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Cronaca

La storia di Lucky, il ragazzo nigeriano adottato dall’Isola di Ischia

ll viaggio della speranza, le violenze vissute in carcere e l’attesa in acqua per 12 ore. NapoliToday racconta la storia di Lucky e della sua mamma, giunti dalla Nigeria a Napoli a bordo di un barcone

Il suo nome è Lucky - cioè “fortunato” -, ha 26 anni, e quando dalla Nigeria è arrivato in Italia  era ancora nel grembo materno. Per raccontare la sua storia dobbiamo tornare a 27 anni fa, quando sua mamma Joy prese la difficile decisione di scappare dal suo Paese per venire in Italia. A quel tempo la mamma di Lucky aveva solo 20 anni, ma la sua famiglia aveva già deciso con chi avrebbe dovuto condividere il resto della sua vita: era promessa sposa ad un uomo di quaranta anni più grande. Ma Joy era perdutamente innamorata di un suo coetaneo da cui aspettava un bambino. Non poteva dirlo ai genitori perchè non avrebbero capito. Non aveva scelta. Per poter decidere liberamente della sua vita ed essere felice, sarebbe dovuta scappare da casa e dal suo Paese. Così, insieme ad alcuni amici, si mise in contatto con chi organizzava i “viaggi della speranza”, e partì con loro alla volta dell’Italia. Nessuno sapeva cosa avrebbe dovuto affrontare durante questa “traversata” infinita. Ma tutti avevano la stessa speranza: giungere in Italia sani e salvi, e ricominciare una nuova vita. Il viaggio iniziò a bordo di un furgone. Per raggiungere la Libia, da cui si sarebbero imbarcati su un gommone, bisognava attraversare il deserto del Sahara. Alcuni tratti furono percorsi in macchina, altri dentro container, altri a piedi. Ogni giorno, per mancanza di acqua, viveri, e per le condizioni fisiche precarie, morivano tra le 10 e le 12 persone. “Un viaggio durissimo durante il quale - racconta Lucky - sono tanti i momenti in cui pensi di lasciarti andare perchè non ce la fai più”. Ma Joy doveva farsi forza non solo per se stessa, ma anche per il bambino che portava in grembo.

LA FUGA E LA PRIGIONE

Dopo mesi di viaggio, dopo aver attraversato la Nigeria, il Niger, il Ciad, finalmente, raggiunsero la Libia. Nonostante la perdita di persone care durante la traversata e le difficili condizioni del viaggio, Joy era riuscita a resistere. Il pensiero del suo bimbo le aveva dato quella forza necessaria per andare avanti. Il peggio sembrava passato, ma non era così. Giunti a Zawiya, nella regione della Tripolitania, vennero catturati dalla polizia e rinchiusi in prigioni per immigrati illegali. Chiamarle “prigioni” è quasi un complimento: si trattava, in realtà, di stanzoni sovraffollati e fatiscenti in cui gli immigrati dormivano per terra, avevamo poco cibo, l’acqua era sporca e non c’erano servizi igienici per i bisogni. Le donne venivano violentate, gli uomini offesi e picchiati. Per fortuna Joy non subì violenze fisiche perché era incinta, ma i suoi occhi ne videro di tutti i colori. Ricordi da dimenticare. Scene da cancellare. In questi due mesi di prigionia la polizia libica cercava di convincere gli immigrati a tornare nel loro Paese. Venivano rilasciati e rimandati nella mani dei trafficanti solamente sotto pagamento. Solo chi aveva "sborsato" una consistente somma di denaro, come Joy, poteva proseguire la traversata. Per la mamma di Lucky il viaggio riprese. Per altri il destino fu diverso. Dopo quasi 6 mesi, Joy e i suoi compagni di viaggio giunsero alla costa libica dove (di notte) furono caricati su un gommone: erano in 356. Stava per iniziare la grande traversata in mare. La barca era vecchia e in pessime condizioni. Joy e i suoi compagni erano ammassati uno sull’altro. Non furono maltrattati durante il viaggio, ma le condizioni erano drammatiche: pochi viveri, acqua che scarseggiava e il terrore di non arrivare vivi in Italia rendeva tutto più difficile. Molti non ce la fecero. Altri, come Joy, riuscirono a resistere. Dopo 7 giorni di viaggio, quando la barca aveva quasi raggiunto le coste di Lampedusa, lo scafista comunicò che il gommone doveva essere bucato, altrimenti non sarebbero arrivate le navi di salvataggio. Il viaggio era giunto al capolinea. In poco tempo tutti quelli che erano a bordo si ritrovarono in mare. Non restava che pregare. Erano in tanti, l’acqua era fredda e le condizioni fisiche precarie non consentirono a molti di resistere. I soccorsi arrivarono dopo 12 ore: su 356 immigrati furono tratti in salvo solo 75, tra loro c’era anche la mamma di Lucky. L’incubo era finito. Joy, ormai al sesto mese di gravidanza, venne subito sottoposta a controlli medici: fu qui, sulla nave, che scoprì di aspettare un maschietto. Non poteva che chiamarlo Lucky, “fortunato” come era stato il suo viaggio.

