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Cronaca

'Comprò' la moglie in Arabia, il Tribunale gli dà ragione: "Matrimonio valido"

A lieto fine la storia di Yusuf e Osman. La Farnesina non voleva si ricongiungessero a Napoli, dove lui lavora, perché riteneva le nozze irregolari. Adesso il rischio è che il Governo debba pagare loro 20mila euro di risarcimento morale

Le versò un “donativo nunziale” di 2mila dollari, quando si sposarono in Arabia Saudita. Pratica comune secondo la sharia, in Italia sembrava una sorta di “acquisto”, ragion per cui il ministero degli Esteri non aveva ritenuto valide le nozze in Italia. Un giudice del Tribunale di Napoli ha però stabilito il contrario.

Si tratta della vicenda di Yusuf e Osman, coppia che vive a Napoli. Lui, oggi geometra di 31 anni, il 21 febbraio 2013 sposò a Jedda, in Arabia Saudita, una ragazza di sei anni più giovane. Il rito ripropone alcuni aspetti della transazione commerciale: 2mila dollari che andarono direttamente a Osman.

Poco dopo il matrimonio, Yusuf si trasferì a Napoli. Da lì la richiesta del ricongiungimento con Osman come previsto dall’articolo 4 del Testo unico sull’immigrazione. Il consolato negò alla donna il visto e l'uomo si rivolse ad un avvocato.

Il Ministero degli Esteri a quel punto iniziò non a contestare la validità del matrimonio in Italia, ma piuttosto che il matrimonio in questione non rispettasse le regole sharia, che Yusuf non fosse presente in Arabia al momento della celebrazioni e che l'officiante non fosse titolato. Appunti non dimostrati, al punto che gli avvocati dell'uomo ipotizzano si trattasse di un maldestro tentativo di evitare un precedente.

Il giudice Marina Tafuri, della I sezione bis del Tribunale, ha però accolto il ricorso di Yusuf, sebbene abbia negato il risarcimento del danno provocato dal Ministero nei confronti della coppia. Che però ha deciso di ricorrere in appello, chiedendo 20mila euro per “danni non patrimoniali subiti dalla coppia e corrispondenti alla lesione di diritti costituzionalmente garantiti e consolidatisi in due anni di separazione forzata”.

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