Il mare è inquinato ma il divieto di balneazione non scatta
Le analisi dell'Arpac hanno evidenziato una presenza di colibatteri fecali superiore alla norme, ma il Comune non ha posto alcun divieto ai bagnanti
Di fronte alla notizia di un mare inquinato ci si aspetterebbe un divieto di balneazione. A Napoli sembra che le cose vadano diversamente e, a fronte della presenza di colibatteri fecali dieci volte il consentito a Posillipo e Mergellina (Lido Mappatella), non è scattato nessun veto per i bagnanti.
A segnalare l'inquinamento è stata l'Arpac, in seguito ad analisi del 19 luglio. Nella nota dell'Agenzia regionale si sconsigliava di fare il bagno. La notizia sembra essere stata accolta con totale disinteresse dal Comune. Se è vero che un'eventuale ordinanza dovrebbe essere firmata dal sindaco Gaetano Manfredi, è presumibile pensare che la richiesta dovrebbe essere avanzata dagli assessori competenti: in questo caso, i nomi che vengono in mente sono Paolo Mancuso (Ambiente e tutela mare) e Vincenzo Santagada (Salute pubblica).
Interpellato da NapoliToday, Santagada ha rimandato qualsiasi responsabilità in materia al collega Mancuso. Allo stato attuale non è chiaro per quale motivo non sia stata predisposta alcuna misura per tutelare la salute dei bagnanti. Come se non bastasse, se le analisi dell'Arpac sono datate 19 luglio e i risultati sono stati resi pubblici solo il 27, può voler dire che cittadini e turisti hanno fatto il bagno in un mare inquinato per giorni senza che nessuno li avvisasse.
Ma questo non è il solo punto oscuro di questa vicenda. Secondo la prima ricostruzione, la responsabilità per la presenza di colibatteri fecali è stata attribuita a scarichi abusivi. Un'accusa generica contro ignoti e non supportata da alcuna prova certa. Resta il sospetto che a causare l'inquinamento sia stato il regolare funzionamento della rete fognaria di Napoli attraverso il meccanismo noto come troppo pieno, che scatta in occasioni di piogge violente. Di fronte a eventi meteorologici rilevanti, la portata d'acqua nelle condotte supera il livello di guardia e, per evitare l'allagamento, scatta il troppo pieno, che consiste nello scaricare direttamente a mare tutti i liquami senza passare per il depuratore di Cuma.
Nella notte tra il 7 e 8 luglio 2022 si è effettivamente verificato un violento temporale. Il giorno 8 luglio, con numero di protocollo 46, il Parco sommerso di Gaiola ha inviato una comunicazione (documento di cui NapoliToday in possesso) agli assessorati di Mancuso e Santagada e all'Abc, presieduta da Alessandra Sardu. Nella documento si informa di un possibile inquinamento delle acque in seguito a un troppo pieno dell'Arena Sant'Antonio, collettore fognario che sfocia a Coroglio. Nessuno ha mai risposto a questa comunicazione.
Abbiamo chiesto sia ad Abc che all'Assessorato all'Ambiente del Comune di Napoli se avessero notizie di un troppo pieno negli ultimi 20 giorni. Anche noi non abbiamo ricevuto risposta. La domanda da fare agli enti preposti è se qualcuno fosse a conoscenza di una potenziale minaccia di inquinamento prima che l'Arpac eseguisse le analisi. Si tratterebbe di un caso difficile da gestire, visto che è stato proprio il Comune a insistere perché nel progetto di riqualficiazione di Bagnoli fosse previsto un secondo scarico fognario a Coroglio, con tanto di raddoppio della portata di piena.
La legge regionale in materia prevede che siano proprio Abc e Comune a rilevare possibili pericoli anche in assenza di analisi, ma l'impressione è che la macchina burocratica sia così lenta e pesante da rendere impossibile qualsiasi risposta in tempi ragionevoli. Nel luglio 2021, quando era ancora in carica de Magistris, ci vollero sei giorni per convincere il Comune a emanare un divieto di balneazione che poi si sarebbe protratto per due settimane. Ancora una volta, la capacità di reazione di Palazzo San Giacomo di fronte a fenomeni di inquinamento del mare presenta diverse falle.