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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Don Patriciello a Napolitano: "Pensiamo anche ai disperati di oggi"

Il Capo dello Stato a Napoli nei prossimi giorni, il parroco di Caivano: "Nella Sua regione, caro Presidente, si muore di cancro più che altrove. La prego, dopo aver commemorato i nostri eroi, venga con me a vedere lo scempio della nostra terra"

Napolitano presto in visita a Napoli. Don Maurizio Patriciello, il parroco di Caivano che combatte e denuncia con la cittadinanza i disastri ambientali e che ha promosso la campagna 'Cartoline della Terra dei Fuochi' (che ritraggono madri del territorio con in mano foto dei propri piccoli morti di cancro), gli lancia un nuovo appello: "Bello ricordare gli eroi di ieri, ma è il momento di pensare anche ai disperati di oggi"

"Ho saputo  che il  Presidente della Repubblica, Giorgio NAPOLITANO, in questi giorni viene a Napoli per una commemorazione - scrive Don Maurizio sulla sua pagina di facebook -. Bello ricordare gli eroi di ieri. È nostro dovere. Ma non basta. Troppo  poco. Troppo facile. Bisogna anche correre tra il popolo che soffre. Tra i campani che fanno fatica a dar da mangiare ai figli. Che non possono nemmeno mandarli a scuola. Bambini già segnati. Giovani senza futuro. I quartieri periferici di Napoli traboccano di  questa cara umanità. A costoro, ai poveri, caro Presidente, è stato rapinato anche il diritto alla salute. Quanta retorica. Quante bugie. Quanta  insopportabile lentezza da parte di chi ci governa. La Campania –  la Sua Campania, Presidente – è stata  riempita di rifiuti. Interrati. Bruciati. Non i rifiuti casalinghi. No, no. Rifiuti industriali. Altamente tossici e nocivi. Un patto scellerato pesa sulla  nostra pelle. Camorra, industriali disonesti, politici corrotti fecero scempio della nostra terra. Per soldi, naturalmente.

"Nella Sua regione, caro Presidente, si muore di cancro più che altrove - continua il parroco -. È una tristezza immensa. Muoiono i Bambini. Muoiono i giovani. Muoiono i genitori abbandonando i figli ancora in  fasce. Il popolo grida. Si lamenta. Piange. Invoca aiuto. Si umilia.  Si ribella. Scende per le strade. Ma chi dal popolo fu eletto, tace. O parla  sottovoce. Ha imparato  l’arte dello “scaricabarile”. Sicché  nessuno è  colpevole di niente. Ognuno rimanda a un altro la palla rovente. Mentre la  gente muore.  Presidente, la prego, dopo  aver commemorato i nostri eroi, venga con me a Casal di Principe. Venga a  vedere con i suoi occhi lo scempio della nostra terra. Venga con me a  Giugliano. Quelle terre che facevano cantare il poeta nella nostra madre lingua  E a sera sotto ò pasteno de mele annurche io passo…stu  core sempe giovane ca rire e ca repasse…”  oggi offrono solo desolazione e morte. Il mio è un semplice invito. Ingenuo. Forse  inutile. Ma Glielo formulo  ugualmente. Chiedo ai Suoi collaboratori di farglielo pervenire. Io sarò tra il popolo quando Lei verrà  a Napoli. Sono il prete che ha avuto l’idea di fare inviare a Lei e al Santo Padre le cartoline con l’immagine di sette mamme con in  braccio la foto del figlio morto di cancro. Cercherò di avvicinarla se mi sarà  concesso.

"Per amore della mia terra e della mia gente mi son fatto mendicante. Non temo di essere respinto e umiliato. La nostra terra deve  risorgere. Su questo non ci sono dubbi. E Lei, signor Presidente, può fare tanto perché avvenga. Sono un prete. Un non violento. Credo nella  forza della volontà e dell’intelligenza. Dello sdegno e della speranza. Credo nel dialogo con le istituzioni. Signor Presidente, Lei lo sa bene, non tutti  la pensano così. Perciò non mi stanco di implorare: “Non esasperate il popolo. Non lasciate i poveri a digiuno per più di un giorno. Non tradite il mandato ricevuto. Non dimenticate i diritti che la Costituzione ha previsto per gli  italiani…”. Per me stesso posso anche rinunciare al mio “diritto alla salute”. Per la mia gente, no. Per le nuove generazioni, no. Mai. Se lo facessi mi  renderei complice del male. Mi assocerei a chi ha avvelenato la mia terra. A chi  ha condannato a morte la mia gente. La ringrazio. Spero che abbia modo di  leggere quanto Le scrivo. Spero di poterle parlare e stringere la mano.  Le auguro tutto il bene di questo mondo" conclude Don Maurizio

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