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Cronaca

L'intervista ad uno degli ultimi magliari napoletani: "Io, tra Louvre e Tour Eiffel"

"Questo lavoro è morto così com’è oggi. Perché prima potevi far credere che il ciuccio volava e adesso non riesci a farlo credere più a nessuno o quasi"

L'antico mestiere del magliaro napoletano sopravvive a Parigi. Giancarlo Tommasone, per «Stylo24», è riuscito a mettersi in contatto con uno dei superstiti di questa categoria di lavoratore, comunemente conosciuta come magliaro.

- Cosa si usa oggi per fare i pacchi?

Giubbini, ma devi comunque partire dal presupposto che questo lavoro è morto così com’è oggi. Perché prima potevi far credere che il ciuccio volava e adesso non riesci a farlo credere più a nessuno o quasi.

- Quindi è diventato difficile, ma in media quanto guadagnate al mese?

Beh, diciamo che riesci a vivere in una città come Parigi minimo con 3.000, 3.500 euro; almeno lo faccio io, che con questo lavoro sono bruciato mentalmente, ma se viaggi e giri, riesci a guadagnare molto di più. A una certa età questa cosa non si può fare più, non hai più stimoli. I giubbini li prendiamo qui adesso, nei negozi dei cinesi, che io sappia da Napoli non arriva più niente".

- Quanto costa un giubbino e quanto ci si ricava rivendendolo?

Dipende, 15, 20 euro e se lo rivendi a 50 o a 60 sei andato bene. Ripeto, polli non ce ne sono più e poi pollo ormai è un termine non adatto, perché i giubbini dei cinesi sono pure fatti molto bene, quindi la maggior parte delle volte che li rivendi ti rendi conto che nemmeno lo stai facendo il pacco. E anche questo ti fa perdere gli stimoli per continuare a fare il magliaro.

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