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Cronaca Marano di napoli

Precipitata dal quinto piano, è morta l'avvocato Maria Vecchione: lascia un bimbo di pochi mesi

Forte sgomento per il decesso della 40enne

E' forte lo sgomento tra i colleghi di Maria Vecchione, quando è diventata di dominio pubblico la notizia della sua scomparsa. Nella serata di ieri si era diffusa la voce di una donna precipitata dal quinto piano di un palazzo situato in via Don Mimì Galluccio, nei pressi della chiesa San Ludovico D’Angiò a Marano di Napoli e le indiscrezioni iniziali hanno trovato purtroppo conferma. Il corpo senza vita sull'asfalto era proprio quello della 40enne, avvocato penalista di professione, moglie di un carabiniere e soprattutto madre di un bambino di soli quattro mesi. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri si sarebbe trattato di un suicidio. 

 Cordoglio

"Che la terra ti sia lieve, dolce Marinella.

Ci sono silenziose tragedie dell’animo, di cui veniamo a conoscenza solo in modo scioccante. La depressione è una malattia che ancora suscita vergogna nel comunicarla e spesso pelosa compassione nell’ascoltarla. Dobbiamo capire che è una malattia al pari delle altre, che può capitare a tutti, e che si può curare. Essere depressi non significa essere diventati uno scarto, inutili o peggio ancora dannosi per chi ci sta accanto, non significa essere meno validi degli altri, non significa essere deboli o tarati. Significa essere più sensibili, significa vivere più intensamente alcuni pensieri che tutti, proprio tutti, in qualche misura hanno, ma non riuscire a posarli ogni tanto da qualche parte, portandoli tutto il giorno sempre con sé. Tutti quanti sono capaci di alzare e abbassare una cassetta di sei bottiglie d’acqua. Nessuno di noi, invece, riuscirebbe a portare in mano una bottiglietta tutto il giorno, senza arrivare a sera con il braccio bloccato. La depressione è una malattia che non va sottovalutata o nascosta, ma affrontata non solo sotto il profilo clinico, ma anche sociale.

Quando ne soffre un avvocato, diventa ancora più difficile parlarne sia per lui, sia per chi gli sta accanto. Perché viviamo in un modo competitivo e anche molto eterogeneo, e tutto questo sta peggiorando vista la crisi economica e morale, e la difficoltà di immaginare il futuro (non un futuro, ma il futuro).

L’avvocatura ancora non ha la maturità di parlare pubblicamente della depressione, di riconoscerla come malattia professionale, di farne oggetto di incontri di studi e di dialogo, di creare veri strumenti di supporto. Occorre rendere questo argomento meno tabù.

Forse dovremmo iniziare ad affrontare questo argomento pubblicamente, chiedendo alle rappresentanze istituzionali e previdenziali di aiutarci ad iniziare un percorso pubblico su questa malattia, per sdoganarla, approfondirla, affrontarla, e combatterla, magari tutti insieme". Scrive in un post su Facebook Giorgio Varano, avvocato penalista e Responsabile della Comunicazione presso UCPI - Unione Camere Penali Italiane.

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