LUCKY

Dopo 7 giorni di viaggio sbarcarono, finalmente, a Lampedusa. Tutti i compagni di Joy vennero rimpatriati perchè clandestini (secondo la legge vigente). Joy, essendo incinta, non poteva, invece, affrontare un altro viaggio, così venne trasferita a Napoli dove diede alla luce Lucky. Dall’ospedale dove partorì, però, scappò dopo due giorni per paura di essere rimpatriata e perdere il suo bambinoCosì si rifugiò a Licola. Visse per sei mesi in una casa fatiscente senza luce né acqua. Poi conobbe una coppia di pensionati che l’accolsero in casa insieme a Lucky. Joy per sdebitarsi si occupava delle pulizie di casa. “Sono i mie nonni bianchi - racconta Lucky -. Non avevano né figli né nipoti, erano contenti di avere un nipote ‘cioccolattino’. Hanno accolto mia mamma come una figlia”.

ISCHIA

Il papà di Lucky arrivò in Italia dalla Nigeria dopo 4 anni, “con un viaggio in barca molto più fortunato" - racconta Lucky. Con il suo arrivo tutta la famiglia si trasferì a Castel Volturno. Dopo qualche anno Lucky ebbe un fratello, oggi 22enne, e una sorellina, oggi 13enne. “Una volta preso il diploma in ragioneria - racconta Lucky - ho iniziato a lavorare a Castel Volturno, ma lì il lavoro scarseggia e l’ambiente non è dei migliori. E' facile cadere in brutti giri di amicizie. Così presi la decisione di andare a lavorare all’estero. Sono stato a Parigi, a Valencia, a Palma de Mallorca, in Svezia, ma mi mancava mammà, così sono tornato. Rientrato a casa mio fratello mi disse che a Ischia c’era qualche opportunità di lavoro in più, così presi il traghetto e andai a vedere. In poco tempo trovai lavoro e casa. Ho iniziato 3 anni fa lavorando come panettiere in una panetteria a Ischia Porto: so fare 12 tipi di pane e 24 tipi di pizza, biscotti secchi e piccola pasticceria. Oggi, invece, mi occupo di edilizia e giardinaggio. Qui a Ischia ho trovato non solo un lavoro e una casa, ma anche tanti amici che considero come una seconda famiglia. E poi, quando mi manca mammà, mi basta prendere un traghetto e sono da lei". "I napoletani - conclude Lucky - non ci hanno mai fatto sentire discriminati, ma sempre parte integrante della comunità. Ci hanno aiutato quando eravamo in difficoltà e non ci hanno mai lasciato soli”.

Lucky è un ragazzo pieno di vita che vuole bene a tutti e che si fa voler bene da tutti. Per questo motivo alcune famiglie ischitane lo hanno coinvolto in un'iniziativa che lo ha visto protagonista questa estate. Tutti i giovedì di agosto Lucky trasforma la Spiaggia dei Pescatori di Ischia Ponte in una pista da ballo dove fa divertire, cantare e ballare tutti i bambini della spiaggia, riuscendo a coinvolgere, grazie alla sua grande simpatia, anche molti adulti.

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