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Cronaca Capri

Bus precipitato a Capri, tra le ipotesi anche "malore dell'autista": "Non doveva essere alla guida"

Dalle indagini sarebbero emerse responsabilità a carico di 9 persone

Ci sarebbe anche un malore - forse causato dall'assunzione di stupefacenti - tra le cause alla base del grave incidente avvenuto il 22 luglio 2021 a Capri, dove un bus del trasporto pubblico locale è precipitato in una scarpata profonda 15 metri, a Marina Grande, a pochi metri da una spiaggia. Il bilancio della tragedia fu di un morto, l'autista, Emanuele Melillo, e di 23 passeggeri feriti.

Secondo quanto emerso dalle indagini - chiuse di recente - ci sarebbero responsabilità a carico di nove persone, tutte destinatarie di un avviso di conclusione indagini. Il lavoro degli inquirenti e dei loro consulenti avrebbe rivelato anche che la barriera contro la quale il bus ha impattato non era idonea, tanto da non reggere all'urto.

Inoltre, Melillo - morto per i traumi e non per il malore - non doveva e non poteva essere alla guida in quanto era portatore di invalidità al 50%. Uno stato di salute mai emerso anche perché il giovane non sarebbe stato sottoposto dall'azienda per la quale lavorava alle visite mediche periodiche previste dalla legge. Visite che - secondo gli inquirenti - avrebbero potuto evidenziare anche l'eventuale assunzione di sostanze stupefacenti.

Chi sono gli indagati

L'avviso di conclusione indagini è stato notificato al legale rappresentante della società di trasporto pubblico caprese Atc, al medico che avrebbe dovuto tenere sotto controllo lo stato di salute dell'autista, a un dirigente della Provincia di Napoli (per il periodo che va dal 2006 al 2010), a un tecnico responsabile della manutenzione straordinaria della strada provinciale 66 (sulla quale avvenne l'incidente), a quattro funzionari della Città Metropolitana di Napoli e al dirigente della gestione tecnica strade e viabilità, quest'ultimo per non avere tenuto conto di una segnalazione con la quale un pool di tecnici evidenziava la necessità di predisporre una barriera di protezione in sostituzione della ringhiera "incriminata".

"Per i testimoni era vigile"

Intanto, sui social, è comparsa una reazione della famiglia di Melillo. Il fratello Marco, nel commentare la notizia del malore e della possibile assunzione di stupefacenti, ha scritto: "Voglio ricordare a tutti che questa è solo la “chiusura delle indagini preliminari” da parte della Procura di Napoli, quindi non è stato fatto neppure il primo passo dell’effettivo processo che, secondo noi, sarà lungo e sotto alcuni aspetti anche sgradevole soprattutto per noi familiari che abbiamo perso il caro Emanuele.

Comunque il Procuratore, nell’emettere il verdetto di “chiusura indagini”, ha individuato 9-10 presunti colpevoli, ed ha soprattutto affermato che si tratta di una “morte sul lavoro per cause esterne al conducente del veicolo” (per il momento e solo per il momento colpevoli sono la strada e la ringhiera).

Tenete ancora presente che vi sono stati ben 6 passeggeri presenti sul pulmino precipitato (+ una signora del lido sottostante che ha visto tutta la scena della disgrazia) che nell’interrogatorio “UNANIMAMENTE” hanno dichiarato che l’autista era perfettamente vigile tant’è che ha cercato di fare il possibile (riuscendo anche in parte ad accostare il mezzo alla ringhiera) per riportare il Pulmino in carreggiata. Inoltre, solo dalle successive analisi fatte sulla salma (ispezione della milza e del pancreas), pare e sottolineo pare, che vi siano state trovate delle “sospette” tracce di sostanze stupefacenti.

Ovviamente, Emanuele non c’è più e tutto ciò che accade fa parte della dialettica processuale atteso che alcuni indagati rischiano parecchi anni di galera per omissioni “GRAVISSIME” riguardanti la sicurezza sulla strada e sul luogo di lavoro. Come accennato in precedenza, secondo me, la “contrapposizione” processuale riserverà ulteriori contestabili certezze o ambigue falsità. Un caro saluto a tutti voi".

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