Giornalista condannata, l'Ordine in rivolta: "Uno scandalo"
Pena di quattro mesi di reclusione commutata nel pagamento di 15mila euro per Maria Nocerino, addetta stampa del comitato delle cooperative sociali. I fatti risalgono al 21 gennaio scorso
Quattro mesi di reclusione per la giornalista Maria Nocerino, commutata nel pagamento di 15mila euro. La Nocerino, insieme a Sergio D'Angelo attuale assessore comunale alle Politiche sociali, anch'egli condannato e all'operatore sociale Gianni Manzo, è stata ritenuta promotrice il 21 gennaio scorso di un corteo di cento persone partito da via Santa Lucia, sede della Regione, diretto verso il teatro San Carlo nell'ambito delle proteste delle cooperative sociali napoletane durate oltre un mese sotto la sigla «Il welfare non è un lusso», comitato di cui D'Angelo era portavoce. Tutti e tre hanno deciso di opporsi alla sentenza.
"Quanto è avvenuto – dichiarano Andrea Morniroli e Fedele Salvatore, due dei rappresentanti del comitato - un inspiegabile tentativo di criminalizzare la vertenza, per altro sempre non violenta e civile, di migliaia di operatrici e operatori sociali che non chiedono altro che di essere pagati per il lavoro che svolgono, di essere rispettati nella loro professionalità e dignità. Ci sentiamo tutti coinvolti e tutti condannati". Inanto il presidente dell'Ordine dei giornalisti Ottavio Lucarelli ha espresso solidarietà alla giornalista: "Venne identificata tra i manifestanti mentre svolgeva le sue funzioni di giornalista e adetta stampa del comitato Il welfare non è un lusso e ora è stata condannata per aver svolto regolarmente il proprio lavoro seguendo una protesta peraltro non violenta. Ricordo che la libertà di stampa, come la libertà di manifestare, è figlia del diritto democratico e universale di esprimere il proprio pensiero senza bavagli e condizionamenti".
Le parole del Coordinamento giornalisti precari della Campania: "Si può essere identificati, condannati in contumacia e sbattuti sulle pagine dei giornali al pari di un delinquente per aver svolto il proprio lavoro di cronista? A Napoli, evidentemente si può: non basta il peso delle nostre esistenze precarie, non serve sbandierare l'articolo 21 della Costituzione; gli spazi di agibilità democratica si sono ridotti paurosamente. Le forze dell'ordine e la magistratura partenopea non possono trattare i giornalisti alla stregua di pericolosi eversori. Facciamo appello a tutte le forze sane e non compromesse di questa città, affinché percepiscano questa condanna come uno schiaffo sul volto del libero e pacifico diritto di pensare e manifestare. A Maria , tra le fondatrici del Coordinamento, va il nostro affetto e la nostra solidarietà concreta: in ogni sede porteremo la sua vicenda come caso paradigmatico delle difficili condizioni della democrazia in Campania. Se questa è la situazione, siamo pronti a riconsegnare i nostri tesserini di giornalista, visto che sono considerati pericolosi come un'arma”.