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Cronaca Secondigliano

Morte Cosimo Di Lauro, i commenti: "Morto solo, come un miserabile"

Il boss di Secondigliano aveva 49 anni

Cosimo Di Lauro, noto boss della camorra, è morto ieri mattina a 49 anni. Di Lauro - figlio di Paolo, detto Ciruzzo 'O Milionario - era detenuto nel carcere di Milano Opera sotto 41Bis dal 2005, dopo l'arresto per essere uno dei "protagonisti" della prima faida di Scampia tra i Di Lauro - appunto - e gli "scissionisti".

La notizia della sua morte è stata diffusa con una comunicazione della direzione del carcere all'avvocato difensore di Di Lauro, Saverio Senese: "Suo assistito è deceduto alle ore 7,10".. Ignote al momento le cause del decesso, ma i legali di Di Lauro avevano a più riprese chiesto verifiche mediche, soprattutto perizie psichiche.

La morte di Cosimo Di Lauro ha fatto registrare numerosi commenti, soprattutto nel mondo "anti-camorra". Su tutti spiccano quelli di don Maurizio Patriciello - parroco a Caivano - e di Roberto Saviano che proprio dalla faida di Scampia ha preso spunto per il suo Gomorra.

"Morto come un miserabile"

In particolare, don Patriciello scrive: "È morto. Solo. Dopo 17 anni di carcere duro. Era ancora giovane. È morto. Senza un conforto. Senza una carezza. È morto come un miserabile. Eppure fu ricchissimo. Si chiamava Cosimo Di Lauro. Fu spietato, vigliacco, sanguinario. Un vero terrorista. Nessuno mai lo amò. Nemmeno i genitori. Nemmeno i suoi fratelli. Suo padre firmò la sua condanna a morte. Giovani camorristi, fermatevi. Riflettete. Tornate indietro. Pentitevi. Godetevi la vita. Il fantasma di Cosimo Di Lauro vi tolga la pace e il sonno. Fratello Cosimo, so che tanti ti augurano l’inferno. Io, povero prete, ti affido alle mani del buon Dio. Che abbia pietà della tua vita scellerata. E abbia pietà di noi, costretti a convivere con chi, come te, ha insanguinato e insanguina la nostra terra, generosa e bella".

"Morto solo. Non si sentiva niente"

Roberto Saviano, invece, così ha commentato la notizia: "Provò per tutta la sua vita a diventare un capo. Era il primo figlio di un re di camorra e si sentiva principe predestinato. Voleva mostrare al padre di essere un viceré e avere la sua ammirazione, ma lui preferiva il fratello Vincenzo. Voleva essere lui il più muscolare, che invece in famiglia era Nunzio; lui il più “crazy”, che invece era Domenico; lui il più amato da sua madre, che invece era il più piccolo, l’unico fratello ancora incensurato, Giuseppe; lui quello che avrebbe creato un nuovo cartello, ma quello era Lello; lui a somigliare di più a suo padre, e invece, quello era Marco. Voleva essere quello più bravo a fare affari, ma era Ciro. Voleva essere il riferimento di Sasà e di Antonio, che invece volevano diventare come Vincenzo F2".

"Cosimo non si sentiva niente, e per questo volle prendersi tutto. Comandò tre anni. Tre anni di sangue e torture. Riuscì a smantellare un'organizzazione strutturata come un congegno ad orologeria. Regnò con assoluta spietatezza colpendo parenti, cugini, fidanzate dei nemici. Voleva che il suo soprannome da “'o Chiattone” diventasse “The Designer Don”. Don non lo divenne mai. È morto oggi, solo, disperato, letteralmente impazzito in una cella. Avrebbe potuto provare a redimersi, ma non voleva pentirsi. Non voleva essere il primo della famiglia a farlo. Tutti l’hanno tradito, lui ha tradito tutto.  Questa la vita di un camorrista. Non riposare in pace nemmeno dopo morto".

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