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Cronaca Ponticelli

Bambine stuprate e date alle fiamme a Ponticelli: revisione del processo in vista?

La relazione della Commissione Antimafia solleva molti dubbi a proposito delle indagini sull'efferato duplice omicidio del 1983

Sono molti i dubbi della Commissione Antimafia sulle indagini sul massacro di Ponticelli, tremendo fatto di cronaca avvenuto la notte tra il 2 e il 3 luglio del 1983, quando Barbara Sellini e Nunzia Munizzi - che avevano 7 e 10 anni - vennero seviziate, violentate, uccise e date alle fiamme. Un duplice delitto atroce, per il quale tre operai all'epoca 20enni furono condannati: Giuseppe La Rocca, Luigi Schiavo e Ciro Imperante. Oggi 60enni e uomini liberi, continuano a dirsi innocenti.

Stefania Ascari, deputata del M5s, ha spiegato che a suo avviso ci sono gli elementi per chiedere la revisione del processo: "Il massacro – spiega – rischia di essere una storia di sole vittime, le due bambine e i tre ragazzi. Ritengo che si tratti di un grave errore giudiziario".
La Commissione Antimafia della precedente legislatura ha lasciato in eredità una relazione in cui si legge che tra le altre cose che "i tre condannati hanno dichiarato di aver subito percosse da soggetti in borghese", fatto ribadito in una conferenza stampa alla Camera da Luigi Schiavo: "Mi hanno torturato, fatto girare sulla sedia per disorientarmi, dato da bere acqua e sale, colpito con un frustino per cavalli".

All'epoca, secondo la Commissione, "i pentiti erano soliti vendersi al miglior offerente" e "quel che emerge è che soggetti fortemente indiziati di questo delitto siano stati completamente ignorati ovvero arrestati e poi rilasciati senza che la loro posizione si stata realmente vagliata; mentre per i tre condannati sembra essere stato creato un sistema di forze interagenti, finalizzato a forzare le prove per farle convergere a loro carico". "Si doveva accontentare l'opinione pubblica. Ma non avete fatto giustizia per le bambine – ha aggiunto Giuseppe La Rocca, un altro dei condannati – voglio la verità, per le nostre famiglie e per i genitori delle bambine morte".

La nuova Commissione Antimafia, quella della nuova legislatura, dovrà a questo punto valutare se chiedere la revisione del processo. Intanto però il professor Alfonso Furgiuele, avvocato napoletano che rappresentò le parti civili (le famiglie delle vittime) al processo sulla strage, non crede alla possibilità di un coinvolgimento della criminalità organizzata e ritiene che le cose siano andate come stabilito dai giudici.
"La cultura camorrista, soprattutto quella degli anni '80 - ha spiegato l'avvocato all'Ansa - stigmatizzava fortemente le violenze sui minori. Non solo. Le puniva. Chi si era reso protagonista di quella tipologia di crimine, anche in carcere doveva essere protetto dalla punizione dei camorristi". "Trovo possibile, ma altamente improbabile - continua il penalista - che la Giustizia si sia sbagliata per ben sei volte. Ricordo, a tutti, che ci sono stati tre gradi di giudizio e tre revisioni che sono giunti tutti alla stessa conclusione". "Ovviamente se ci fossero prove vere circa un coinvolgimento della camorra in questa triste vicenda - continua Furgiuele - sarei il primo ad attivarsi anche per la quarta revisione. Ma ritengo altamente inverosimile che ci possa essere la mano della criminalità organizzata, tenendo conto soprattutto di quanto la camorra di allora stigmatizzasse le violenze sugli indifesi, ancora più se a sfondo sessuale".

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