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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca Torre annunziata / Via IV Novembre

Omicidio Cerrato: non si conosce ancora l'identità di chi ha sferrato la coltellata

Il decreto di fermo emesso dalla procura di Torre Annunziata ricostruisce la dinamica dei fatti basandosi sulla versione fornita dalla figlia Maria Adriana. Neanche lei ha però visto chi ha colpito il padre a morte

Emerge un dato chiaro dal decreto di fermo emesso dalla procura di Torre Annunziata ai danni di quattro persone accusate in concorso dell'omicidio di Maurizio Cerrato. Al momento gli investigatori non hanno ancora la certezza su chi abbia materialmente sferrato la coltellata che ha tolto la vita al 61enne. Sia le dichiarazioni della figlia Maria Adriana che quelle reticenti degli altri testimoni presenti sul posto non fugano i dubbi rispetto a questo elemento. Negli interrogatori effettuati nelle ore successive al delitto sono stati identificati i quattro partecipanti alla spedizione punitiva con la quale è stata tolta la vita al custode degli scavi di Pompei. Non è stato, però al momento, stabilire chi abbia sferrato il fendente mortale. Le risultanze investigative per ora si basano principalmente sui racconti dati in tre diverse occasioni dalla ragazza che ha visto assassinare il padre davanti ai suoi occhi. Nonostante questo, però, le convulse fasi dell'accerchiamento di cui è stato vittima il padre non le hanno permesso di distinguere chi l'abbia accoltellato.

Le ricostruzioni della figlia della vittima 

È certa dell'identità delle quattro persone che l'hanno aggredito e poi bloccato per ucciderlo ma non di chi l'abbia colpito. Le sue dichiarazioni sono state raccolte poche ore dopo il delitto e poi il 20 e il 21 aprile nel corso di due distinti interrogatori. La sua ricostruzione è stata concordante in tutti e tre i casi e il riconoscimento fotografico degli autori ha avuto un esito concorde in due occasioni. Nel corso del primo interrogatorio la 20enne ha spiegato l'esatta dinamica dei fatti. Intorno alle 15 e 20 del 19 aprile la ragazza parcheggia l'auto nei pressi dell'abitazione di un indagato spostando la sedia e il masso con il quale veniva occupato il posto auto lungo via IV novembre. Si reca in ufficio lì vicino, un'agenzia di comunicazione web, e torna sul posto intorno alle 18 e 50. In quel momento si rende conto che le è stato bucato uno pneumatico dell'auto. Chiede l'aiuto del padre Maurizio e nel frattempo si affaccia al balcone Rosa Scaramella, prima protagonista della vicenda ma non coinvolta nel decreto di fermo. La donna comincia a inveire contro la ragazza. Arrivato Maurizio Cerrato sul posto si sposta insieme alla figlia nel vicino garage per riparare la gomma.

La prima aggressione 

In quel momento entrano sia Rosa che il fratello Giorgio Scaramella, primo indagato a far ingresso nella vicenda con un ruolo che successivamente verrà ritenuto fondamentale dagli investigatori. Comincia un litigio che vede protagonisti prima le due donne. Rosa Scaramella graffia a più riprese Maria Adriana provocandole delle ferite. La situazione peggiora quando entra in azione il fratello Giorgio che comincia a inveire e provare a fare delle foto alla ragazza minacciandola di morte. Poi scatta la colluttazione con il padre che prova a difendere la figlia. Scaramella colpisce Cerrato con un cric provocandogli una ferita al sopracciglio, un buco lo descrive la figlia. Cerrato reagisce colpendo Scaramella e rompendogli gli occhiali. La situazione sembra tornare tranquilla per un attimo. A provare a calmarla è stata proprio Rosa Scaramella che è stata anche colpita dal fratello Giorgio che infuriato abbandona il luogo mentre Cerrato, la figlia e Rosa Scaramella continuano a parlare tanto che lo stesso Cerrato si offre di ripagare gli occhiali al fratello.

La spedizione mortale 

Dopo qualche minuto arrivano sul posto quattro persone. Una di queste è Giorgio Scaramella, arrivato a bordo di un Honda Sh. Su un altro scooter arrivano altre due persone e una quarta a piedi. La persona a piedi è Domenico Scaramella, fratello di Giorgio e arrivato sul posto su espressa richiesta del fratello per dargli manforte. A lui si rivolge Maurizio Cerrato per provare a parlare e a chiarire la situazione. Ne riceve invece un attacco coordinato partito dopo un cenno d'intesa di Domenico Scaramella verso altre due persone identificate successivamente in Antonio Venditto e Antonio Cirillo. I quattro accerchiano Cerrato e lo gettano contro l'auto della figlia e contro un'altra auto presente nel parcheggio. Cominciano a colpirlo con dei pugni fino a quando non si allontanano dall'uomo che si tocca al petto allargandosi il giubbotto. Scoprendo la camicia si nota immediatamente una macchia rossa al petto. L'uomo è stato accoltellato ma Maria Adriana non è riuscita a vedere chi abbia sferrato il colpo. Nel tentativo di salvare il padre gli presta subito soccorso e viene aiutata a metterlo in macchina da Venditto. La 20enne inizia una corsa disperata all'ospedale San Leonardo di Castellammare dove però il padre arriva già morto. I medici le riferiscono che a ucciderlo è stata una ferita d'arma da taglio al petto. È il primo momento in cui Maria Adriana realizza che il padre sia stato accoltellato. A differenza di Venditto, gli altri autori del gesto, invece, scappano dal parcheggio a piedi o a bordo degli scooter.

