mesi, si sarebbe consumato sabato sera nella casa di Senago dove la coppia abitava, dopo le 19.05, ora dell’ultima volta che Giulia è stata inquadrata dalle telecamere di videosorveglianza. Il barman l'avrebbe colpita con due o tre coltellate mirate a organi vitali, prima di tentare di bruciare il corpo nella vasca da bagno utilizzando dell’alcol etilico. Non riuscendoci - da quello raccontato durante la confessione resa nella notte agli inquirenti - si sarebbe spostato in un box, dove avrebbe provato nuovamente a dar fuoco al corpo utilizzando una tanica di benzina.

Iacopo Mannucci Benincasa, durante la conferenza stampa convocata in procura a seguito del fermo del 30enne, ha spiegato che l'omicidio è qualificato dagli inquirenti come premeditato. E questo “per le chat, i messaggi e le ricerche su internet che ci dicono che l’assassino prima di incontrare la sua vittima aveva già in animo di ucciderla”. “Sono state proprio le ricerche in rete che ci hanno consentito di capire che stava aspettando la ragazza a casa e aveva già deciso come ucciderla e come disfarsi del cadavere”, ha aggiunto la pm Alessia Menegazzo, aggiungendo che proprio “il combinato disposto delle telecamere, delle stringhe di ricerca e degli arrivi ci ha consentito di avere orari precisi” sugli spostamenti di Impagnatiello.

Il movente

Ma perché assassinare in modo premeditato la sua compagna, la donna dalla quale aspettava peraltro un figlio? A quanto pare Giulia aveva scoperto, proprio sabato, che il compagno l'avesse tradita. Aveva incontrato anche l'altra ragazza, che sarebbe stata anche lei incinta e avrebbe abortito, per poi rientrare a casa. Lì l'ultima lite e poi il terribile epilogo.

La testimonianza chiave per gli inquirenti

Il pomeriggio di sabato Giulia aveva incontrato un'altra ragazza, una 23enne inglese, quella che si è scoperta fosse l'altra frequentazione del barman 30enne adesso in carcere. È stata proprio lei a rivelarsi testimonianza chiave per gli inquirenti. Nessuna delle due sapeva dell'altra, la 23enne era anche lei rimasta incinta dell'uomo ma aveva deciso di non tenere il bambino. Tra Giulia e la ragazza inglese è nata – racconta quest'ultima – subito una buona intesa, una “forma di solidarietà”. Si sono confrontate sui "maltrattamenti", "bugie" comprese, che l'uomo avrebbe messo in atto con entrambe. "Se hai problemi quando torni a casa, vieni a stare da me", le ha poi detto la 23enne a Giulia prima che questa tornasse a Senago, dove poi avrebbe trovato la morte per mano del compagno.

Col cadavere di Giulia non ancora nascosto, il killer pare sia uscito e verso le 2 di notte si sia presentato sotto casa dell'altra donna cercando di entrare. Ma lei "spaventata" non ha aperto. La ragazza inglese a quel punto ha provato a contattare Giulia preoccupata, ma – dopo tempo – si è vista rispondere un “ti ho mentito, lasciami in pace” su WhatApp. Era la stessa mano che poco prima aveva scritto alla mamma di Giulia dicendo che andava tutto bene. Quella dell'omicida.

Dopo l'assassinio

"Non ti preoccupare madre ora vado a riposare". Questo è l'ultimo messaggio inviato dallo smartphone di Giulia a sua mamma. Messaggio che però per gli inquirenti è stato Impagnatiello e scrivere, dopo che la 29enne era già stata uccisa.
La mattina dopo Impagnatiello è andato a lavorare, per poi presentare nel pomeriggio la denuncia della scomparsa di Giulia, quando già da ore i suoi familiari si erano allarmati.

Il 30enne, dopo essersi chiuso per giorni a casa, è crollato ieri all'arrivo dei carabinieri nel suo appartamento per dei rilievi. Avevano già trovato tracce ematiche nella sua auto. A quel punto ha rivelato tutto, anche dove si trovasse il corpo della fidanzata: l'aveva nascosta in un’area verde abbandonata a non più di 700 metri da casa loro, in un'intercapedine dietro ai box di una palazzina.

La famiglia di Giulia

Chiara Tramontano, la sorella di Giulia, era stata tra i familiari più attivi sui social durante le ricerche, nelle ore della speranza. Dopo il ritrovamento del corpo della ragazza ha affidato a una storia su Instagram i suoi pensieri. "Grazie di averci dato la speranza di trovarla. Grazie di averci creduto ed aiutato – sono state le sue parole – Grazie dal profondo del cuore di una famiglia distrutta, di fratelli che non hanno avuto la possibilità di cullare il proprio nipote. Di genitori che sono stati privati del diritto di essere tali. La nostra famiglia sarà per sempre unita come in questa foto".

"Analogie con il caso di Carla Caiazzo"

"Quello che è accaduto a Giulia ha tristi analogie con il caso di Carla e questo dimostra che non bastano solo buone leggi ma che serve anche una reale formazione di chi deve occuparsi di prevenzione e tutela delle cosiddette 'fasce deboli'". Così all'Ansa l'avvocato Maurizio Zuccaro, ex legale di Carla Ilenia Caiazzo, la 39enne che, nel 2016 a Pozzuoli, fu vittima di una storia analoga a quella odierna. Una storia che ebbe fortunatamente un esito diverso: Carla riuscì infatti a salvarsi dalle fiamme appiccate dal suo ex che le devastarono il viso. "Un miracolo che cammina", in sostanza, come lei stessa ebbe a definirsi. E anche la bimba che portava in grembo si salvò. L'uomo che tentò di ucciderla, Paolo Pietropalo, è stato condannato a 18 anni di reclusione. "Occorre una rivoluzione copernicana - dice l'avvocato Zuccaro, promotore di una proposta di legge sull'omicidio di identità - che parta dalle scuole per insegnare alle nuove generazioni il rispetto e la tutela delle diversità".

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