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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca

La rinascita di Noemi, la psicologa alla famiglia: "Dovete parlare dell'agguato"

“Non parlare dell’evento traumatico può solo alimentare quel senso di incomprensione che spinge la bambina a crearsi fantasie per cercare di spiegarsi quel che sente”. L’intervista alla dott.ssa Carmen Cuozzo, esperta in terapia familiare e sistemico-relazionale

La piccola Noemi si è svegliata dopo sette giorni di coma indotto. La bambina, di soli 4 anni, era rimasta ferita insieme alla nonna, il 3 maggio scorso durante un agguato di camorra in piazza Nazionale. Le indagini hanno portato all’arresto di due uomini ritenuti coinvolti in attività illecite legate al traffico di droga. Tra i due ci sarebbe il presunto killer che - come si vede nel video shock diffuso sul web - ha sparato in mezzo alla folla in pieno giorno e scavalcato con indifferenza due volte la piccola Noemi rimasta a terra. Ricoverata d’urgenza, la bambina è stata subito operata dai medici dell’Ospedale pediatrico Santobono che le hanno estratto un proiettile che le aveva perforato un polmone e si era conficcato tra le costole. Dopo sette giorni di coma farmacologico indotto, la piccola Noemi ha finalmente aperto gli occhi e chiesto subito della mamma e delle sue bambole. Attualmente respira spontaneamente supportata da cicli di ventilazione con ossigeno, ma la prognosi resta ancora riservata. Noemi non è ancora fuori pericolo ma i medici sono ottimisti. L’equipe di fisioterapisti è già a lavoro: ha avviato il programma per la riabilitazione della piccola. Oltre ai traumi fisici ci sono, però, anche quelli psicologici, più profondi e difficili da superare. Nessun bambino dovrebbe vivere situazioni simili a quella che sì è verificata il 3 maggio in Piazza Nazionale. Se per un adulto metabolizzare un trauma richiede un lungo percorso di recupero, per un bambino la riabilitazione è ancora più lunga e complessa. Questo perché a questa età si è ancora in una fase di costruzione di significato del mondo che li circonda, e un evento traumatico di questo tipo può avere conseguenze importanti sulla mente e sul comportamento futuro del bambino. NapoliToday ha intervistato la dott.ssa Carmen Cuozzo, psicologa esperta in terapia familiare e sistemico-relazionale, per capire quale percorso deve affrontare un bambino che subisce un trauma come quello che ha subito di Noemi e quale ruolo deve avere la famiglia nel percorso di psicoterapia.

La piccola Noemi si è, finalmente, svegliata dal coma indotto dopo essere stata ferita in un agguato di camorra. Quale impatto può avere sulla sferica psicologica di una bambina di soli 4 anni un evento traumatico di questo tipo?

“Gli eventi traumatici, nello specifico eventi fortemente violenti e aggressivi che si ripercuotono sul proprio corpo, hanno un profondo impatto sensoriale sui bambini piccoli. In modo molto generale, il trauma può essere definito come un evento imprevisto, improvviso e imprevedibile che la persona sperimenta come destabilizzante e devastante. Dunque ciò che va a compromettere, soprattutto in bambini piccoli come Noemi, è il loro senso di sicurezza, rimandando ad una forte condizione di impotenza che provoca un flusso di sensazioni incontenibili. Il loro senso di sicurezza, infatti, può essere sconvolto da stimoli visivi spaventosi, rumori forti, movimenti violenti, e altre sensazioni associate a un evento imprevedibile e pauroso. Le immagini spaventose, inoltre, possono ripresentarsi sotto forma di incubi, nuove paure e giochi che rimettono in scena l’evento. Inoltre, ciò che rende ancora più vulnerabili i bambini piccoli agli effetti di un evento traumatico, è la loro scarsa capacità di verbalizzare quanto accaduto e provato, e dunque, l’essere in grado di comprendere e dare un senso a quanto vissuto in prima persona”.

Quanto è importante il ruolo dello psicologo in questi casi?

“Il ruolo dello psicologo, in questi casi, è fondamentale, ma al tempo stesso molto delicato. Ogni bambino è unico e diverso dagli altri nei modi di reagire ed affrontare la situazione traumatica, tuttavia, ciò che li accomuna è la loro tendenza a ricercare conforto e sicurezza negli adulti di riferimento. Pertanto, lo psicologo non deve commettere l’errore di sostituirsi al genitore in questo compito, ma deve porsi come ponte di collegamento tra bambino e genitori, sostenendo questi ultimi affinché siano in grado di rispondere alle richieste del figlio. Dunque, l’intervento psicologico, in queste situazioni, è incentrato soprattutto sul sostegno alla relazione genitori-figli”.

Che ruolo deve avere, invece, la famiglia nel percorso di recupero?

“La famiglia, come ho appena detto, ha un ruolo importante nel percorso che porta alla comprensione ed elaborazione del trauma vissuto. I bambini, infatti, dipendono esclusivamente dai genitori per la sopravvivenza e la protezione sia fisica che emotiva. Quando i bambini sperimentano una situazione violenta e traumatica, cercano subito rassicurazioni da parte degli adulti che si prendono cura di loro. Gli adulti più importanti nella vita di un bambino sono i genitori, e sono loro a dovergli dare sicurezza e a ristabilire un equilibrio. Ciò è possibile attraverso una serie di comportamenti: rispondendo alle loro domande con un linguaggio comprensibile (in modo che possano sviluppare una comprensione degli eventi e dei cambiamenti nella loro vita), impegnandosi in attività adeguate all'età del bambino che stimolino la mente e il corpo, divertendosi e rilassandosi con loro, garantendogli sempre, però, la routine giornaliera, amore e affetto”.

Perchè per una bambina di questa età è più difficile elaborare il trauma?

“I bambini piccoli non sono in grado di comprendere l’accaduto, ma portano dentro di sé la traccia del loro vissuto. “Non parlarne” con loro dell’evento traumatico - pensando sia la soluzione migliore per rimuovere il trauma - porta solo ad alimentare quel senso di incomprensione che spinge il bambino a crearsi fantasie per cercare di spiegarsi quel che sente. In mancanza di una comprensione accurata del rapporto causa-effetto, i bambini, infatti, credono che i loro pensieri, desideri e paure abbiano il potere di influenzare la realtà e di far accadere gli eventi. Queste idee distorte sulla realtà aggravano l'impatto negativo che gli eventi traumatici possono avere sullo sviluppo”.

Che tipo di ripercussione può avere sulla crescita della bambina un evento traumatico di questo tipo?

"Come nel caso di bambini più grandi, anche i più piccoli sperimentano sia i sintomi comportamentali che fisiologici associati al trauma. A differenza dei bambini più grandi, quelli in tenera età non possono esprimere con le parole la paura, l’impotenza, il vissuto di sopraffazione. Tuttavia, i loro comportamenti ci forniscono importanti indizi circa il modo in cui reagiscono. Un evento traumatico di questo tipo può portare i bambini ad avere difficoltà nel regolare i loro comportamenti ed emozioni. Possono, infatti, presentarsi ansiosi, impauriti o appiccicosi in situazioni nuove; possono spaventarsi facilmente; possono anche avere difficoltà del sonno e mostrare regressione nel funzionamento psichico e nel comportamento, con ad esempio episodi di enuresi. Naturalmente, se il bambino “traumatizzato” viene ben seguita e sostenuta, gli effetti a lungo termine sul suo percorso di crescita saranno ben ridotti e contenuti”.

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