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Sabato, 30 Settembre 2023
L'inchiesta

Che fine hanno fatto i napoletani scomparsi in Messico?

Sono trascorsi altri sei mesi dal nuovo inizio delle ricerche ma non c'è nessun passo avanti. Dopo quattro anni e mezzo sembrano essere spariti nel nulla

Sono trascorsi quattro anni e mezzo dalla scomparsa dei tre napoletani dispersi in Messico. Una storia di cui ormai non se ne parla più e che sembra sempre più avvolta nel mistero. Ma com'è possibile che, nonostante l'impegno della Farnesina e del governo messicano, di Antonio e Raffaele Russo e di Vincenzo Cimmino non si sappia più nulla? Quali sono le falle che non permettono il ritrovamento, vivi o morti, dei nostri tre connazionali. Per riaccendere i riflettori su questa vicenda ripercorriamo tutti i fatti che hanno caratterizzato questa storia e gli elementi investigativi a disposizione delle autorità che sembrano brancolare nel buio dopo tutto questo tempo. La scomparsa dei tre uomini è stata denunciata il 31 gennaio 2018 e da allora sono tanti i fatti che si sono susseguiti. Partendo da quelli più recenti si sa che la Fiscalia messicana, una sorta di corrispettivo delle nostre procure, ha ripreso le ricerche a fine marzo 2022. Per farlo si è avvalsa di un enorme dispiegamento di forze. Da quel momento, però, non sono arrivate notizie positive anzi, a cinque mesi da quel 23 marzo, nessuna novità è stata segnalata. La ripresa delle ricerche venne accolta dalla famiglia e dal legale che le rappresenta, l'avvocato Claudio Falleti, come un elemento di rinnovata speranza. La vicenda era completamente scomparsa dai media a partire da un anno prima.

La condanna dei poliziotti messicani

Era, infatti, l'aprile 2021 quando vennero condannati due poliziotti per la sparizione di Antonio Russo e Vincenzo Cimmino. I due agenti Salomon Adrian Ramos Silva ed Emilio Martines Garcia vennero condannati a 50 anni di carcere il 10 aprile 2021, una settimana dopo che ne era stata accertata la colpevolezza insieme a una terza agente imputata Linda Guadalupe Arroyo. La poliziotta ha, però, da allora fatto perdere le sue tracce durante una pausa del processo e non potrà essere quantificata la condanna ai suoi danni fino a quando non verrà catturata. I poliziotti vennero ritenuti colpevoli della sparizione dei due cugini avvenuta subito dopo quella di Raffaele Russo, avvenuta poche ore prima. Inoltre, avrebbero agito sotto il coordinamento del comandante della polizia locale e del suo vice a Tecatillan nello stato di Jalisco. Con loro c'era anche un quarto agente, morto in carcere. È chiaro, anche per via giudiziaria, che almeno i due cugini vennero consegnati ai narcos del "Cartel Jalisco Nueva Generation". In cambio di una cifra corrispondente a soli 43 euro.

Il ruolo di “El Quince” e i segreti portati nella tomba

A ordinare quel sequestro di persona fu Josè Gualupe Rodriguez Castillo, detto “El Quince”. Una notizia emersa nel corso delle indagini e suffragata da alcune intercettazioni telefoniche ma che non ha portato mai all'incriminazione del boss. Boss ucciso nel corso di un conflitto a fuoco esattamente due anni fa, il 31 agosto 2020. El Quince venne raggiunto da una granata a frammentazione a Pihuamo, sempre nello stato di Jalisco. Venne anche portato da alcuni uomini armati in ospedale ma, quando i medici si resero conto che non c'era più nulla da fare, i suoi narcos portarono via il corpo verso una località sconosciuta. “El Quince” era stato arrestato qualche mese prima ma in riferimento ad altre accuse e in carcere aveva sempre negato il suo coinvolgimento rispetto alla vicenda che coinvolgeva i napoletani.

Nel febbraio 2020, era stato inspiegabilmente scarcerato mandando nello sconcerto i familiari degli scomparsi. In ogni caso il suo coinvolgimento nella vicenda aveva sempre mantenuto dei contorni misteriosi che sono rimasti tali con il suo decesso. La sua uccisione fu di fatto un colpo durissimo alle indagini che erano riprese a giugno 2020 dopo il primo lockdown per la pandemia da Coronavirus. Prima della pandemia, così come anche dopo, l'unica pista era quella che riguardava i quattro agenti oltre alle intercettazioni su El Quince. Rispetto alle ricerche dei corpi, però, erano rimaste ferme per mesi tanto che le famiglie dei tre napoletani si erano rivolti alla Farnesina e addirittura all'Onu. Proprio un braccio di ferro con il ministero degli Esteri, culminato con una protesta clamorosa a Roma dove i familiari si incatenarono all'esterno della sede del ministero, portò a un rinnovato impegno di Luigi Di Maio che però non ha prodotto alcun miglioramento nelle ricerche.

Le ricerche inutili e i rapporti tra Farnesina e governo messicano

Tra promesse mancate e piste fasulle le ricerche non hanno mai prodotto alcun risultato e adesso sembrano essersi di nuovo arenate dopo lo slancio annunciato sei mesi fa. Gli unici a non essersi ancora arresi sono i familiari dei tre scomparsi che però vedono sempre più assottigliarsi le loro speranze di poter avere almeno indietro i corpi dei loro cari, tra indifferenza istituzionale, e un muro di omertà che ha sepolto l'indagine fin dal suo inizio. Manca, infatti, l'ultimo passaggio. Solo qualcuno dei narcos, visto che “El Quince” è morto e comunque si era sempre tenuto fuori dalla vicenda, potrebbe rivelare dove sono stati portati quegli uomini che sembrano essere spariti nel nulla. Fare affidamento su questo però risulta assolutamente improbabile. Il resto è nelle mani del governo messicano e solo una nuova pressione del prossimo titolare della poltrona alla Farnesina potrebbe smuovere un po' la acque e dare nuove speranze.

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