I successivi interrogatori 

In un primo interrogatorio, Maria Adriana riferisce che sono arrivate cinque o sei persone per colpire il padre. Circostanza rettificata nei due interrogatori successivi nel corso dei quali ha riconosciuto nel dettaglio tutti gli autori del raid. Successivamente Maria Adriana ha anche ricordato che Giorgio l'aveva minacciata rincorrendola e provando a farle delle foto. Inoltre ha ricordato che Giorgio Scaramella le aveva annunciato che avrebbe chiamato il fratello, il cognato e il genero per farli punire. Il racconto della figlia della vittima è stato ritenuto dal procuratore Nunzio Fragliasso e dal sostituto Giuliana Moccia, che hanno firmato il decreto di fermo, assolutamente attendibile e coerente.

Gli altri testimoni oculari 

Diversa opinione hanno i magistrati delle altre persone presenti sul posto e testimoni oculari del delitto. Al momento dei fatti c'erano anche il proprietario del garage, suo fratello e un frequentatore occasionale del garage. Riferendosi in particolare alle dichiarazioni rese dal proprietario del garage, i magistrati le definiscono omertose e reticenti. L'uomo, interrogato, subito dopo i fatti, ha raccontato di aver visto Giorgio e Rosa Scaramella litigare con Maurizio Cerrato e sua figlia ma di essere sicuro che nessuno dei due abbia partecipato poi alla colluttazione durante la quale è stato accoltellato il 61enne. Inoltre ha riferito di non aver visto nessun coltello e di non conoscere nessuno degli aggressori. Rispetto a queste circostanze è arrivata la patente di inattendibilità della procura e la stigmatizzazione del suo atteggiamento reticente. Secondo i magistrati, non potendo far a meno di riconoscere i due protagonisti della vicenda che abitano a pochi metri dal suo parcheggio, ha provato a minimizzare il loro contributo nella vicenda. In particolare alleviando la posizione di Giorgio Scaramella. Simile la versione del fratello rispetto alla prima parte dell'aggressione e meno dettagliata rispetto alla seconda parte dell'aggressione. Anche nel suo caso sono arrivate le parole di censura dei firmatari del decreto di fermo. Non rilevante, invece, la dichiarazione del visitatore del garage che ha confermato i fatti raccontati dalla figlia della vittima senza però riuscire a riconoscere i protagonisti.

La versione degli indagati 

Completamente contraddittorie, invece, le dichiarazioni rese dai protagonisti della vicenda alle forze dell'ordine. Dopo essersi presentati spontaneamente ai carabinieri hanno riferito versioni incomplete o contraddittorie. Rosa Scaramella ha confermato la lite avuta insieme al fratello Giorgio ma non ha saputo dare dettagli rispetto alla seconda parte letale dell'aggressione, non riconoscendo nessuno dei componenti del gruppo, nemmeno l'altro fratello Domenico. Giorgio Scaramella ha, invece, dichiarato di essere andato a casa di Venditto e di essere rimasto lì dopo la lite e di non aver partecipato alla spedizione punitiva. Domenico Scaramella ha, invece, dichiarato di essere sul posto e di aver visto una lite in corso in cui ha riconosciuto Cirillo, suo cugino di secondo grado. Proprio le dichiarazioni di Domenico hanno fatto entrare in “campo” la figura di Cirillo, in un primo momento non identificato dalla figlia della vittima, riconoscimento avvenuto nel corso dei successivi interrogatori. Venditto ha fornito, invece, come alibi quello di essere rimasto a casa. Alibi ritenuto palesemente falso dalla procura visto poi il suo coinvolgimento nella vicenda e il riconoscimento della figlia della vittima anche come colui che l'ha aiutata a mettere il padre nell'auto.

I riconoscimenti fotografici

Tutte versioni ritenute non attendibili dalla procura che ha scelto di credere interamente alla versione di Maria Adriana, integrata con dettagli e riconoscimenti nel corso dei tre interrogatori sostenuti. La figlia della vittima ha di fatto riconosciuto subito Giorgio e Domenico Scaramella e il Antonio Venditto, oltre che Rosa Scaramella, tramite un riconoscimento fotografico. Ha successivamente riconosciuto anche Cirillo nel corso di un secondo riconoscimento sostenuto dopo che gli investigatori sono riusciti a inserire anche quest'ultimo nel contesto dell'aggressione. Resta da stabilire adesso con precisione chi abbia sferrato il fendente mortale. In questo potranno essere fondamentali gli accertamenti tecnici. 

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