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Cronaca

Manifesto-choc contro Davide Bifolco: "Morto perché ha osato contrastare la nostra forza”

Affissione abusiva in città che rivendica l'uccisione del 17enne del Rione Traiano sparato da un carabiniere. Ma la firma, del sindacato autonomo di polizia, è falsa

"Quella sera Bifolco Davide, come altri in precedenza, è morto perché ha osato contrastare la nostra forza, il nostro ordine”. A due giorni dal processo al carabiniere che sparò al 17enne del Rione Traiano, un inquietante manifesto è apparso per le strade del centro storico partenopeo come in altri quartieri come Bagnoli.

L'affissione abusiva è firmata Sap, ma il sindacato autonomo di polizia smentisce duramente e preannuncia azioni legali. “Smentiamo qualsiasi coinvolgimento nella vicenda #manifesto #napoli e presenteremo esposto in procura contro chi diffama il nostro sindacato”, scrivono su Twitter i poliziotti da Roma.

Anche il segretario provinciale del Sap di Napoli, Enzo Della Vecchia (che è andato "in commissariato per sporgere denuncia”), spiega: “Quanto scritto non è nelle nostre corde sindacali né tanto meno nella nostra cultura. Per noi le forze dell'ordine devono essere forze dell'ordine e non si può usare una sigla sindacale per rigurgiti personali”.

Sul web i contenuti di quanto affisso hanno fatto scalpore. “Ci siamo stancati di avallare teorie che parlano di colpi partiti accidentalmente e altre menzogne simili”, è la tesi che chi ha fatto stampare quel manifesto. “Vogliamo portare chiarezza in una situazione che ci sta stretta. Nel caso della morte del giovane, come quello di Giuseppe Uva, Carlo Giuliani, Federico Aldrovandi, Stefano Cucchi e tutti gli altri che possiamo ricordare, abbiamo lasciato la parola agli avvocati ai mezzi di informazione e a tutti quelli che hanno cercato di addolcire la realtà. Ora basta”.

Si tratta di “morti che sicuramente potevano essere evitate ma per le quali – dicono gli autori – non verseremo nessuna lacrima”. “Lo stato ci arma – è il preoccupante proseguimento – la maggior parte dei cittadini ci sostiene e noi usiamo queste armi in loro nome e in loro difesa. Ci siamo stancati di sentire parlare di morti dovute alla nostra imperizia a usare le armi o alla nostra sconsideratezza; siamo addestrati per questo e la nostra professionalità non può e non deve essere messa in discussione in nessun caso”.

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